La Confindustria del Nord al Cite: manca un piano per la transizione energetica dell’auto
Secondo gli imprenditori migliaia di aziende italiane del settore sono in attesa di capire come adeguarsi alle regole Ue. A rischio 70 mila posti
MILANO Il Presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro insieme ai Presidenti Francesco Buzzella (Confindustria Lombardia), Pietro Ferrari (Confindustria Emilia Romagna) e Marco Gay (Confindustria Piemonte), esprimono in una nota “sconcerto e preoccupazione” in merito alle ultime dichiarazioni del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (Cite) sulla transizione tecnologica della filiera automotive. A preoccupare, in particolare, è la mancanza di “una progettualità chiara che consenta alle migliaia di aziende italiane del settore di adeguarsi gradualmente all’imposizione dell’Unione Europea di procedere con l’elettrificazione dei motori abbandonando completamente la combustione”.Secondo gli industriali “l’orizzonte del 2035, per un’industria che deve affrontare una transizione tecnologica senza precedenti, è sostanzialmente inattuabile allo stato odierno. Senza l’indicazione di un’alternativa, o quantomeno l’introduzione di un principio di gradualità, la strada tracciata dall’Ue comporterà il blocco degli investimenti nei motori a combustione oltre alla sostanziale chiusura del mercato con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Solo in Italia si rischia di bruciare oltre 70mila posti di lavoro entro il 2030”. Per gli imprenditori italiani l’attuale scadenza «rischia di mandare ko il 50% del settore della componentistica». Le Confindustrie di Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte chiedono quanto prima un Piano di politica industriale per la transizione del settore Automotive che tenga in considerazione le esigenze delle aziende: «Il Piano dovrebbe prevedere indicazioni su come colmare il gap delle competenze professionali e dovrà porsi l’obiettivo di frenare le spinte delocalizzatrici che saranno inevitabili nel momento in cui l’impresa valuterà più competitivo produrre in quei Paesi, al di fuori dell’Europa, dove sono già ampiamente utilizzate quelle tecnologie necessarie a rendere sostenibile l’elettrificazione, dove sono presenti le competenze per implementarla, e dove i vincoli burocratici non sono dettati dalle ideologie ma dal mercato. Non è attraverso politiche anti-delocalizzazioni che si attraggono imprese sul territorio italiano e si incentivano le imprese del settore automotive ad investire su una corretta transizione ecologica». «Non è in discussione la transizione energetica e tecnologica, che le aziende sostengono con convinzione – sostiene Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto - La questione sono i tempi e i modi in cui questa viene implementata e che sono fattori strettamente collegati. ll Veneto è tra i territori con maggiore presenza di fornitori di componentistica (l’8,6%) verso i maggiori gruppi automobilistici, in particolare tedeschi. La filiera è estremamente estesa (gomma, plastica, metallo leggero, ecc.) e con un modello di business che va oltre il mero prodotto, ma offre un servizio ad alto valore aggiunto. La trasformazione che è richiesta alle nostre Pmi deve prevedere un adeguato accompagnamento tecnologico, per rafforzare la propria competitività e mantenere intatto l’importante patrimonio di competenze e professionalità create in decenni di storia aziendale».
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