Siot: 4 centrali di cogenerazione in Fvg. «Impatto ridotto e meno consumi»

È uno dei termini che abbiamo imparato a conoscere in questi anni in cui, la transizione energetica, è diventato uno degli obiettivi primari: cogenerazione. E che cos’è? È una delle modalità con cui diventa possibile abbattere le emissioni in atmosfera e ridurre l’utilizzo della rete elettrica e la spesa per energia elettrica e termica. Nel piano industriale di Siot, la Società italiana per l’oleodotto transalpino, sede legale a Trieste, di impianti di cogenerazione ce ne sono in programma 4: a San Dorligo della Valle, a Reana, a Cavazzo Carnico e a Paluzza. Quattro impianti con le stesse ambizioni, ma anche gli stessi ostacoli: la contrarietà di parte delle comunità locali per timori di emissioni, danni ambientali, impatto paesaggistico. Abbiamo chiesto al presidente di Siot Alessio Lilli di spiegarci i progetti.
Presidente, esattamente di che cosa stiamo parlando?
«Della realizzazione di impianti di cogenerazione ad alta efficienza che permetteranno a Siot di ridurre l’acquisto di energia elettrica dalla rete di Terna e di gestire il trasporto di greggio attraverso la condotta in modo più efficace ed efficiente attraverso il riscaldamento del greggio per renderlo più fluido, in questo modo aumenterà la quantità di materia trasportata utilizzando meno energia».

Perché la cogenerazione?
«Ricorrere a sistemi di produzione di energia a più alta efficienza utilizzando le rinnovabili, è uno dei pilastri della transizione energetica voluta dalla Ue condivisa dai governi italiani che ci chiedono di ridurre l’impatto ambientale, l’inquinamento e le emissioni. Negli ultimi 10/15 anni in Italia l’abbattimento delle emissioni di CO2 è avvenuto seguendo due direttrici: gli investimenti nelle rinnovabili, fotovoltaico in primis, e nell’utilizzo del gas al posto del carbone nelle centrali elettriche. La guerra in Ucraina lo scorso anno ha impattato su questo percorso, tanto che in Fvg una centrale a gas è stata riattivata a carbone, ma l’obiettivo finale non cambia. Siot prosegue nella direzione e optando per efficientare i consumi e ridurre la CO2 delle proprie attività».
Questo perché il cogeneratore sarà alimentato...
«A biometano, non appena disponibile. E quando ciò avverrà avremo chiuso a zero il circolo della CO2».
Saranno impianti impattanti?
«Assolutamente no, né da punto di vista paesaggistico - parliamo di una struttura delle dimensioni di un container e di un camino di 15 metri, né ambientale, inseriti in contesti industriali, che si affiancano a progetti di riforestazione non prescritti ma volontari».

Il camino emetterà fumi?
«Quando lei accende il gas sotto la moka del caffè le si riempie la cucina di fumo? Ovviamente no, quindi non ci saranno fumi dal camino».
Saranno i primi?
«No, in Friuli Venezia Giulia ci sono decine e decine di impianti di cogenerazione, nessuno dei quali devo dire, ha sollecitato l’attenzione che viene riservata a noi».
Siot appartiene a un settore, l’oil&gas, che è parte del problema ambientale. Magari venite percepiti come una sorta di “servitù” che deve risarcire il territorio.
«Preferisco pensare che siamo parte di una soluzione piuttosto che un problema. E no, un’azienda che produce, che crea ricchezza e posti di lavoro, non può essere considerata una servitù. Un’azienda è parte di una comunità e impianti come quelli che stiamo progettando, possono rappresentare un beneficio per le comunità, penso alla creazione di comunità energetiche con il vantaggio in termini di minori costi dell’energia per chi ne fa parte, della possibilità di erogare energia termina per il riscaldamento. Se ci sarà l’occasione di spiegare il progetto alle comunità, sarà evidente l’assenza di rischi ambientali e i vantaggi per la collettività».
Si vocifera di guadagni notevoli da questi interventi.
«Di voci ne ho sentite tante. Se riusciremo a ridurre del 5% i costi energetici sarebbe un bel risultato».
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