Pioggia di premi per l’Amarone 2016 di Marilisa Allegrini, la signora del vino

È stata nominata Cavaliere del lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il suo Brunello è celebrato con il massimo dei voti dalle guide mondiali, in questi giorni festeggia i 20 anni di Poggio al Tesoro

Edoardo Bus
Marilisa Allegrini
Marilisa Allegrini

VERONA. Il suo Amarone 2016 è appena stato designato il più premiato d’Italia, avendo conquistato il massimo riconoscimento in cinque delle sei principali guide del nostro Paese, e così Marilisa Allegrini può sorridere parlando dei suoi progetti a Nordest Economia.

Ne ha fatta di strada questa signora del vino, tenace e coraggiosa, da quando nel 1983 – dopo la scomparsa del padre Giovanni – volò a New York per raccontare all’America le qualità del rosso veronese, ma anche il contesto storico e culturale che faceva (e fa) da culla al suo vino. Dopo queste prime affermazioni sono arrivati successi in serie, ma ci limiteremo ad elencare gli ultimi tre. È stata nominata Cavaliere del lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il suo Brunello – dell’azienda di proprietà San Polo – è celebrato con il massimo dei voti dalle guide mondiali, in questi giorni festeggia i 20 anni di Poggio al Tesoro, l’azienda di Bolgheri creata nel 2001 che si estende per circa 70 ettari.

Oggi sotto l’insegna Allegrini troviamo un gruppo consolidato di quattro Aziende distribuite tra il Veneto e la Toscana, per le quali il 2020 ha significato 33 milioni di fatturato (-10%), 3,5 milioni di bottiglie vendute, grazie alla produzione di circa 250 ettari di vigneto. Ma è a Fumane di Valpolicella che Allegrini trova radici: qui, nel 1854, venne avviata l’Azienda Agricola alla cui guida ancora si succedono le generazioni della Famiglia. È con Giovanni, però, che avviene la svolta, valorizzando le grandissime potenzialità enologiche e viticole della sua terra. «Papà – spiega Marilisa – negli anni 70 comprese che bisognava puntare tutto sulla qualità, su terreni di collina coltivati bene e su investimenti in grado di portarci un ritorno».

Nell’area della Valpolicella Classica si estendono per circa cento ettari le proprietà Allegrini: qui nascono cru di prestigio quali La Grola, Palazzo della Torre e La Poja, qui inizia il suo cammino nel mondo l’Amarone, principe dei rossi italiani, e ancora qui, a Fumane nel 2008, acquistano la cinquecentesca Villa Della Torre, gioiello architettonico del rinascimento italiano, oggi luogo di eventi culturali e cuore dell’ospitalità Allegrini.

A Fumane si trova anche la sede del Gruppo, che rimane interamente nelle mani della famiglia, che smentisce categoricamente le voci circolate di una parziale cessione a Riello Elettronica. Più o meno nello stesso periodo è arrivata l’acquisizione di San Polo, a Montalcino. «Abbiamo preso un’azienda già strutturata e l’abbiamo rivoltata come un calzino – racconta la signora Allegrini – ottenendo una netta crescita qualitativa. Mi sono innamorata del vitigno Sangiovese e dal 2015 proponiamo anche un protocollo bio». E invece Bolgheri? «È stata un’avventura in una terra baciata dalla natura, che ci ha consentito di creare il progetto “Poggio al Tesoro” che è insieme creativo, geografico e geologico. Qui tutto è diverso rispetto alla Valpolicella, per clima, struttura e aspetti organolettici». Villa della Torre ripartirà con i suoi eventi? «Confidiamo – dice – che arrivi presto la fine della pandemia e torni ad essere il luogo in cui l’Amarone si presenta in pubblico al meglio delle sue potenzialità. Qui sono venuti in visita personaggi come Jack Ma, Sting, l’ultimo Premio Nobel per la medicina, la sorella del presidente Biden...».

Verona e la Fondazione Arena (dove siede nel Consiglio di Indirizzo)? «Verona ha perso qualche colpo ultimamente, ma ha tutti i presupposti, imprenditoriali, artistici e culturali per tornare protagonista, anche grazie alla generosità del suo popolo. Quanto alla Fondazione dico che la stagione lirica, con l’indotto che porta, va sostenuta a tutti i livelli, perché per Verona non avere il Festival sarebbe un’apocalisse».

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