Internazionalizzazione, Finest punta sul Maghreb
Il presidente Minon: «Marocco e Tunisia iniziano ad assumere posizioni di rilievo per le nostre imprese, solitamente più concentrate verso est che verso sud»

Dopo la Tunisia, anche il Marocco entra nel radar di Finest, la finanziaria pubblica del Nordest per l’internazionalizzazione delle aziende. «Marocco e Tunisia iniziano ad assumere posizioni di rilievo per le nostre imprese, solitamente più concentrate verso est che verso sud», dichiara il presidente Alessandro Minon.
«Le nuove dinamiche geopolitiche stanno spingendo le imprese a guardare verso altre direttrici di sviluppo, pur mantenendo una dimensione di prossimità: in questa chiave Finest ha recentemente siglato un accordo con Fipa Tunisia, l’agenzia governativa tunisina per l’attrazione degli investimenti, e sta avviando rapporti istituzionali anche col Marocco».
Stabilità politica, rischio paese tra i più bassi e livello di industrializzazione tra i più alti del continente connotano il Marocco. Che, essendo per esempio il primo produttore africano di autovetture, è sicuramente un mercato interessante per la meccanica.
Per quanto riguarda la Tunisia, l’accordo di collaborazione tra Finest e Fipa è stato siglato a settembre 2022. Obiettivo: agevolare gli investimenti privati tra i due Paesi, lo scambio di competenze tecniche e le opportunità di formazione. «Le aziende del Triveneto si caratterizzano da sempre per flessibilità e velocità di azione; al chiudersi di alcuni mercati hanno risposto prontamente cercando nuovi sbocchi e opportunità di crescita internazionale, operando spesso scelte in chiave di nearshoring. La Tunisia – osserva Minon – non solo è un mercato interessante e vicino, ma può essere anche un primo ingresso per il continente africano, ancora poco esplorato dalle imprese del Triveneto. L’accordo con Fipa mira proprio a sostenere le aziende che volessero sviluppare un progetto di internazionalizzazione nel vicino Paese Med».
Spiega Bilel Dardouri, direttore della rappresentanza in Italia di Fipa: «Per insediarsi in Tunisia non serve un partner locale. Gli investitori esteri possono detenere fino al 100% del capitale del progetto senza autorizzazione, e sono anche liberi di rimpatriare gli utili ed il prodotto di cessione del capitale investito in valute, compresa la plusvalenza. In Tunisia si trovano risorse umane qualificate per l’industria: il sistema universitario produce oltre 15mila laureati l’anno in informatica e ingegneria. E nel centro-sud ci sono due zone di sviluppo regionale che offrono incentivazioni specifiche agli investimenti. Ampi sono gli accordi commerciali con Ue, Etfa, Algeria, Marocco, Lega Araba, Turchia».
Secondo dati Fipa, in Tunisia le aziende a capitale italiano sono oltre 900, di cui 764 industriali, concentrate nelle aree costiere. Il primo settore è il tessile-abbigliamento con 300 aziende italiane. Seguito da meccanica-metallurgia (114 aziende) ed elettrico-elettronico (75 aziende). Proprio nell’elettronica si segnala un recente investimento da tre milioni di euro in logica di nearshoring produttivo dall’Asia verso il mercato europeo da parte di un’importante realtà veneta, la Gds - Global Dispaly Solutions spa.
A luglio 2022 l’azienda vicentina, 130 milioni di fatturato, ha infatti inaugurato in Tunisia uno stabilimento di assemblaggio di schede elettroniche per varie applicazioni (display, contatori, macchine del caffè, sistemi di illuminazione) che sinora erano prodotte nella sede cinese. Una scelta che va a cogliere le opportunità offerte dalla Tunisia non solo in termini di costo del lavoro competitivo ma anche di disponibilità di personale con competenze tecniche e manageriali per l’industria elettronica, uno dei settori più importanti dell’economia tunisina sviluppatosi nei decenni grazie a importanti investimenti soprattutto di aziende francesi.
Un’altra realtà veneta che sta investendo in Tunisia, sempre con il supporto di Finest, è Olip spa. Il calzaturificio veronese, che in Bosnia ha una storica unità produttiva con 1200 addetti, da novembre 2021 sta spostando il processo di cucitura di tomaie e fodere in un impianto tunisino con circa 300 lavoratrici.
Riproduzione riservata © il Nord Est