Scarseggia il legno da riciclo, Fantoni chiude un impianto per 6 giorni

Da lunedì si ferma per 6 giorni la produzione di pannelli in truciolare all’interno della fabbrica di Osoppo a causa del difficile approvvigionamento di legno da riciclo, degli alti costi e dell’irreperibilità dell’urea e della fiammata dell’energia

Maura Delle Case
Paolo Fantoni
Paolo Fantoni

OSOPPO. La difficoltà di reperimento della materia prima costringe la Fantoni a un nuovo stop. Dopo i 4 giorni di fermo a marzo, l’impianto per la produzione di pannelli in truciolare si ferma ancora, per altri 6 giorni. La causa va ricercata nella difficoltà di approvvigionamento di legno da riciclo che l’azienda di Osoppo, al pari dei suoi concorrenti, concentrati tra Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, ha ormai da alcuni mesi.

Complice lo stop alle esportazioni di legno da riciclo in Francia e Svizzera (che lo usano internamente per creare calore) e del rastrellamento di quote crescenti di legno da riciclo da parte dell’Austria che lo usa come combustibile.

Il mix ha portato a una scarsità di materia prima, costringendo Fantoni a correre ai ripari. «Abbiamo fermato le linee del pannello truciolare per 4 giorni a marzo e lo rifacciamo per ulteriori 6 giorni da lunedì - fa sapere il presidente del gruppo Paolo -, mentre proseguono a lavorare le linee di Mdf, alimentate da legno vergine».

Oltre alle difficoltà di approvvigionamento, sul legno da riciclo pesano anche gli importanti costi di trasporto che ipotecano la sostenibilità economica delle produzioni limitando l’area geografica all’interno della quale garantirsi le forniture.

Fondamentale, in questo senso, il contributo del Conai (raccolto dai produttori di imballaggi e poi usato a favore delle imprese che utilizzano il legno riciclato). Quello della sostenibilità economica oggi è però solo una parte del problema, prima ancora c’è quella legata al reperimento della materia prima, dal legno di riciclo all’urea che serve a produrre la colla che a sua volta è un derivato del gas e dunque ha subito fluttuazioni molto elevate.

«L’urea – spiega Fantoni – è il primo elemento di produzione della colla e ha avuto un aumento di prezzo esponenziale. Dai 230 euro di gennaio 2021 siamo passati ai 1.300 euro a tonnellata di oggi». Vette di prezzo mai toccate prima, che tuttavia non sono bastate ai produttori per garantire l’attività.

A monte, gli impianti che producono urea – in particolare quelli croato e ravennate dai quali si rifornisce Fantoni – hanno deciso di sospendere la produzione per i rincari del gas, arrivati fino al +800%. «Costi così tanto incidenti – spiega l’imprenditore – che questi impianti hanno chiuso, salvo poi riaprire, nel caso croato, su richiesta del governo perché l’urea è fondamentale anche per i fertilizzanti usati in agricoltura e per l’additivo AdBlue per i motori alimentati a gasolio». Andate in fumo le tradizionali filiere di approvvigionamento, Fantoni ha dovuto guardarsi intorno e aprire nuovi canali. Oggi si fa arrivare l’urea da Egitto e Uzbekistan.

Alla difficoltà di reperimento del legno da riciclo e agli alti costi di energia e di alcuni componenti essenziali alla produzione dei pannelli, fa da contraltare un mercato ancora ottimo. L’onda lunga dei consumi legati alla riscoperta della casa innescata dal Covid continua. «Da un anno e mezzo a questa parte - conclude l’imprenditore - la domanda è forte. L’industria del mobile ha chiuso il 2021 con ricavi in crescita del 18% sul 2019». 

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