L’impegno di Metinvest: «L’acciaio di Trametal per ricostruire l’Ucraina una lamiera dopo l’altra»
La visita all’impianto friulano con il direttore generale Marco Carrara: «Se Metinvest ha deciso di investire in Italia, a Piombino, è merito degli ottimi risultati raggiunti in Friuli»

È come una macchina ai blocchi di partenza. Motore acceso in attesa dello start. Il piede di Metinvest Trametal, il grande laminatoio di San Giorgio di Norgaro, proprietà del gruppo ucraino dell’acciaio, sfiora l’acceleratore. Pronto a mettersi all’opera per la «scommessa» che si annuncia come la più importante della sua storia: la ricostruzione dell’Ucraina, il grande Paese martoriato dalla guerra che a San Giorgio, in via dell’Industria, è percepito come una seconda casa, almeno da quando, nel 2008, Malacalza ha venduto al colosso ucraino Metinvest il suo laminatoio friulano, realtà che oggi genera un fatturato di oltre 600 milioni di dollari e dà lavoro a 250 persone.
Dipendenti che, dal 24 febbraio 2022, giorno in cui la Russia ha invaso l’Ucraina, l’eco della guerra la sentono non solo dalle voci degli inviati dei Tg, ma ogni giorno al lavoro. Che hanno impressa in modo indelebile negli occhi l’immagine in fiamme dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, distrutta dai bombardamenti russi e divenuta per mesi rifugio della resistenza ucraina e anche di tanti civili e colleghi.
Distrutta la principale acciaieria del gruppo, Trametal ha dovuto riorganizzare da zero la sua catena di fornitura, per garantire continuità allo stabilimento e in prospettiva per essere in grado di offrire, con le sue lamiere da treno, prodotti piani destinati ai più svariati ambiti della futura ricostruzione: dagli edifici ai ponti, dai viadotti alle ferrovie.
Un Paese da ricostruire
Il lavoro in sordina è già iniziato, come ci ha raccontato il direttore di Metinvest Trametal, Marco Carrara, aprendoci le porte dello stabilimento. «Lo scorso mese di febbraio abbiamo fornito le lamiere da treno necessarie alla ricostruzione di una linea ferroviaria e di alcuni ponti, distrutti da un bombardamento ed essenziali a collegare l’acciaieria di Zaporizhzhia, l’ultima del gruppo ancora attiva in Ucraina. È stata una corsa contro il tempo. Questione di poche settimane dalla richiesta alla consegna». Una prova generale di quel che sarà non appena la guerra arriverà, si spera nel più breve tempo possibile, al capolinea.
Facendo lo slalom tra le bramme d’acciaio pronte per la laminazione, materie prime che oggi arrivano da mezzo mondo, Carrara ribadisce: «San Giorgio rappresenta un asset fondamentale, strategico e imprescindibile per il gruppo, perché capace di fornire il materiale da costruzione per l’Ucraina, un martoriato Paese che presto speriamo di contribuire a ricostruire con le nostre lamiere. Così come abbiamo già fatto per il ponte Morandi, 100% acciaio rilaminato in Friuli Venezia Giulia. Non appena il conflitto sarà terminato, contiamo di poter ricostruire l’Ucraina una lamiera dopo l’altra. Nel frattempo continuiamo ad impegnarci nella quotidiana partnership con i principali clienti nei loro progetti più sfidanti e complessi in giro per il mondo».
La fine di un’epoca
Per farlo, Trametal ha dovuto da un giorno all’altro costruire ex novo la sua catena di fornitura, che prima della guerra era totalmente garantita dall’acciaio prodotto a Mariupol. «Il disastro di Azovstal è significato la fine di un processo di verticalizzazione iniziato dodici anni prima con l’ottimizzazione dell’utilizzo di prodotti di produzione interna. La fine improvvisa di un’epoca. Di un progetto. Ci siamo ritrovati con le forniture che avevamo, in casa, in porto e in viaggio, ad avere forse tre mesi di autonomia. Per evitare di doverci fermare siamo tornati immediatamente a lavorare come facevamo prima dell’integrazione verticale con Metinvest, in un mercato però completamente diverso. Grazie alle nostre reti commerciali – continua Carrara – siamo riusciti a contattare produttori importanti in tempi relativamente brevi e a definire delle specifiche di fornitura in urgenza, lavorando con imprese europee ma anche, per la prima volta cinesi, indiane, thailandesi, che avevano, o meglio hanno, diverse dimensioni delle bramme e pure diverse caratteristiche qualitative» spiega il direttore mostrandoci gli enormi lingotti d’acciaio i cui diversi codici a barre vanno a comporre una geografia che tocca come detto Europa e Asia.
Un lavoro di riorganizzazione imponente che – parola di Carrara – non ha mai fine, considerata l’evoluzione dei mercati e gli effetti della speculazione. «Contavamo sull’entrata in vigore del nuovo pacchetto di sanzioni verso la Russia a settembre, che avrebbe dovuto avuto l’effetto di inibire le importazioni in Europa di acciaio russo, ma che purtroppo è stato rinviato. Così, oggi molti dei nostri competitor continuano a rifornirsi dalla Russia, a prezzi e tempi che per noi sono inarrivabili», valuta il direttore di Trametal.
Il laminatoio più grande
A dispetto della situazione, lo stabilimento di San Giorgio, inserito in quello che a giudizio di molti è il primo polo della siderurgia nazionale (se si escludono Taranto e Piombino, che sono a tutti gli effetti aziende singole), continua a macinare ricavi e utili.
Con una capacità produttiva di 600 mila tonnellate l’anno, il laminatoio ha chiuso il 2023 sfiorando le 500 mila tonnellate (il record è del 2017 con 550 mila tonnellate prodotte) e con oltre 600 milioni di dollari di ricavi (nel 2022, il dato 2023 non è ancora disponibile). Da San Giorgio escono principalmente acciai da costruzione e una piccola quota di acciai speciali.
Il principale cliente del sito produttivo è Fincantieri, azienda per la quale, ormai diversi anni fa, Trametal ha installato una linea produttiva dedicata, che oltre alla laminazione effettua anche la verniciatura. La gamma dei prodotti piani da va da un minimo di 4 millimetri a un massimo di 200, il processo di laminazione da quello standard a quello trattato termicamente in funzione delle diverse applicazioni: dagli edifici a ponti, viadotti, stazioni, strade, grattacieli, senza dimenticare il settore navale.
Tornando al tema delle forniture, all’orizzonte si staglia la “soluzione” Piombino, dove Metinvest in partnership con la friulana Danieli sta lavorando per dar finalmente consistenza al progetto di realizzare una grande acciaieria in Italia che per un breve frangente aveva considerato anche San Giorgio di Nogaro come possibile soluzione.
Investimento da 2 miliardi
Un investimento che vale due miliardi di euro e sul quale Metinvest inizia a ragionare ben prima dello scoppio della guerra, volendo il colosso ucraino aprire un’acciaieria fuori dal suo Paese. Se la scelta è ricaduta sull’Italia, una delle ragioni (forse “la” ragione) sta proprio nei risultati che il gruppo ha messo a segno in Italia e in particolare a San Giorgio di Nogaro, che è stata la prima esperienza di Metinvest all’estero, il gruppo ha imparato a conoscere e apprezzare l’Italia e quella che era una possibilità, prima della guerra (di un impianto nel Belpaese si parla dal 2017), oggi – conclude Carrara – è diventata un’esigenza».
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