La corsa dei fondi sul caffè Segafredo per acquisire il 30% del capitale

Bain, Blackstone e altri su Massimo Zanetti Beverage Group. L’esercizio 2021 dovrebbe chiudere con un fatturato di 1,2 miliardi di euro

Massimo Zanetti
Massimo Zanetti

Dalla Borsa ai fondi di private. Secondo voci sempre più insistenti, un anno dopo aver annunciato la volontà di delistarsi, e otto mesi dopo aver completato l’operazione, Massimo Zanetti Beverage Group sarebbe finita nel mirino dei fondi di private, interessati ad acquistare il 30% del capitale per accompagnare l’azienda nel suo piano di sviluppo a livello internazionale. Interpellata sul tema, l’azienda preferisce non commentare.

Sta di fatto che i fondi che avrebbero mostrato interesse per il gruppo del caffè che fa capo all’imprenditore di Villorba vi sarebbero nomi di primissimo piano come Carlyle (il più grande private equity al mondo), Advent, Bain Capital, Oaktree e Blackstone. Al momento nulla è trapelato in merito alla valorizzazione attesa, tema di cui l’azienda con headquarter a Bologna avrebbe parlato con il suo advisor Bnp Paribas.

Lo standing della banca francese, la più grande dell’Eurozona, conferma le voci di un’operazione dal respiro internazionale. Nell’autunno dello scorso anno, il gruppo al quale fanno capo marchi come Segafredo Zanetti, Café Mag, Puccino's, San Marco e Sapore Italiano ha annunciato la volontà di lasciare Piazza Affari, operazione poi completata a febbraio al termine di un’Opa lanciata dalla Mazb, che fa capo alla lussemburghese M. Zanetti Industries SA, a sua volta controllata da Massimo Zanetti, titolare di una partecipazione del 70% (il resto è detenuto dai figli Laura e Matteo).

Un’operazione seguita al forte calo subito dal titolo dopo lo scoppio della pandemia di Coronavirus, che evidentemente ha spinto il proprietario a mettere in campo una profonda ristrutturazione, difficile da realizzare restando quotati. Ora la stessa quota che costituiva il flottante di Borsa potrebbe finire nelle mani di un grande fondo di private equity, seguendo la stessa strada di numerose altre aziende italiane.

A differenza della quotazione, che impone obblighi di comunicazione su base semestrale, l’ingresso nel capitale da parte di un investitore istituzionale permette di programmare un percorso di crescita di medio-lungo periodo. Inoltre, per la famiglia proprietaria si tratta di interfacciarsi con un solo interlocutore e non con una platea di investitori. Di contro, i fondi tendono a volere voce in capitolo sulle decisioni strategiche, di fatto obbligando l’imprenditore a condividere le scelte più importanti. Con la prospettiva di uscire dopo qualche anno, magari attraverso una nuova quotazione della società, ipotesi non esclusa dall’imprenditore trevigiano.

L’interesse dei fondi si spiega con il potenziale di consolidamento che caratterizza il beverage, settore caratterizzato da tanti pesi piccoli e medi, ma poche grandi realtà. Da qui la prospettiva di creare campioni globali, in grado di generar economie di scala e trovare risorse importanti per gli investimenti. Massimo Zanetti Beverage parte da basi solide: l’anno in corso si dovrebbe chiudere con un giro d’affari intorno a 1,2 miliardi di euro, quasi il 50% in più dello scorso anno. 

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