La versione di Boffa: «Edizione, Mundys così ho conquistato la fiducia dei Benetton»

«Genero, marito, figlio di. Sono definizioni che se non hai un carattere forte inevitabilmente ti segnano». Parola di Ermanno Boffa, marito di Sabrina Benetton e genero di Gilberto, che ieri al San Gaetano di Padova ha raccontato dettagli inediti del suo ingresso nella famiglia di Ponzano e gli attuali rapporti con gli altri membri della dynasty trevigiana con i quali siede nel consiglio di amministrazione di Edizione, primo non Benetton a farlo. Parole che sottolineano anche il ruolo fondamentale della moglie Sabrina: «È ammirevole. È lì nell’angolo mentre potrebbe essere qui al posto mio. Parla quattro lingue, è laureata a Boston e ha più titoli di me. Scegliere di fare la madre, da parte di una imprenditrice che potrebbe stare sui giornali tutti i giorni, dimostra grande coraggio».
In origine, come spiegato all’inizio, avrebbe dovuto intitolarsi “Il genero”. Si è poi virato sul più semplice “Quale ruolo per i non familiari: integrarsi o distinguersi?”. Boffa dice di aver optato per entrambe perché «sono entrato cercando di non entrare. Facevo il professionista e ho conosciuto Sabrina che era in Italia per caso. Quando ho scoperto chi era mi sono preoccupato molto. Però ho seguito la mia strada professionale, difendendo la mia autonomia, economica e finanziaria. Non dipendevo da mia moglie né da mio suocero. E questo ha agevolato moltissimo il mio rapporto con lui. La mia indipendenza, il venire dalla strada e dal marciapiede l’orgoglioso mantenimento del distacco è stato apprezzato».
Boffa siede nei Cda di Edizione, Mundys e Benetton. «Sullo statuto si sono dette diverse inesattezze», ha spiegato, «in realtà era molto chiaro con una distinzione tra governance e proprietà. La consanguineità doveva essere mantenuta per la proprietà delle quote ma la governance era invece riservata ai componenti della famiglia anche senza consanguineità in senso stretto. Si voleva che la proprietà delle quote rimanesse agli eredi diretti. Con la costituzione delle quattro family holding, ciascun ramo ha la propria holding e all’interno fa le sue successioni e ciascuna holding ha diritto alla nomina dei componenti del board».
Boffa ripercorre poi anche la complicata fase che ha seguito la morte improvvisa di Gilberto Benetton. «È stato per forza di cose un passaggio generazionale non governato», racconta il manager, «la verità è che non abbiamo mai litigato e le cose che ci sono capitate, come seconda generazione, al posto di creare divisione ci hanno unito. Non c’era tempo di litigare, si dovevano prendere decisioni importanti e l’abbiamo fatto».
Boffa non si sottrae neanche dai temi di più stretta attualità. «Con Edizione abbiamo cercato una discontinuità che è stata dimostrata con i fatti: due operazioni che pochi hanno ben compreso. L’Opa su Mundys credo sia un atto di grande coraggio, l’abbiamo tenuta in Italia e non abbiamo fatto spezzatini. Con Autogrill e l’integrazione con Dufry abbiamo mostrato la volontà di conquistare credibilità e capacità di attrarre investitori». Infine il rapporto con il cugino Alessandro, di cui si è molto scritto: «Con lui vado estremamente d’accordo. Gli intenti sono identici e i caratteri compatibili».
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