Pietro Fiorentini avvia il laboratorio di test sull’idrogeno
Realizzata in circa 18 mesi, la nuova struttura del gruppo vicentino ospita un’area per la produzione, un locale per il miscelamento col gas naturale e il laboratorio per i test

Pietro Fiorentini ha inaugurato a ottobre nella sede di Arcugnano il nuovo laboratorio per la sperimentazione dei componenti per le reti dell’idrogeno. Realizzata in circa 18 mesi, la nuova struttura ospita un’area per la produzione di idrogeno, un locale per il blending col gas naturale e il laboratorio di testing sui materiali e i dispositivi tecnologici.
Il Gruppo vicentino è storicamente specializzato nei componenti e nei sistemi per il trattamento, il trasporto e la distribuzione fino all’utente finale del gas naturale, core business in oltre 100 Paesi. Ma da alcuni anni sta investendo in ricerca e sviluppo di soluzioni diversificate per la transizione energetica, anche attraverso acquisizioni societarie e partnership con aziende italiane e internazionali specializzate in tecnologie per energie rinnovabili e power-to-gas. In particolare nel campo adiacente dei gas rinnovabili che possono essere utilizzati come vettori energetici e immessi nelle reti di distribuzione: biometano, syngas, idrogeno. Un settore, quest’ultimo, in cui l’Italia dovrebbe investire 10 miliardi di euro entro il 2030.
Attualmente le infrastrutture esistenti per il gas naturale sono il destinatario più naturale per la distribuzione dell’idrogeno, miscelato con altri gas. Ma ci sono problematiche tecniche e di sicurezza e questioni regolatorie da definire. Ad oggi il limite di immissione di idrogeno nelle reti italiane è per legge il 2%, perché sotto questa soglia è accertato che non causa problemi alle infrastrutture e negli utilizzi finali. Alcuni esperti ritengono sia possibile elevarlo fino al 10%, ma servono ulteriori studi su tenuta, corrosività, odore, colore, regolazione e misurazione in termini di effetti su materiali, sistemi di allerta e contatori. Tutte aree di analisi su cui lavorerà il laboratorio di Pietro Fiorentini.
“Il viaggio che stiamo intraprendendo nel mondo dell’idrogeno è sicuramente affascinante e altrettanto sfidante”, commenta Cristiano Nardi, presidente esecutivo del Gruppo Fiorentini. “Abbiamo iniziato ad occuparci di idrogeno nel 2019, realizzando un contatore del gas utilizzabile con il 100% di H2 per un progetto in Gran Bretagna. Da lì abbiamo iniziato ad approfondire l’argomento, collaborando anche con il Politecnico di Milano per lo sviluppo di materiali e componenti in grado di gestire questo gas, che ha caratteristiche diverse dal metano. Il laboratorio che inauguriamo oggi è un asset fondamentale: un’area di test e anche un acceleratore per tutta la filiera”.

C’è poi l’impegno del Gruppo nel programma Sustainable Energy Venture: “Insieme a Intesa Sanpaolo la scorsa primavera abbiamo lanciato una call per selezionare start-up attive nella filiera delle tecnologie per l’H2. Ora ne abbiamo scelte 3 – dichiara Nardi – e valuteremo nel merito i dettagli delle loro proposte, con l’obiettivo di investire per dare il nostro contributo alla crescita di questo settore”. A cui si aggiunge il progetto con Hera per realizzare un impianto Power-To-Gas circolare a Bologna, che dal 2023 produrrà idrogeno rinnovabile da rifiuti utilizzato poi per generare biometano. Mentre la società controllata Hyter sta lavorando sullo sviluppo di innovativi elettrolizzatori Aemwe con membrane a scambio anionico.
Il piano nazionale idrogeno
Il settore dell’idrogeno sulla carta è promettente. Il Pnrr italiano ci ha stanziato 3,64 miliardi di euro: 0,5 per la produzione in aree ex-industriali, 2 per l'utilizzo nei settori hard-to-abate, 0,23 per il trasporto stradale, 0,3 per quello ferroviario, 0,16 più un ulteriore fondo da 0,45 per ricerca e sviluppo. Le Linee guida della Strategia Nazionale per l’Idrogeno fissano per il 2030 l’obiettivo del 2% circa di quota sulla domanda energetica e l’installazione di impianti di elettrolisi per circa 5 GW di capacità produttiva, con investimenti fino a 10 miliardi che dovrebbero generare 27 miliardi di PIL aggiuntivo, oltre 200mila posti di lavoro temporanei e 10mila posti fissi. E in termini di beneficio ambientale, un target di riduzione di 8 Mton di CO₂ equivalente.

Le criticità
Ma per un effettivo sviluppo, occorre rendere l’idrogeno economicamente e ambientalmente sostenibile. Cioè, da una parte trovare il modo di scalare i costi di produzione industriale: in natura l’elemento idrogeno è infatti presente soprattutto in combinazione con altri elementi tipo l’ossigeno nella molecola dell’acqua, i processi di separazione molecolare come l’elettrolisi sono costosi, e sulla distribuzione ci sono problematiche tecniche non indifferenti per le caratteristiche fisiche peculiari dell’idrogeno. Dall’altra, occorre svilupparne la produzione “green” cioè da fonti rinnovabili, o “blu” con la cattura e stoccaggio del carbonio. Mentre al 2020 il 99% dell’idrogeno utilizzato in processi industriali e come vettore energetico risultava essere ancora “marrone”, cioè prodotto da fonti fossili e quindi con relative emissioni di CO₂
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