Sylvie Goulard: «L’Ue non deve piegarsi. Bene il piano tedesco»
L’analisi della docente alla Sda bocconi e già ministro della Difesa in Francia: «Restare fermi in attesa di un dialogo può apparire come un atteggiamento di sottomissione»

«L’ipotesi che si fa strada è che per Donald Trump la priorità sia la Cina, quello che succede in Europa per lui è secondario. Dobbiamo constatare che noi europei oggi siamo meri osservatori del gioco tra Cina e Stati Uniti. Non siamo in partita. Tutto ciò perché sui dazi non abbiamo un piano d’azione chiaro, come Unione Europea». Sylvie Goulard, docente alla Sda Bocconi, eurodeputata dal 2009 al 2017, ministro delle Forze Armate del governo francese e vice governatrice della Banque de France dal 2018 al 2022, ha affrontato il tema nel libro “Grande da morire. Come evitare l’esplosione dell’Europa” (il Mulino).
Professoressa, qual è il nodo da sciogliere, per giocare bene la partita dei dazi?
«Dobbiamo tornare ad essere protagonisti come squadra europea. Sapevamo da mesi che Trump avrebbe imposto pesanti dazi, lo ha annunciato in campagna elettorale, eppure non abbiamo definito una linea comune, non c’è un rappresentante unico con un mandato per andare a Washington in nome e per conto dell’Unione Europea. Dovrebbe essere Ursula von der Leyen. Mentre la competenza in tema di difesa è nazionale, quella sui dazi è una delle competenze esclusive dell’Unione Europea. Fare un accordo con gli Stati Uniti sui dazi, diverso per ogni Stato, sarebbe contrario al trattato».
Giorgia Meloni si sta preparando all’incontro in programma il 17 aprile alla Casa Bianca. Cosa ne pensa?
«Non voglio polemizzare con la premier italiana. Anche il presidente finlandese è andato a giocare a golf con Trump. Ma se i Capi di Stato vanno da soli, in ordine sparso, non porteremo a casa un risultato utile. Se gli Stati membri si dividono, andando in missione separatamente, è perché abbiamo perso di vista il centro della questione. Dovremmo guardare al mercato unico europeo, non ai singoli interessi nazionali».
È giusto difendere il Made in Italy o il Made in Ue?
«Tra i paesi dell’Ue dev’esserci solidarietà, il nostro terreno di gioco è l’Europa. Il problema è che gli Stati membri hanno voluto sempre avere i vantaggi dell’essere uniti, ma anche quelli di essere indipendenti, dimenticando per esempio che i fondi del Pnrr arrivano dall’Europa. È una contraddizione. Dobbiamo ancora sviluppare il senso di appartenenza all’Unione, solo così faremo i nostri interessi».
Sui mercati internazionali regna l’incertezza. Cosa dobbiamo aspettarci?
«L’incertezza nuoce all’economia, che ha bisogno di stabilità, altrimenti si fermano gli investimenti. Tutti i movimenti caotici a cui stiamo assistendo non sono positivi. C’è un rischio di recessione e d’inflazione. Per fortuna abbiamo l’euro che dà stabilità nel mercato europeo. La Germania, che è molto colpita dai dazi per gli alti volumi di export, si sta muovendo nella direzione giusta. I tedeschi hanno capito che devono puntare su un altro business model e hanno programmato tanti investimenti per il riarmo e la modernizzazione del Paese, dalle infrastrutture ferroviarie alla ricerca. Gli Stati Uniti hanno dato più segnali di allontanamento dall’Ue. Servono nuovi modelli organizzativi, meno nazionalismo, più gioco di squadra europea».
Secondo Emmanuel Macron l’Europa deve continuare a lavorare su tutte le contromisure necessarie e mobilitare tutte le leve disponibili per proteggersi. Come valuta la linea della Francia?
«In passato ci sono già stati scontri sui dazi e l’Unione ha sempre risposto con contromisure. La nostra bilancia commerciale verso gli Usa produce un surplus, ma se guardiamo anche ai servizi digitali e finanziari gli americani esportano molto e la bilancia è a loro vantaggio. Perché accettare una lettura sbilanciata dei rapporti? Non capisco perché non dobbiamo rispondere con contromisure ai dazi, è quello che abbiamo sempre fatto da decenni. Mi piace citare il proverbio italiano: “Chi pecora si fa, il lupo se lo mangia”».
Il dialogo non può portare frutti, secondo lei?
«Siamo di fronte a persone dure e brutali, che prendono decisioni mettendo a rischio la stabilità del mondo, i posti di lavoro di tante persone. Non abbiamo iniziato noi questo gioco. Restare fermi in attesa di un dialogo può apparire come un atteggiamento di sottomissione. Io guardo ai fatti, gli Stati Uniti hanno già votato contro gli alleati europei, opponendosi alla risoluzione che condannava l’invasione russa. Sui dazi Trump avrebbe potuto organizzare una conferenza internazionale, ma ha preferito prendere una decisione unilaterale. Con lo spoils system ha fatto fuori quasi tutti i dirigenti dell’amministrazione abituati a trattare. Le trattative si possono fare tra partner, quando c’è rispetto dell’altra parte. E non voglio citare le volgari espressioni di Trump nei nostri confronti».
Riproduzione riservata © il Nord Est