Nidec Global Appliance insedia a Pordenone la holding europea

PORDENONE - Nidec Global Appliance riacquista lo stabilimento in Austria di Secop e incorpora l’ufficio commerciale di Embraco: a Pordenone la holding che commercializza tutti i prodotti in Europa. Il ceo di Nidec Global Appliance, Valter Taranzano: «Continuiamo a investire in Europa». Prosegue il percorso di crescita di Nidec Global Appliances che chiude il 2020 con fatturato in crescita a 2 miliardi di dollari e stima un 2021 a +10%. Il gruppo, che opera nella componentistica per l’elettrodomestico, declina un piano di investimenti ambizioso in innovazione e nuovi prodotti.

Valter Taranzano, che cos’è oggi Nidec Global Appliance?
«E una delle più grandi divisioni del Gruppo Nidec con 2 miliardi di dollari di fatturato realizzato da tre business unit: una specializzata nella produzione di motori e compressori per elettrodomestici (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, dryer), con 1 miliardo di fatturato, una dedicata ai compressori per apparecchiature commerciali e una riservata ai motori elettrici per grandi impianti di aria condizionata, quest’ultima affidata a noi solo di recente. Siamo presenti in tutto il mondo, Cina, Europa, Messico e Brasile, con 14 stabilimenti, 9 centri di Ricerca e Sviluppo, per un totale di 15 mila addetti».
E’ recente la fusione per incorporazione della società Embraco di Riva di Chieri.
«Esattamente. Con l’acquisizione di Embraco avevamo annesso anche l’ufficio commerciale europeo e alcuni laboratori per l’application engineering, era una società separata e abbiamo deciso di procedere a questa operazione di fusione. In considerazione di ciò a Pordenone oggi possiamo dire che, oltre allo stabilimento produttivo di motori, è insediata la holding che commercializza tutti i prodotti Global Appliance in Europa, con quel che questo significa in termini di ricadute positive sul territorio».
In Nidec GA è rientrata anche parte della Secop, che avevate dovuto cedere su input dell’antitrust europeo?
«Quando abbiamo definito l’acquisizione di Embraco la Ue ci aveva imposto di cedere lo stabilimento austriaco di Secop. Chi lo ha rilevato, dopo pochi mesi, ne aveva decretato la chiusura prendendo atto che uno stabilimento da 1,5/2 milioni di compressori l’anno non aveva massa critica sufficiente per restare, in modo competitivo, sul mercato. Per noi è diventata una nuova opportunità quindi abbiamo chiesto alla Ue l’autorizzazione per questa operazione che avrebbe consentito di salvare posti di lavoro e, a noi, di realizzare un piano industriale che prevedeva l’attivazione di almeno un’altra unità in Europa dove produrre i compressori di ultima generazione, nello specifico i compressori Embraco a velocità variabile per il mercato domestico».

Investimenti, dunque.
«Stiamo investendo davvero molto perché è l’unico modo per sostenere la crescita». Una crescita, peraltro, in controtendenza rispetto al mercato. «Vero. Avevamo chiuso il 2019 con un fatturato di 1,8 miliardi di dollari, arriveremo a 2 miliardi nel 2020 e il primo budget per il 2021 ha una previsione di 2,2 miliardi. Un trend motivato dall’incremento del nostro market share tra i clienti grazie a prodotti molti innovativi e molto efficienti che richiedono investimenti su nuove linee produttive. Solo nel 2020 abbiamo investito 120 milioni di dollari».
Investimenti a Pordenone?
«Lo stabilimento della Comina sta beneficiando di questa scelta, è già operativa una nuova linea robotizzata e quindi ad altissimo tasso di automazione, per produrre l’ultima generazione di motori per lavatrici».

Non solo cinesi i produttori di componenti per l’elettrodomestico, dunque...
«Devo dire che sorrido quando mi capita di leggere su qualche quotidiano che “i compressori sono ormai in mano a cinesi e giapponesi”».
Perché? Non è vero?
«Intanto noi non siamo giapponesi, siamo italiani con una casa madre giapponese e abbiamo forti radici europee. Detto ciò, non è vero che il compressore non viene più prodotto in Europa: noi lo facciamo in Austria e in Slovacchia».

Maurizio Castro aveva parlato, proprio sul nostro giornale, di “sindrome cinese” per il settore, e anche lui è alle prese con Embraco.
«Più correttamente bisognerebbe parlare di ex Embraco, perché il marchio lo abbiamo noi. Vale la pena ricordare che, per quel che riguarda lo stabilimento di Riva di Chieri, non ha mai fatto parte della trattativa di acquisizione: non era nel perimetro dell’operazione (Nidec aveva raggiunto nel 2019 l’accordo per acquistare da Whirlpool le attività nei compressori di Embraco, senza tuttavia includere lo stabilimento torinese, ndr). Ora leggo di questo interessante progetto che coinvolge lo stabilimento torinese e quello di Mel...».

