La nuova frontiera dei biostimolanti in agricoltura fa crescere l'export di Ilsa
ARZIGNANO (VICENZA). La nuova frontiera dei biostimolanti per l’agricoltura non conosce confini. Il trend è mondiale. Lo conferma Ilsa, azienda di Arzignano con 60 anni di esperienza nei concimi organici che da oltre 25 anni investe in biotecnologie per l’agricoltura.
Utilizzando tecniche estrattive come l’idrolisi enzimatica e la CO2 supercritica, Ilsa punta molto sul biologico, dove è leader in Italia, e sui biostimolanti da fonti organiche vegetali e animali. E i frutti stanno arrivando.Il business di Ilsa, trainato dall’export, continua a crescere.
Nei primi 6 mesi del 2020 le esportazioni sono aumentate del 18% dopo una crescita del 22,6% nel 2019, e rappresentano oggi il 35% del fatturato. E le prospettive sono di chiudere il 2020 con un’ulteriore accelerazione grazie a prodotti in fase finale di registrazione in vari paesi.L’anno scorso il fatturato consolidato di Ilsa SpA e Ilsa Mediterraneo SpA è stato di 25,8 milioni di euro con una crescita tendenziale dell’11,6%, ebitda a 4 milioni e utile netto a 2,14 milioni.
I biostimolanti fanno oltre il 30% del giro d’affari, con un aumento nel 2019 di ben il 46%, e previsione di crescita continua nei prossimi cinque anni. Ilsa da alcuni anni fa parte del gruppo emiliano Biolchim, una realtà internazionale con un fatturato nel 2019 di 116 milioni di euro nel settore dei biostimolanti. Un mercato in cui sono entrate anche varie multinazionali, con un grande potenziale di sviluppo in continenti con forte vocazione agricola quali Africa, Asia e America Latina.
I biostimolanti sono dei ritrovati prodotti da materie prime di origine animale e vegetale che migliorano l’assorbimento e l’assimilazione naturale dei nutrienti delle piante e la tolleranza a stress abiotici. Non essendo pesticidi, perché non hanno effetti diretti su parassiti e patogeni, vengono utilizzati nell’agricoltura biologica, ma anche in quella convenzionale.
“Per semplificare, i biostimolanti migliorano l’efficienza delle piante nel processo di alimentazione, che così si proteggono meglio dalle malattie e diventano più produttive” spiega il presidente di Ilsa Paolo Girelli.
Che aggiunge: “Le fonti vegetali per i biostimolanti sono sempre più una scelta obbligata, perché la disponibilità sul mercato di sottoprodotti di origine animale non è più sufficiente”.
Quindi sia sottoprodotti della filiera agroalimentare sia colture ad hoc, come l’erba medica impiegata per esempio per un prodotto speciale che consente l’irrigazione anche con acqua salata nel clima desertico dell’Arabia Saudita.
“L’obiettivo è portare l’export al 50% nel medio termine”, dichiara Girelli. Che vede nell’Africa il mercato più promettente. Un continente su cui investire, a partire dall’area COMESA che raggruppa 19 paesi tra cui Egitto, Etiopia e Kenya. Al momento i mercati principali per Ilsa sono l’Europa, in cui si concentra il 75% delle vendite di biostimolanti, e l’America Latina dove Ilsa opera con uno stabilimento in Brasile. Ma anche Vietnam e Nuova Zelanda. E vari paesi africani e mediorientali dove per il clima molto arido l’agricoltura ha bisogno di prodotti molto specifici.
I biostimolanti sono 100% made in Veneto per tutto il mercato mondiale. La produzione è ad Arzignano, dove ci sono anche i laboratori di ricerca e sviluppo.
“Con 150 diversi formulati per l’agricoltura, di cui il 60% per il biologico ma utilizzati anche in agricoltura convenzionale, abbiamo un’offerta vastissima”, commenta Girelli. E serve un’intensa attività per la registrazione dei prodotti nei mercati esteri, visto che ciascun paese ha una sua legislazione in materia.
“La mancanza di regole e standard omogenei è certamente una complicazione e a volte occorre fare delle modifiche ad hoc dei prodotti”, osserva Girelli. “In Europa in ogni caso consideriamo positivamente la nuova legislazione EU sui biofertilizzanti che entrerà in vigore nel 2022, e il budget per la sostenibilità del Green Deal”.
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