M-cube punta sui manager per conquistare l’Europa
L’azienda triestina di in-store digital engagement ha chiuso il 2024 con 64 milioni di fatturato. Operativa in nove Paesi, mira a raggiungere i 75 milioni e la leadership nel Vecchio continente

L’obiettivo è sfidante, ma alla portata dell’azienda: diventare leader europeo nel settore dell’in-store digital engagement, l’insieme di elementi – audio, video e digitali – che contribuiscono a migliorare l’esperienza di acquisto in negozio.
Per raggiungerlo, M-cube ha scelto di puntare sul management. A inizio aprile sono state annunciate infatti le nomine di Gianluca Pasquali e Markus Korn, rispettivamente Ceo e Cso della società.
Un cambio di passo importante per l’azienda fondata a Trieste nel 2001, che ha chiuso il 2024 con 64 milioni di fatturato, in crescita del 7% sul 2023. «Ma nel 2025 ci aspettiamo di raggiungere i 75 milioni, con un ulteriore incremento di oltre il 18%, in virtù del portafoglio contratti», anticipa Manlio Romanelli, socio fondatore insieme a Leonardo Comelli e Mike Sponza.
L’arrivo dei nuovi manager è considerata un’opportunità per «rafforzare la gestione dell’impresa tramite nuovi punti di vista», spiega Romanelli, che resta presidente esecutivo. «In un campo tecnologico come il nostro è impossibile pensare a un’impresa familiare che rimane chiusa: è fondamentale sia aprire il capitale sia aprire al management».
Nel 2017 è entrato nel capitale dell’azienda triestina il fondo Hld, spingendone l’internazionalizzazione: oltre che in Italia, oggi M-cube è presente in Regno Unito, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Cina e Hong Kong e gestisce oltre 65 mila installazioni per più di 500 brand. «Continueremo con acquisizioni mirate su Paesi in cui siamo già presenti per consolidare la nostra posizione», assicura Romanelli.
L’avventura di M-cube è partita con la radio in-store. «Nel 2001 la prima digitalizzazione del punto vendita è consistita nel sostituire il classico cd-rom con strumenti dinamici che distribuivano contenuti audio nel punto vendita tramite la rete Internet». Da allora sono arrivate sempre nuove soluzioni, dal digital signage alle applicazioni mobile, per trasferire i vantaggi dell’online all’ambiente fisico dei negozi. «Ancora oggi l’82% degli scambi con il consumatore avviene nei punti vendita fisici.
Per i brand del lusso l’online rappresenta appena il 4-5%», continua Romanelli. Seppure con gradazioni differenti nei diversi settori – dalla moda all’elettronica, dalle automobili alla grande distribuzione – per il consumatore fare un acquisto offline significa vivere un’esperienza. «Il mezzo digitale permette di veicolare contenuti che trasformano l’ingresso in un negozio nella possibilità di entrare in contatto con elementi che fanno leva sulle emozioni, instaurando una relazione personalizzata con il cliente».
La possibilità di instaurare un’interazione uno a uno, con l’estensione dell’omnicanalità allo store fisico, è uno dei principali trend del settore, insieme all’opportunità di coinvolgere il cliente nella promozione di prodotti diversi da quelli in vendita. Poi c’è la musica, la cui personalizzazione è sempre più sofisticata grazie all’intelligenza artificiale. «Finora il lavoro dei nostri music designer era quello di ricercare un catalogo musicale adatto al profilo del brand. Adesso, con il supporto dell’Ai si può invertire la logica – spiega Romanelli – partendo dal profilo del cliente si può realizzare una playlist profilata. Aumenta anche l’apporto di creatività dei music designer, che diventano quasi dei produttori».
Anche per la ricerca di questi profili tecnologici, Trieste resta per M-cube un bacino importante. Nel capoluogo giuliano l’azienda mantiene infatti sia la divisione amministrazione, finanza e controllo, sia la parte incaricata del customer care e della gestione dei device. «Rispetto ad altre città a Trieste troviamo tanti giovani che parlano anche lingue meno comuni e ci aiutano a gestire un servizio internazionale», conferma Romanelli. «Qui abbiamo anche una componente di sviluppo software che riesce ad attrarre profili con minore volatilità rispetto a Milano, dove trattenere i profili tecnici è una sfida continua».
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