E che ne pensa?
«Sono esposto emozionalmente nel parlare di Mel, ma indossando il cappello da business man, dico: ben venga chiunque faccia concorrenza. So che, con la marginalità che caratterizza questo settore, non è agevole neanche per un gruppo come il nostro da 35 milioni di compressori l’anno, accantonare le risorse necessarie agli investimenti. Il progetto è certamente ambizioso, punta ai 6 milioni di pezzi l’anno che significherebbe conquistare il 20% del mercato europeo. Avendo un pezzo di cuore a Mel, non posso che augurare tutto il bene possibile».
L’elettrodomestico, ma non solo, penso all’automotive e al mobile, è alle prese con la difficoltà di reperimento di materie prime e componenti. Speculazione, carenza, eccesso di domanda, logistica... E’ un problema anche vostro?
«E un problema che rileviamo anche noi e che viene determinato da molti fattori. La pandemia ha provocato un crollo della domanda nel primo trimestre 2020, per la nostra divisione la flessione del fatturato è stata -25%; la sua evoluzione è stata diversa nelle varie parti del mondo: la Cina, la prima ad essere colpita, è stata anche la prima a riprendersi, mentre altre aree, dall’Europa agli Usa, sono ancora in difficoltà. Nonostante ciò noi chiudiamo l’anno in crescita e continuiamo a registrare una domanda molto sostenuta da inizio 2021 con previsione di un trend analogo anche per i prossimi 3/5 mesi. Ora, la domanda trainata da una maggiore attenzione delle famiglie alla casa, e quindi anche agli elettrodomestici, spiega una parte di questa domanda che continueremo a soddisfare. Sull’altro versante questo trend ha determinato una fortissima tensione sui prezzi delle materie prime con incrementi che hanno raggiunto anche il 100% nell’acciaio e il 90% del rame, e anche una carenza sia nelle materie prime che nei componenti elettronici».

Quelli che stanno fermando l’auto...
«Esattamente. Nidec ha internalizzato molte fasi della produzione e avendo uno stabilimento in Cina che produce i componenti elettronici per il gruppo, ha sofferto meno, ma non siamo esenti dalle difficoltà logistiche legate al congestionamento. Temo che la carenza di materiali frenerà l’elettrodomestico e prima o poi coinvolgerà anche noi».
Soluzioni a questa crisi?
«Difficili... In positivo, per quel che riguarda i materiali e alcuni componenti, c’è che i tempi di valutazione e approvazione di alternative si sono fortemente ridotti».

Proprio in considerazione a questa esperienza, secondo lei ricostituire le filiere in Europa, ha un senso?
«Per molti anni si è pensato alla Cina come “il” fornitore globale, ma non è mai stata una mia convinzione. Certo abbiamo operations in Cina, ma non solo in Cina, mentre i nostri concorrenti sono solo cinesi. Questo ci ha dato, e ci sta dando, un vantaggio competitivo e strategico, notevole, e questa è una delle ragioni per cui noi stiamo crescendo e altri no. Certamente dipendiamo da forniture di materie prime e componenti da quel Paese, ma stiamo cambiando strategia ricreando filiere al di fuori dalla Cina. La caccia al miglior prezzo, e solo al miglior prezzo, alla fine non paga e i danni creati alla supply chain si stanno rivelando enormi. Credo che il mondo cambierà, e non sarà facile perché quando distruggi un sistema industriale per anni, impensabile pensare di ricostruirlo in poco tempo, ma se ci sarà l’impegno di molti, forse ci riusciremo. Sapendo che dovremo essere competitivi quasi come i cinesi ma fuori dalla Cina. E’ una sfida che si può vincere. Nidec Global Appliance non è un gruppo cinese, è diventato il numero 1 sul mercato, e se ha raggiunto questi risultati vuol dire che ha capacità, costi adeguati, innovazione di prodotto, e riesce a competere con i cinesi».

Ultima domanda: fino ad ora l’Ue non ha consentito che nascessero player globali europei.
«E’ un fatto che ho vissuto sulla mia pelle, quindi lo so bene, ma mi pare che anche la Commissione abbia compreso come un certo tipo di politica abbia fortemente danneggiato l’industria europea. Se consenti l’accesso a chiunque senza definire regole eque per la competizione e non consenti di combattere ad armi pari, difficile vincere. Ora confido che la lezione sia stata compresa. Guardiamo al futuro con fiducia al futuro».
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