Le due generazioni che fanno correre Afg
L’azienda friulana di packaging ha visto un precoce ingresso dei figli del fondatore Mauro Polano
Una domenica a pranzo come tante, con una lasagna fumante pronta per essere servita e la famiglia riunita a tavola. Interno friulano, anno 2007. Francesco Polano, all’epoca diciottenne, quel momento lo racconterà qualche anno dopo in un caso aziendale scritto all’Università di Rotterdam. Un caso che – per inciso – è il suo. Perché attorno a quel tavolo è la famiglia Polano ad essere riunita per discutere non già delle notizie di giornata piuttosto che del tempo, ma del futuro della Afg, impresa di Fagagna specializzata nella produzione di laminati per l’industria alimentare ed imballaggi plastici, fondata dal padre di Francesco, Mauro Polano, nel 1996. Un cda insomma davanti a una lasagna.
«Mio padre – ricorda Francesco – ci chiese se avevamo la forza e la voglia di lavorare». Domanda impegnativa per tre figli ancora giovani: «Anna allora aveva vent’anni, io diciotto e Giovanni quindici» precisa Francesco.
Il padre doveva decidere se dar corso al primo grande investimento in un impianto di estrusione della plastica, che avrebbe trasformato il futuro dell’azienda, specializzata nella produzione di materiale da imballaggio. «La nostra risposta fu: procedi», continua Francesco che però non pensava di dover passare dalle parole ai fatti tanto presto. Aveva infatti l’ambizione di fare qualche esperienza fuori, una volta conclusa l’università, per poi tornare con un bagaglio importante da spendere in azienda per dare il proprio personale contributo.
Così è stato almeno per un po’. Anna, Giovanni e Francesco hanno proseguito gli studi, si sono iscritti all’università. «Ho studiato Economia internazionale e progettavo di andare a lavorare in qualche azienda all’estero quando invece, per motivi famigliari, a 23 anni sono stato chiamato in azienda», ricorda Francesco. Una necessità improvvisa alla quale i tre giovani si sono trovati a far fronte, prendendo temporaneamente il posto del padre nella società e dando corso a un passaggio generazionale accelerato. Non erano, va detto, digiuni di vita aziendale. Anzi. «Ricordo che d’estate, mentre i nostri amici andavano al mare, a Lignano, noi invece facevamo l’inventario del magazzino negli angoli più nascosti e polverosi – ricorda ancora Francesco, con un pizzico di ironia –. Insomma, conoscevamo già le persone, i ruoli e questo ci ha facilitato. Quando siamo entrati in azienda? Facevamo i tappabuchi prima e inizialmente abbiamo continuato a farlo».
Era il 2012. Afg – acronimo che conteneva in sé un destino, richiamandosi alle iniziali dei tre fratelli – passava di fatto nelle mani di Anna e Francesco cui si sarebbe in breve – all’epoca studiava ancora – aggiunto Giovanni.
«Appena entrato è stata piuttosto dura. Ho dovuto sostituire quasi in toto tutta la parte commerciale di mio padre. Ricordo viaggi in Germania con un tedesco stentato, in alcune occasioni mi sentivo parecchio abbattuto, sia per la scarsa proprietà linguistica che per il limitato impatto personale. Quando mio padre è tornato a fare le sue attività – continua Francesco – mi sono ritagliato la parte commerciale estera a livello di back office e sviluppo di nuovi progetti».
La convivenza tra le due generazioni ha dato i suoi frutti. Dopo quel primo investimento, annunciato dal presidente Mauro Polano ai figli, la domenica a pranzo – «pessima scelta – confessa Francesco – perché l’impianto, tedesco, che avevamo acquistato aveva problemi di ingegnerizzazione e ci ha regalato sei mesi di scarto» – l’azienda ha fatto il bis, comprando una seconda linea nel 2010.
Quello sì un investimento che ha dato una bella accelerazione all’azienda. Le nuove linee consentivano di fondere la plastica e trasformarla in una bobina destinata per lo più (per il 90%) al packaging del settore alimentare, ma anche a cosmetica e farmaceutica. Un prodotto che con l’andare del tempo ha però visto ridursi la marginalità spingendo la famiglia Polano a diversificare. «Abbiamo acquistato macchine per la stampa ad alta qualità, capaci insomma di stampare grafiche sugli imballaggi, di personalizzarli non solo tecnicamente ma anche esteticamente e la cosa sorprendente è che il secondo servizio – svela l’imprenditore – viene pagato molto più del primo».
Dal 2017 al 2023 l’azienda ha così investito 16 milioni di euro, tutti sulla stampa. Oggi occupa 120 persone, ma gliene servirebbero di più e la carenza di personale è una delle ragioni, spiega ancora Francesco, che stanno limitando la produzione dell’esercizio corrente. «I giovani non vogliono lavorare a turno, cercano altro. Saremo contenti se quest’anno riusciremo a eguagliare i numeri dello scorso» anticipa l’imprenditore.
Un anno, il 2023, chiuso da Afg a quasi 54 milioni di euro contro i 60 milioni dell’anno precedente e con un margine operativo lordo (Ebitda) di 3,4 milioni contro i precedenti 4,4. Risultati messi a segno al 70% in Italia e al restante 30% all’estero, in particolare Germania e Austria.
Oltre alla plastica, l’azienda oggi lavora anche con la carta. «Siamo una bella fucina di idee, gestiamo più di 6 mila materiali diversi cercando di sfruttane le funzionalità per offrire ai nostri clienti l’abito su misura che ci chiedono». Clienti che rispondono ai maggiori marchi dell’agroalimentare italiano e europeo. «Senza fare nomi diciamo che si riforniscono da noi i maggiori brand dell’affettato, dei formaggi e del tortellino. Insomma, siamo presenti praticamente in tutti i supermercati ai banchi del fresco» dice ancora Francesco che guarda al futuro con grande fiducia.
Nei piani dell’azienda, alla crescita organica potrebbero affiancarsi infatti le prime operazioni di crescita per linee esterne. «È un ipotesi che stiamo vagliando – conclude – complice il fatto che molte realtà del nostro settore sono medio piccole e nella situazione di complessità che stiamo vivendo sono oggi aperte a trattative».
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