Per Calligaris ordini in crescita e si conferma nella top ten italiana dell'arredamento

L'imprenditore: "I mesi estivi sono stati particolarmente positivi. Beneficiamo della nuova idea di casa e di comfort affermatasi con il lockdown". E ora l'azienda punta alla Cina. Inaugurato il museo che racconta la storia di un'azienda, del territorio e del distretto della sedia

UDINE - La pandemia ha fatto riscoprire agli italiani e non solo a loro il valore della casa e dei suoi spazi.

A fine lockdown, il timore che avevano le imprese del sistema-mobile si sono sciolti come neve al sole. La temuta inchiodata non si è verificata e anzi, giugno, luglio e agosto sono stati mesi positivi.

«C’è stata un’importante entrata di ordini, che speriamo continui». Ad augurarselo è stato  Alessandro Calligaris, presidente dell’omonimo gruppo, inaugurando il 18 settembre a Manzano il museo dedicato alla storia della sua azienda e del distretto della sedia.

Un’occasione per guardarsi alle spalle, ma anche per spingere lo sguardo oltre domani. Anzitutto il contraccolpo, che c’è stato sì, ma positivo, a dispetto dei timori.

«Il fatto di essere rimasti chiusi in casa per tanto tempo - ha fatto eco a Calligaris il Ceo del gruppo, Stefano Rosa Uliana - ci ha fatto capire quanto importante sia l'ambiente casa».

Che torna ad essere vissuto alla stregua di un bene rifugio. Dove spendere oltre che rintanarsi.

«Quello che stiamo vedendo dopo il lockdown - ha aggiunto il manager - è proprio una riscoperta della casa, in termini di prodotti più accoglienti, che permettono di riorganizzare gli spazi per sfruttarli meglio. Noi stiamo cavalcando quest’onda, speriamo duri a lungo».

Nata nel 1923 dall’iniziativa di Antonio Calligaris, nonno di Alessandro, che nel suo piccolo laboratorio a Manzano produceva la sedia Marocca, frutto delle competenze complementari di uomini e donne, con i primi che si occupavano della parte in legno e le seconde di quella impagliata, oggi Calligaris è il cuore dell’omonimo gruppo, che conta altre tre imprese - Connubia, Ditre e Luceplan -.

Dà lavoro a circa 700 persone, di cui la metà occupate in Italia, e nel 2019 ha fatturato oltre 160 milioni di euro.

Dall’agosto 2018 è controllato dal fondo di private equity Alpha Group, che ha acquisito una quota di larga maggioranza e consentito di rafforzare ed accelerare il percorso di crescita del gruppo.

«Siamo una tra le prime 10 aziende italiane del sistema arredamento e, se consideriamo che il made in Italy rappresenta una quota determinante di questo sistema nel mondo, ciò significa che siamo una delle imprese primarie a livello globale» ha detto con orgoglio l'imprenditore friulano ricordando alcune delle scelte decisive per la crescita del gruppo: da un lato la fortissima internazionalizzazione, oggi Calligaris realizza sui mercati internazionali ben il 70% del suo giro d’affari, dall’altro le acquisizioni di importanti aziende del made in Italy, ultima delle quali Luceplan, l’impresa che ha regalato al mondo dell’illuminazione l’iconica lampada Costanza.

«Abbiamo anticipato i tempi - ha aggiunto il presidente -, aprendo nel 1998 una filiale negli Usa per distribuire i nostri prodotti sul mercato americano».

E oggi, quello a stelle e strisce è il primo mercato estero per Calligaris, seguito da Uk, Francia, Csi (Comunità degli Stati indipendenti) e Asia.

Il futuro? «L’anno prossimo - ha annunciato Rosa Uliana - vorremmo attaccare la Cina. Siamo convinto che all’estero si possa fare ancora di più».

Come sul fronte dell’innovazione. «Ora - conclude il Ceo - dobbiamo lavorare sulla trasformazione digitale, senza dimenticare la sostenibilità ambientale».

E naturalmente il design unico che ha reso grande Calligaris nel mondo. Lungo un secolo di storia. Da un prodotto all’altro. Come il tavolo aperto ieri dall'industriale a beneficio del presidente Fedriga, con un piano di ceramica allungabile, sottilissimo, un prodigio tecnico.

Eppure, a proposito di quale sia il suo prodotto preferito, il simbolo di questi primi 100 anni di attività aziendale, Calligaris non ha avuto dubbi.

Lasciato lo showroom, bello come le pagine patinate di una rivista d’arredamento, il padrone di casa è tornato al museo, alla sedia da cui tutto ha avuto inizio.

«Vuole un simbolo? Eccolo: la Marocca, il prodotto che ha dato alle famiglie della zona un lavoro e consentito a questo territorio di crescere in modo esponenziale».

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