L'artigiano che ha tentato il suicidio in tribunale si racconta: «Io, i debiti e l'incubo di perdere la casa»

A parlare è l'artigiano trevigiano di 55 anni che martedì scorso ha tentato di lanciarsi da una finestra del tribunale di Treviso, fermato dai presenti, dopo aver saputo che la sua casa rischiava il pignoramento per l'azione giudiziaria avviata da quattro suoi creditori

«Se i clienti non mi pagano, nemmeno io posso pagare i miei fornitori. E così mi sono cacciato in una spirale da cui non sono più riuscito a riemergere. Sono arrivato a un bivio: pagare le tasse o dare da mangiare alla mia famiglia. Ho imboccato la seconda strada. Non avevo scelta. Cosa avrei dovuto fare?».

A parlare è l'artigiano trevigiano di 55 anni che martedì scorso ha tentato di lanciarsi da una finestra del tribunale di Treviso, fermato dai presenti, dopo aver saputo che la sua casa rischiava il pignoramento per l'azione giudiziaria avviata da quattro suoi creditori.

La sua storia ha commosso moltissime persone e ha innescato una gara di solidarietà, anche perché per mesi ha lavorato giorno e notte per racimolare i soldi necessari per pagare i suoi fornitori, dormendo due ore al giorno. Martedì era andato in tribunale con tutto quello che era riuscito a risparmiare: 9 mila euro. Ma quando ha saputo che in realtà il debito ammontava a dieci volte tanto, 66 mila euro solo di tasse arretrate, si è sentito male e ha tentato il suicidio al secondo piano del tribunale, dove hanno sede gli uffici delle esecuzioni immobiliari.

Cosa le è passato per la testa in quel drammatico momento?

«Mi è crollato il mondo addosso. È stato un attimo: non so spiegarlo. Ho capito che potevo perdere l'unica cosa che mi era rimasta: la casa che con fatica mio padre aveva costruito e mi aveva lasciato prima che morisse».

Quando iniziano i suoi problemi?

«Alcuni anni fa quando, alla fine di un lavoro, un cliente mi dice: "Guarda che non ti posso pagare". È lì che è iniziata la lenta discesa all'inferno. A quel cliente poi se ne sono aggiunti altri che hanno avuto difficoltà a pagarmi. E così io, di conseguenza, ho iniziato a svuotare pian piano il mio conto corrente e i risparmi, per poter pagare i fornitori. Poi la situazione negli ultimi tempi è precipitata. Il Covid e un lavoro di ristrutturazione da 25 mila euro non pagato, le cartelle di Equitalia che non riuscivo più a saldare. Un vortice che mi ha travolto».

Finché le sono arrivate le ingiunzioni di pagamento dei fornitori.

«Si sono uniti per raggiungere la soglia per potermi pignorare la casa. Io pensavo fossero solo i due fornitori, ma si erano aggiunti Confartigianato, a cui non ero più riuscito a saldare le commissioni, ed Equitalia con la fetta più grande da 66 mila euro. E pensare che negli ultimi mesi ho lavorato giorno e notte per raggranellare 9 mila euro. Mi sono spaccato la schiena per riuscire a saldare almeno i fornitori».

C'è qualcuno che l'ha aiutata in tutto questo tempo?

«L'anziano che accudisco, che per me è un secondo padre. Lo assisto di notte, dormo poco, lui dà da mangiare a me e alla mia famiglia. E mi dice sempre: "Non ti preoccupare che un boccone qui per te e la tua famiglia c'è sempre. Metti da parte i soldi che prendi perché ti servono (e a questo punto si ferma e non trattiene le lacrime, ndr)».

E qualcuno che l'ha delusa?

«I parenti. Siamo una grande famiglia che lavora nell'edilizia. A qualcuno ho chiesto aiuto quando ormai la situazione stava precipitando, mi sono messo a disposizione ma non mi hanno voluto dare una mano. Eppure quando in passato mi capitavano lavori dove c'era bisogno di attrezzatura che non avevo, mandavo i clienti da loro, che hanno una ditta più grande e più strutturata».

Come prosegue la vita ora?

«Con una famiglia unita, e questo mi consola. Ho figli che lavorano con contratti a termine che, peraltro, fra un po' scadono. Mia moglie che mi sostiene. Io che tengo duro e lotto per mettere da parte 50 euro alla volta. Se mi fermassi e pensassi a quanto devo pagare, mi scoraggerei e non andrei più avanti. Ma lo faccio anche per mantenere fede a quello che mi ha insegnato mio padre: saldare sempre i debiti. È una questione di onore e dignità».

Ci sono stati altri momenti critici a causa del lavoro?

«Una volta, durante un controllo dello Spisal. Avevo appena pagato una multa, l'unica che mi è stata rifilata in decenni di lavoro, e sono venuti a farmi un'osservazione all'impalcatura. Un'inezia. Ma non ci ho più visto, mi sono sporto e gli ho detto che mi sarei buttato. Purtroppo si lavora con l'angoscia. Ho sempre paura che ci sia qualcuno che mi fotografa, che mi voglia fare del male. Adesso usano anche i droni. Ormai c'è molta esasperazione, non solo da parte mia. Parlando anche con altri uomini che fanno il mio stesso mestiere è così».

Adesso come pensa di risolvere il problema dei debiti?

«Nei prossimi giorni ho un incontro con un avvocato, che è disposto ad aiutarmi. Cercheremo di rateizzare i pagamenti in modo da poter fare fronte a tutto. Io del resto non voglio niente per niente. Pensate che, di recente, dopo aver ristrutturato un negozio, le proprietarie avevano ritirato l'incarico ad un geometra che gli avevo consigliato io e lui avanzava da loro 400 euro. Ad un certo punto sapete cos'ho fatto? Stanco che mi venisse a chiedere i soldi che gli dovevano le proprietarie, glieli ho dati io. Mi vergognavo che li chiedesse a me. Poi loro quei 400 euro me li hanno dati, ma il lavoro non mi è stato ancora saldato. Ma c'è una cosa che ho notato».

Quale?

«Che la gente anziana salda sempre i propri debiti. I lavori che ho fatto per gente di una certa età mi sono sempre stati pagati. I problemi li ho avuto quasi sempre con i giovani che ti commissionano un lavoro ma poi non ti pagano».

Cosa l'ha commossa, dopo che è emersa la sua storia?

«L'unità della mia famiglia. Mia moglie mi ha detto: "Se tu non ci sei, i problemi che hai ricadranno su di noi. È questo che vuoi?". Poi uno dei miei figli, che mi ha fatto piangere. Mi ha detto: "Stai tranquillo papà, che se mi assumono a tempo indeterminato chiedo subito un prestito per aiutarti". Capite? Quando ho sentito quelle parole ho pianto come un bambino, non mi vergogno a dirlo».--

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