Pro-Gest, ristrutturazione in salita: niente cedole e il risanatore se ne va

Il gruppo trevigiano non onora gli impegni sulle obbligazioni da 200 milioni delle proprie controllate e sostituisce il manager dimissionario Sergio Iasi, arrivato a fine febbraio, con Angelo Rodolfi
Fabio Poloni

Pro-Gest non paga gli interessi neppure sui prestiti obbligazionari da 200 milioni di euro complessivi delle proprie controllate. Dopo l’annuncio dello scorso 21 giugno, quando il gruppo cartario di Istrana (Treviso) ha comunicato che «al fine di preservare la liquidità» gli interessi al 3,25% maturati sulle proprie obbligazioni senior da 250 milioni di euro non sarebbero stati corrisposti, nelle scorse ore la società della famiglia Zago ha comunicato al mercato il medesimo congelamento anche per altri tre prestiti obbligazionari emessi dalle proprie controllate. Nello specifico, si tratta di obbligazioni per 90 milioni di euro emesse da Cartiere Villa Lagarina Spa, da 35 milioni per Tolentino Spa e da 75 milioni di euro, infine, per Cartitalia Spa. Gli interessi maturati al 30 giugno, insomma, non arriveranno ai creditori.

La ristrutturazione

Rubinetti chiusi e drastico piano di ristrutturazione del debito: questa la strada intrapresa dal gruppo trevigiano per raddrizzare una situazione finanziaria in forte tensione. Nella nota che accompagna la comunicazione del mancato pagamento degli interessi sui bond delle controllate, Pro-Gest fa sapere che «l’ing. Angelo Rodolfi, nominato dal consiglio di amministrazione in data 5 luglio scorso quale Chief restructuring officer), sta supportando Pro-Gest nell’ambito del processo di turnaround e di rilancio del gruppo, e in tale contesto sta portando avanti il dialogo con i principali creditori finanziari con l’obiettivo di addivenire quanto prima alla formulazione di una proposta ai medesimi.

Pro-Gest fornirà ulteriori aggiornamenti al mercato in merito a quanto sopra, alle discussioni in corso con i principali creditori finanziari del Gruppo e alla relativa tempistica, non appena avrà ulteriori informazioni da comunicare». Dal quartier generale di Istrana nessun altro commento. Neppure l’avvicendamento del ristrutturatore (Sergio Iasi, nominato Chief restructuring officer a fine febbraio, si è dimesso pochi giorni prima della nomina di Rodolfi ufficializzata il 5 luglio) è stata commentata dalla società.

Lenta ripartenza

«Da inizio anno – ha spiegato nei giorni scorsi l’amministratore delegato Francesco Zago – tutte le business units stanno lavorando con un trend positivo rispetto allo stesso periodo del 2023 e tutti gli stabilimenti stanno producendo regolarmente con un portafoglio ordini in lenta ripresa».

«Nel mese di giugno 2024 – viene ribadito nella nota emessa nelle scorse ore – si registra un fatturato totale oltre il 10% superiore rispetto al business plan, con un fatturato progressivo in crescita del 4% rispetto alle previsioni nel primo semestre».

Strada in salita, e il cambio del ristrutturatore del debito potrebbe essere letto come segnale di difficoltà e discrepanza di vedute in merito alle misure drastiche da mettere in atto. Iasi a febbraio era arrivato con il mandato di eseguire in pochi mesi una ricognizione societaria per poi varare un piano industriale credibile e sostenibile, puntando proprio innanzitutto a ridurre sensibilmente il debito, che impedisce di trovare nuove risorse per gli investimenti e il rilancio.

Le agenzie di rating

La crisi del gruppo è tutta qui, vidimata anche dalle agenzie come Standard & Poor’s e Moody’s che hanno abbassato nelle scorse settimane i propri rating e gli outlook. Ci sono di sicuro dismissioni da fare, per il gruppo di Istrana, anche di asset non strumentali all’azienda. Il problema, almeno per il momento, non dovrebbe interessare il personale. Nelle casse di Pro-Gest a fine giugno c’era liquidità inferiore ai 20 milioni di euro. L’ultimo bilancio pubblicato, relativo ai primi nove mesi del 2023, mostrava una perdita di 20,4 milioni di euro (contro un utile di 22 milioni nello stesso periodo dell’anno precedente), ricavi in calo di oltre il 36 per cento, scesi a 379,6 milioni, e un indebitamento finanziario netto salito a 550 milioni di euro. —

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