Sei felice? Humandive lancia il test per misurare la felicità
La società friulana fondata da Matteo Rizzato e Carlo Sam mette a disposizione di persone e aziende il risultato di anni di ricerca orientata a capire che cosa sia, e come misurare, la felicità.

Humandive è un progetto nato circa 8 anni fa dall’incontro tra Matteo Rizzato e Carlo Sam. In verità si è trattato di un re-incontro, visto che i due, trent’anni prima, erano stati compagni d’asilo. Riflettendo insieme su temi importanti legati al concetto di successo personale si sono trovati d’accordo che la felicità fosse il bene più prezioso a cui le persone possono aspirare. E da lì è nata l’idea, del tutto ambiziosa, di creare un sistema per poterla misurare in modo oggettivo, con il sogno di poter alzare il livello di felicità di tutti.
Qui il link dove effettuare il test: https://www.humandive.com/
Matteo Rizzato è un ricercatore da più di 10 anni nel campo delle neuroscienze e della psicologia comportamentale e Carlo Sam ha una lunga esperienza di dirigente nel settore del marketing. Dopo anni di appassionanti ricerche finalmente il progetto è sfociato in una pubblicazione scientifica che ha validato uno strumento psicometrico che misura la felicità umana e fornisce anche le aree sulle quali poterla migliorare. Dall’inizio del progetto Humandive si è creato un team tutto italiano composto da medici ricercatori, neuroscienziati e psicologi provenienti da diverse università e strutture, che hanno dall’inizio contribuito allo sviluppo dello strumento per la misurazione della felicità.

Matteo, la domanda più difficile: che cos’è la felicità? Davvero la possiamo definire?
«La felicità viene spesso confusa con la gioia, e quindi si pensa che un cibo succulento, oppure l’acquisto di un bene materiale tanto desiderato, o una bella vacanza, possano darci felicità. Questi sono episodi che generano gioia, contentezza, e quell’emozione è per sua natura transitoria. La felicità è invece una condizione che si verifica al raggiungimento della soddisfazione in più aree della nostra vita. E’ un concetto che tende ad essere più stabile di una mera emozione perché riguarda la realizzazione di più aree della vita, e serve intervenire con cura e dedizione per costruirla. La felicità si costruisce giorno per giorno e spesso con fatica: il nostro obiettivo era dare a tutti la possibilità di fotografarla, misurandola in modo oggettivo, e successivamente dare a tutti la consapevolezza di come aumentarla. Attualmente possiamo dire di essere riusciti a ottenere questo primo obiettivo».

Perché un test sulla felicità?
«Perché è il modo più efficace, con le odierne conoscenze scientifiche, per poterla misurare. Esistono già molti test che la misurano, ma volevamo crearne uno che restituisse, oltre alla misurazione percentuale, anche la definizione delle aree sulle quali intervenire per poterla aumentare: questo è stato il lavoro più complesso, e per ottenerlo abbiamo lavorato su centinaia di casi e sulla formulazione delle domande più efficaci. Ora sappiamo che per conoscere i motivi che ci portano ad essere più o meno felici, basta rispondere a 14 domande».
E’ avvertita oggi dalle aziende la necessità di trattenere i talenti lavorando anche sul benessere? In che modo?
«È un tema centrale del lavoro del futuro. Osserviamo che molti giovani sono meno attratti dal concetto di “posto fisso” e sempre più interessati ad investire al meglio il loro tempo, passando gradualmente da un concetto di lavoro ad uno di professione. E’ chiaro che è un processo lento, serviranno anni, soprattutto affinché le Istituzioni se ne accorgano e inizino a pensare di reagire a questo fenomeno con interventi che favoriscano lo sviluppo di competenze, soprattutto umane, sempre più evolute. Le aziende che investono sul benessere delle risorse umane sono sempre più attraenti per le migliori professionalità: un fenomeno che notiamo sempre di più è che sono i professionisti a scegliere le aziende alle quali proporsi, e meno viceversa. Siamo tradizionalmente abituati a vedere i candidati darsi da fare per proporsi al meglio alle aziende: ora si notano le prime aziende che puntano ad essere un luogo dove si lavora bene, si vive bene e ci si relaziona in modo efficace perché sanno che così attrarranno le migliori professionalità. Pensiamo che le aziende del futuro offriranno, oltre alla possibilità di svolgere un lavoro, anche un certo livello di felicità nell’ambiente lavorativo. Le aziende investono ancora troppo poco in formazione, se non in quella obbligatoria, e nel mercato della formazione l’offerta è spesso disorganizzata o improvvisata. Abbiamo già progettato strumenti di misurazione della felicità mirati per le esigenze aziendali, così da offrire una formazione specifica che mira all’aumento generalizzato della felicità delle risorse umane. Ogni azienda può così compiere delle scelte e delle decisioni mirate al benessere dei lavoratori: e così le istituzioni, le scelte amministrative e politiche potrebbero essere valutate a seconda della ricaduta nell’aumento della felicità di cittadini e popolazione».

Si è detto molto del fenomeno delle “grandi dimissioni” esploso dopo la pandemia, che ha a che fare con un nuovo – o semplicemente riscoperto – modo di intendere la vita? Della serie, uno stipendio adeguato è ovviamente molto importante ma conta anche altro?
«E’ esattamente così. Le persone sono probabilmente più attente al loro benessere, come se la pandemia avesse in qualche modo tolto molti automatismi e generato una nuova consapevolezza. Staremo a vedere se il futuro sarà concepito per crescere anche da un punto di vista qualitativo oltre che solo quantitativo. Noi ci crediamo, e faremo la nostra parte».
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