La lunga frenata del calzaturiero: «Nel 2024 ricavi in calo del 10%»

A Nord Est sono 448 le aziende del comparto con un fatturato 2023 di 5 miliardi. In crescita Bottega Veneta e Golden Goose

Roberta Paolini

Il lusso piange e dopo anni di crescita straordinaria, anche il settore calzaturiero, punta di diamante della moda made in Italy, vive un momento di incertezza, con un rallentamento già visibile nel 2023 e confermato dai dati dei primi sei mesi del 2024.

Il Nord Est e il Veneto in particolare rappresentano il cuore pulsante della produzione calzaturiera italiana. Secondo una elaborazione di Adacta Advisory sui bilanci delle società del settore, nelle tre regioni si contano 448 aziende e ricavi complessivi di 5,14 miliardi nel 2023. Ma dalla chiusura del 2023 sono iniziati i primi segnali preoccupanti.

Rispetto ai livelli pre-pandemia, il settore ha mantenuto una crescita significativa: +33% nei ricavi, +56% nell’ebitda (448 milioni) e +162% nell’utile netto (156 milioni). Tuttavia, il confronto tra il 2022 e il 2023 mostra un’inversione di tendenza: ricavi in calo del 4,5%, ebitda in flessione del 3% e utile netto sceso del 20%. La posizione finanziaria netta, stabile a 517 milioni, riflette una gestione oculata del debito.

Tra le aziende che si sono distinte negli ultimi anni, Manufactures des Souliers (Gruppo Lvmh) ha incrementato i ricavi da 283 milioni nel 2019 a 505 milioni nel 2023, dato che testimonia il potenziale di questo comparto. Anche la divisione calzature di Bottega Veneta ha registrato una crescita importante, dimostrando che il lusso ha spinto l’intero settore fino al 2022.

Tra i grandi protagonisti Golden Goose, pur in espansione, ha rinunciato alla quotazione in Borsa anche in ragione di multipli meno importanti rispetto al passato. Tutti segnali che la forte spinta degli anni recenti se non si è esaurita è comunque in una fase di flessione.

«Il Veneto» spiega Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici «rappresenta un’eccellenza assoluta del comparto calzaturiero italiano ed è ambasciatore del Made in Italy di qualità nel mondo. In questo territorio si è sviluppata nel tempo, una capacità indiscussa di coniugare ad un livello altissimo la tradizione artigiana con la qualità, il design e una ricerca continua nei materiali. Un mix che rende la calzatura italiana la più ambita e ricca di appeal sui principali mercati internazionali. Il valore dato dalla filiera è un plus per superare una congiuntura complessa che vede, dopo la performance del 2023 una flessione».

Dalle prime stime, a livello nazionale, spiega la presidente, si dovrebbe registrare una frenata a fine anno. Nello specifico, il cumulato dei primi 8 mesi segna per le vendite estere di calzature un meno 9,3% in valore, con un meno 6,2% nelle paia. Il saldo commerciale nel periodo gennaio-agosto 2024, pur con un attivo di quasi 3,4 miliardi, mostra una contrazione del 10,5%, malgrado la contemporanea frenata dell’import (sceso dell’8,3% in valore e del 2,9% in volume).

«Le primissime previsioni sulla chiusura dell’anno per il fatturato, ricavate dalla nostra rilevazione campionaria tra gli associati», afferma Ceolini, «indicano un calo nell’ordine del 9/10% sul consuntivo 2023, che il settore aveva chiuso a 14,6 miliardi di euro. Il momento richiede attenzione. Molti sono i fattori esogeni che condizionano il mercato, dai conflitti al rincaro delle materie prime, passando per la logistica e il calo dei consumi. Avventurarsi in previsioni a lungo termine è davvero complesso ed inutile. È necessario invece concentrarsi sul futuro prossimo e sulle opportunità. Stiamo preparando una ricca edizione di Micam, la più importante fiera mondiale, dove le imprese potranno incontrare i più importanti buyers da tutto il mondo e concretizzare occasioni di business».

L’associazione è inoltre impegnata in progetti per aiutare le imprese a sviluppare gli asset cruciali per mantenere alta la competitività. «Parlo della sostenibilità e della digitalizzazione determinanti per la transizione nel futuro al pari della formazione necessaria per sostenere il ricambio generazionale» conclude la presidente.

«Il quadro generale ha mostrato una dinamica interessante, abbiamo vissuto due anni straordinari, il 2021 e il 2022, caratterizzati da una crescita molto forte e alimentata dall’entusiasmo post-pandemia. Tuttavia, il 2023 ha segnato un rallentamento, in particolare nella seconda metà dell’anno, con un calo significativo degli ordinativi. Il primo semestre del 2023 è stato più positivo, trainato dalla stagione invernale, che tradizionalmente offre margini e fatturati più elevati. Nel secondo semestre, però, gli effetti negativi si sono manifestati con tutta la loro gravità, una tendenza che prosegue nel 2024» spiega Daniele Salmaso, presidente gruppo Calzatura di Confindustria Veneto Est.

Il mercato del lusso sta affrontando un momento complesso, ammette l’imprenditore. «Tutti gli operatori attendono di capire l’evoluzione, soprattutto in relazione al mercato cinese, che rimane strategico. L’aumento dei prezzi delle materie prime e le politiche di sostenibilità - con lavorazioni più lente e costose – hanno incrementato significativamente i costi di produzione, causando un aumento del prezzo al dettaglio».

Il futuro non mostra segnali certi: «Alcuni analisti ipotizzano una ripresa nella seconda metà del 2025, ma non ci sono dati oggettivi a supporto di queste previsioni. Un aspetto positivo è rappresentato dalla riduzione delle giacenze di magazzino, che inizia a dare maggiore stabilità finanziaria. Nel lungo termine, questo potrebbe consentire alle aziende di effettuare ordinativi più consistenti», spiega Salmaso.

La Cina rimane un mercato dinamico ma altamente influenzabile: «Le politiche governative stanno avendo un impatto significativo, con un forte sostegno ai consumi interni e ai prodotti locali. Questo ha contribuito in parte al rallentamento nel mercato del lusso globale». Mentre gli Stati Uniti restano il principale sbocco per le calzature di lusso, un mercato che resta dinamico anche se le problematiche, conclude Salmaso, sono di altra natura: «Sono più legate all’alto indebitamento e ai costi finanziari che in questo momento stanno limitando un po’ la liquidità e quindi gli ordinativi». 

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