La beffa dell’aumento per i metalmeccanici: «Molte aziende lo hanno assorbito»

La denuncia del segretario della Fim Cisl, Gianni Piccinin. Operai penalizzati dall’inflazione e dal mancato adeguamento

Elena Del Giudice

Accade a volte che ciò che si pensava dovesse essere un indiscutibile beneficio, si trasformi in una beffa. È il caso dell’aumento salariale che i metalmeccanici avrebbero dovuto trovarsi nella busta paga del mese di giugno, in pagamento il 10 luglio, corrispondente a 123,40 euro per un operaio al quinto livello, e che molte tute blu, invece, non hanno nemmeno visto.

«Molte aziende del pordenonese - è la segnalazione del segretario della Fim Cisl, Gianni Piccinin - hanno assorbito questo aumento contrattuale nel superminimo, con la conseguenza che l’incremento in busta paga non c’è stato».

Cosa grave se solo si pensa all'inflazione galoppante, che non accenna a scemare, che erode il potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni, che si somma alle “stangate” patite dalle famiglie, oltre che dalle imprese, sui costi energetici dei mesi scorsi, più che raddoppiati rispetto all’anno precedente.

Ed erano stati, peraltro, proprio quegli aumenti a far scattare la clausola di salvaguardia inserita nell’ultimo contratto dei metalmeccanici, che prevedeva, in caso di valore dell’indice Ipca superiore a quello previsto, l’automatico adeguamento dei salari.

Nei primi giorni di giugno l’Istat aveva ufficializzato il valore dell’Ipca depurato dai costi energetici importati, indice a cui il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici fa riferimento per il calcolo degli aumenti contrattuali, pari 6,6 punti. In base a questo valore e all’impegno assunto dalle associazioni datoriali, in primis da Federmeccanica, di verificare il trend e assumere le relative decisioni, ecco che è scattato l’incremento retributivo.

Se così è, come mai molti lavoratori - e non solo del pordenonese, la stessa cosa viene segnalata infatti da tutti i territori della regione - non si sono visti riconosciuto l’adeguamento in busta paga? Perché accade che, alla retribuzione minima prevista dal contratto collettivo, venga riconosciuta una somma aggiuntiva, chiamata “superminimo”.

Questa somma - spiega la legislazione - è considerata un’eccedenza rispetto a quanto previsto contrattualmente, e in caso di aumenti contrattuali, il superminimo li può assorbire. «Non è un comportamento contra legem - spiega Piccinin - ma sicuramente è un comportamento penalizzante per i lavoratori». In primis perché probabilmente quel superminimo era stato “meritato” dai lavoratori a cui era stato riconosciuto, e poi perché, come abbiamo detto, l’andamento inflattivo i costi sostenuti dalle famiglie hanno già impattato pesantemente su salari e stipendi.

«Non va dimenticato -. aggiunge Piccinin - che comunque buona parte dell’aumento scattato a giungo, se ne sarebbe andato in tasse, mediamente - prosegue il sindacalista un metalmeccanico paga in tasse molti di più di chi gioca in borsa, e questa è un'ingiustizia del sistema fiscale che andrebbe rivista».

Detto questo, Piccinin disapprova «la scelta delle aziende che, in un momento di inflazione così alta, hanno assorbito l'aumento salariale nel superminimo». E

avanza una proposta: «Come Fim riteniamo urgente definire la professionalità nei luoghi di lavoro come previsto nell’ultimo rinnovo contrattuale. Una riforma dell’inquadramento che rimette ordine e attualizza il sistema di classificazione modernizzando e aggiornando i sistemi di valutazione della professionalità dei lavoratori. Bisogna dare il giusto valore al lavoro - conclude il segretario dei metalmeccanici - valorizzare le competenze professionali e farle pagare attraverso gli aumenti salariali, solo così possiamo limitare le scelte unilaterali delle imprese attraverso l’erogazione di superminimi assorbibili».

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