Matteo Marzotto: «La nostra piattaforma per il lusso supererà i 300 milioni. Valentino? I francesi sono stati più bravi di noi»

Parla Matteo Marzotto, presidente di MinervaHub, polo che lavora per 1000 brand nel mondo. «A ottobre in arrivo Corsi, manager di Ferragamo, ed entro l’anno altre quattro operazioni»

Roberta Paolini

Non è stato scelto un nome a caso, Minerva non è solo la dea romana della saggezza, ma la protettrice dell’ingegno italico e per esteso dell'artigianalità. Matteo Marzotto presidente della prima piattaforma produttiva italiana a servizio dei brand del lusso, Minerva Hub per l’appunto, racconta di come il gruppo da lui fondato insieme a Xenon Capital, ed ora per la maggioranza nelle mani di San Quirico, inizi a fare davvero sul serio. Dalla sua fondazione, nel 2022, questo oggetto che lavora per oltre mille brand - e di questi, 20 rappresentano i top brand del lusso - ha raggiunto quota 206 milioni di euro di ricavi, impiega oltre 870 persone e annovera 14 aziende attive nei settori più diversi, dalle pelli pregiatissime, alla galvanica, dalle plastiche hi tech ai ricami di mirabile maestria.

L’obiettivo di arrivare a 400 milioni di euro di ricavi in tre anni sembra molto vicino. Nel 2023, infatti, anticipa Marzotto i ricavi dovrebbero superare i 300 milioni.

Matteo Marzotto ad aprile c’è stata l’operazione con cui san Quirico è entrato in maggioranza e poi in sequenza a luglio l'acquisizione di New and Best H.F.

«Stiamo lavorando su una serie di operazioni. Tutte quelle che sono entrate nella nostra piattaforma sono aziende delle caratteristiche particolari specializzate nella componente tecnica e artigianale, quella che contraddistingue di saper fare unita allo sviluppo di tecnologie. Stiamo lavorando su altre, e contiamo di portarne a compimento quattro per l’autunno».

A inizio agosto avete comunicato che il nuovo ceo sarà Corsi, attuale direttore finanziario di Salvatore Ferragamo.

«Credo che Corsi con l’esperienza maturata e la sua brillante carriera sapranno portare un contributo decisivo competenze e creatività che MinervaHub rappresenta, valorizzando ancor di più le nostre caratteristiche di unicum globale al servizio del miglior bello e ben fatto in Italia».

Quando lei e Xenon Private equity avete dato vita a MinervaHub l’obiettivo era puntare all’accessorio, essere fornitori di quel vasto mondo che va dalle borse alle scarpe. Resta questa linea?

«Sì. E resta anche il nostro modello, noi non saremo mai produttori di prodotti finito. Noi siamo creatori a sostegno della creatività. Noi ci candidiamo ad essere i più bravi a fornire un range di soluzioni a servizio dell’ideazione dei grandi stilisti».

Dove arriverete quest’anno come dimensione?

«Tra crescita interna e acquisizioni credo che potremmo avvicinarci a superare 300 milioni di ricavi e 80/85 di ebitda»

Abbiamo assistito a due grandi operazioni: la prima vede Kering puntare all’acquisizione della maggioranza di Valentino da Mayoola e la seconda vede un nuovo conglomerato del lusso, questa volta americano, nascere dall’acquisizione da parte di Tapestry di Capri Holdings che possiede tra gli altri Versace, Jimmy Choo e Michael Kors. Come legge questi movimenti nel mondo della moda e del lusso.

«Credo siamo operazioni molto positive. Parlo di Valentino che resterà sempre nel mio cuore (Marzotto è stato presidente di Valentino SpA ndr.), Francois Henri Pinault - e suo padre prima di lui - del Gruppo Kering e Bernarnd Arnault di Lvmh sono imprenditori visionari, con tre marce in più. Un brand che entra in una scuderia così dotata ha tutto da guadagnare. E comunque entrambi i gruppi francesi, Kering e Lvmh, sono una garanzia per il saper fare italiano, investono nelle nostre capacità creative e industriali».

Ma non le dispiace un po’ che i nostri marchi italiani della moda siano valorizzati dai francesi.

«Loro sono stati più bravi di noi. Hanno visto prima delle cose. In Italia ci sono imprenditori eccezionali e ci ho anche provato a farli parlare tra loro, ma hanno preferito pensare al proprio. E quindi mi tengo la mia ammirazione per i francesi».

L’ultima è sulla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, che è una cosa cui lei tiene molto. Come vanno le cose?

«Abbiamo avviato una nuova direzione scientifica dopo la scomparsa di Gianni Mastella. Vediamo un ritorno di attenzione molto importante, siamo tornati sopra ai livelli del 2019. Quest’anno metteremo in campo 25 progetti investendo la cifra più alta dalla nascita della fondazione: 4 milioni di euro in ricerca».

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