Vinitaly al via, tra dazi e nuove sfide globali
A Verona si apre l’edizione numero 57. Urso: «Niente panico, l’Italia ha sempre dimostrato di saper reagire alle crisi». Zaia: «Investire sull’asse Ue-Usa»

Centomila metri quadri di spazi espositivi, quattromila espositori, diciotto padiglioni occupati, trentamila buyer e stakeholder da 140 Paesi provenienti da tutti i continenti.
Sono i numeri con cui si apre l’edizione numero 57 del Vinitaly, al via questa mattina, 6 aprile, alla Fiera di Verona. Un’edizione che nasce sotto la cattiva stella dei dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump: un 20% di tassazione in più, anche per il mondo del vino italiano, che dovrebbe colpire un quarto dell’export totale del settore, per un totale di due miliardi di euro.
«Ma, niente panico: l’Italia ha sempre dimostrato di saper reagire alle crisi, meglio di chiunque altro – dice Adolfo Urso, ministro delle Imprese e il Made in Italy, ripetendo il dogma della premier Giorgia Meloni – Piuttosto, guardiamo ai mercati in India, nel Sud-Est Asiatico, in Australia e nei Paesi arabi, cercando di sfruttare questa situazione. Se l’Europa reagisse, come chiesto da tanti, con dazi ritorsione, secondo la Bce l’impatto sulla crescita europea sarebbe del - 0,5%».
E a proposito delle soluzioni: «Chiediamo l’eliminazione delle proposte assurde del Green Deal; provvedimenti simili al Buy America, in chiave europea; misure di compensazione europee».
«Ma l’Europa non può dichiarare guerra agli Stati Uniti» dice il presidente veneto Luca Zaia, «mi auguro, anzi, che l’Italia possa rappresentare l’asse per unire Stati Uniti ed Europa. Elon Musk ieri a Firenze? Ha suggerito lui di ricostruire un rapporto tra Ue e Usa: se così sarà, non ce ne sarà più per nessuno».
«I dazi preoccupano – ammette Matteo Zoppas, presidente dell’Ice – Quello che dobbiamo fare, ora, è informare gli imprenditori e affrontare il tema con razionalità, per aggredire questa situazione. La premier Giorgia Meloni ha buoni rapporti con l’amministrazione americana, il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani è un grande esperto del settore. Noi stiamo cercando di predire gli effetti che avranno i dazi, ma già oggi abbiamo degli strumenti commerciali aperti, sui quali accelerare», il riferimento ai mercati alternativi a quello a stelle e strisce. «Ma – avverte Zoppas – non possiamo ignorare gli Stati Uniti, un mercato dal valore di 1,2 miliardi di euro».
Sul quale non soltanto si abbatte la scure dei dazi, ma anche della disaffezione a questo prodotto. «Ma la civiltà del vino è troppo importante, perché qualcuno possa permettersi di criminalizzarlo» il monito di Luca Ciriani, ministro dei rapporti con il Parlamento. «Ma come si fa a criminalizzare il vino, che è al cuore della liturgia della messa?» l’aggiunta di Alessandro Giuli, ministro della Cultura.
Anche se pure i produttori veneti stanno correndo ai ripari, e così tra gli stand di questo Vinitaly sarà maggiore, rispetto al passato, la presenza del vino dealcolato. «E la criminalizzazione di questo prodotto e la paura sono nemici peggiori di qualsiasi dazio» la chiosa di Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, preoccupato più dal vino senza alcol della tassazione Usa.
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