Il ricordo di Massimo Doris: “Berlusconi disse a mio padre: questa banca o la fai tu o non la farà nessuno”

«Un grande uomo, un grande imprenditore, un grande patriota, un grande italiano. Un uomo generoso, altruista, sempre attento agli altri, sempre vicino a chi aveva bisogno. Ci mancherà molto, mi mancherà moltissimo». Quando un anno e mezzo fa se ne andava Ennio Doris uno dei ricordi più commossi e sentiti fu proprio quello di Silvio Berlusconi. Due uomini così simili eppure così diversi, leader naturali, trascinatori e carismatici, ognuno per la sua competenza imprenditoriale straordinari innovatori, visionari e ricercatori di talento.
Un’amicizia durata 40 anni, nel segno dell’impresa, del legame affettivo, personale e familiare, autentico. Il telefono di Massimo Doris, primogenito del fondatore di Banca Mediolanum, e ad del gruppo finanziario ha suonato tutto il giorno. Ma non ha negato a nessuno il sentito ricordo dell’amico di suo padre, che tante cose ha avuto in comune con lui. Gemelli diversi Ennio Doris e Silvio Berlusconi.
Massimo Doris, sua madre Lina parlando della morte di Berlusconi ha detto che se Ennio fosse ancora vivo ne piangerebbe la scomparsa con il dolore di un fratello. Che legame è stato quello tra suo padre e il Cavaliere?
«Una grande amicizia. Se pensiamo al fatto che hanno deciso di fondare una società insieme dopo due o tre incontri. Era il 2 febbraio del 1982 e nasce Programma Italia. E poi pensi che nel 1996 quando c’è la quotazione di Mediolanum avviene un’altra cosa straordinaria, che fa capire tanto del loro rapporto. Nel 1995 prima dell’arrivo in Borsa, tutte le società esclusa Programma Italia, per cui Mediolanum Assicurazioni e le altre erano tutte dentro al gruppo Finivest. Quindi se in Programma Italia erano soci al 50 per cento quando si decide di quotare la parte finanziaria di Fininvest decidono di andare sul mercato in maniera paritaria. Mio papà avendo meno quote doveva comprare parte di quelle di Fininvest. Ecco loro due si sono messi seduti a valutare le varie aziende per decidere quanto valevano e fare il passaggio. Hanno fatto così, poi i contratti li hanno fatti gli avvocati, ma sono stati loro due a mettersi d’accordo. Quindi non c’era solo un rapporto di lavoro molto consolidato, c’era una grandissima fiducia e stima l’uno dell’altro e c’era una grande amicizia. Sono stati amici per quarant’anni senza mai una nota di disaccordo. Soprattutto negli ultimi anni si sentivano spessissimo e quando mio papà non stava bene si sentivano tutti giorni».

Eppure su questa sidecar che hanno creato insieme è sempre stato suo padre Ennio il guidatore, erano soci alla pari ma Berlusconi aveva delegato tutto, riconoscendo il talento di suo padre. Per un uomo così presente e interventista come era il Cavaliere un comportamento non consueto.
«Effettivamente Silvio Berlusconi non si è mai occupato di Banca Mediolanum. “Questa è una tua creatura e quindi sei tu a portarla avanti, io non entro nella sua conduzione”diceva. Si sono sempre sentiti sulla banca, poi quando entrò in politica molto meno. Ma ha sempre lasciato a lui la gestione, è così, e quando capitava che ci trovassimo diceva sempre che Mediolanum fosse una cosa di cui si occupava la famiglia Doris. Aveva visto lungo su quel quarantenne che incontrò per caso».
Gli ha sempre attribuito un grande talento. Da quell’incontro a Portofino.
«È tutto vero, fu un incontro fortuito. Ma guardi vale anche il contrario. Si sono scelti. Perché quando mio padre cercava un socio per la sua idea di banca e lesse quella famosa intervista su Capital a Berlusconi disse: “È lui la persona che fa al caso mio”. E quando poi Berlusconi, dopo averlo ascoltato, si andò ad informare, parlando con banchieri di altissimo livello, e lo volle rivedere gli disse “Questa cosa che ha in mente, così come la vuol fare, la può fare solo lei. E quindi o la faccio con lei oppure non la faccio con nessuno”. Si sono annusati e si sono piaciuti».

Il resto è storia. C’è da dire che nel mondo della comunicazione, penso alla comunicazione in ambito finanziario che tanto ha innovato Banca Mediolanum con il suo rapporto diretto con il cliente, si vede una somiglianza con i grandi cambiamenti portati da Berlusconi nel mondo della televisione e dell’editoria.
«Sono stati due grandissimi innovatori, sognatori, due persone molto ambiziose nel fare qualcosa di nuovo e di grande. Ma anche molto attente alle altre persone, generose e due grandi lavoratori. Queste cose erano in comune. Poi c’era l’amicizia. In questi ultimi due anni quasi tutte le volte che lo incontravo mi diceva: “Ennio mi manca tantissimo”».

Erano amici loro, ma anche le vostre famiglie.
«Sì. Io ho avuto l’opportunità di frequentare abbastanza Marina e Luigi perché per un periodo hanno fatto parte del cda di Mediolanum. Marina poi come presidente di Fininvest anche di più, è nata da quegli incontri una bella amicizia. Con Piersilvio ci siamo visti al di fuori di contesti lavorativi, c’è un bellissimo rapporto. Mentre Barbara ed Eleonora hanno un rapporto più stretto con mia sorella Sara».

Ha un ricordo particolare, suo personale, di Berlusconi?
«Ne ho tanti. Non ha mai mancato di farmi i complimenti per quello che facevo in Banca Mediolanum. Ma la cosa che più mi ha colpito di lui risale a due settimane fa. Siamo stati a cena a casa sua, ed era stato dimesso da poco, era quindi molto affaticato. Eppure, tutta la sera ha parlato della situazione che stiamo vivendo, delle cose da fare, ci ha fatto l’elenco di tutto ciò che doveva fare per rimodernare Forza Italia. In ospedale aveva riscritto tutto il programma. È stata una cosa pazzesca, noi eravamo lì stanchi e lui che non stava bene raccontava il da farsi con una forza d’animo e una proiezione al futuro e al fare incredibili».
Riproduzione riservata © il Nord Est