Top500 Pordenone, pil in caduta del 9,4 per cento: la ripresa guidata dalle catene del valore
PORDENONE. Un crollo del Pil stimato a -9,3%, peggio del -8,9% nazionale, con una contrazione addirittura maggiore per Udine e Pordenone, rispettivamente -9,6% e -9,4%, piuttosto che a Trieste, -8,4%, ma con prospettive di recupero marcate nel corso del 2021, trainate da un’area pordenonese che appare più pronta a reagire nell’agganciare il vento della ripartenza (al link gli eventi).
È a questi temi, la crisi da pandemia del 2020, le modalità con cui le imprese del Fvg hanno saputo affrontarla, i punti di forza delle imprese del territorio, le strategie per imboccare la strada della ripresa, che è dedicato Top500, imprese controvento, lo speciale di Nordest economia in edicola il 30 aprile con il Messaggero Veneto, con l’analisi delle prime 500 imprese della regione, al centro dell’evento in livestreeming di ieri, dal Teatro Verdi di Pordenone e domani, 29 aprile, da Palazzo Torriani a Udine, organizzato da Nordest economia, hub di Gedi gruppo editoriale, in collaborazione con le Confindustrie del Nordest, la Fondazione Nord Est e in partnership con Pwc.
Ed è proprio l’analisi dei dati di Prometeia e Pwc che hanno messo in rilievo la profondità della caduta dell’economia regionale in quello che è stato ribattezzato l’annus horribilis del Covid, dalla produzione industriale alle esportazioni, delineando le direttrici su cui puntare per risalire. Investimenti in sostenibilità, in infrastrutture, e su questo fronte le risorse del piano Nex Generation Eu rappresentano «l’occasione per recuperare il gap infrastrutturale e logistico di cui il Paese soffre», rilevano da Pwc, anche per consentire alle imprese di affacciarsi sui mercati internazionali. L’export è una leva importante per il Fvg, ma da sola non sarà sufficiente: servirà anche una ripresa dei consumi interni. E servirà investire in formazione, soprattutto dei giovani.
Un’altra sfida l’ha indicata Gianluca Toschi, Fondazione Nord Est, che ha richiamato il Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat, nel quale è stata realizzata «una mappa della solidità e resilienza strutturale delle imprese italiane classificandole in quattro categorie: a rischio strutturale, ovvero aziende che, esposte ad una crisi esogena, subirebbero conseguenze tali da metterne a repentaglio l’operatività; fragili, ovvero unità produttive che nelle stesse condizioni, pur non evidenziando un rischio operativo immediato, risulterebbero particolarmente colpite dalla crisi; resistenti, imprese che mostrano elementi di vulnerabilità ma sarebbero in grado di reagire limitando la propria esposizione alla crisi; e solide, ovvero unità produttive che appaiono in grado di reagire in maniera strutturata e la cui operatività risulterebbe influenzata solo in maniera marginale».
Declinando questa classificazione sul tessuto produttivo della provincia di Pordenone, caratterizzato da alcune specificità come i prodotti in metallo, la meccanica, i mobili, il commercio all’ingrosso, il settore in cui è più forte la presenza di imprese a rischio è quello del mobile: una su tre. Analizzando la dimensione delle imprese più esposte, emerge che si tratta di piccole imprese, fino a 10 addetti.
La via d’uscita, dunque, è quella della crescita dimensionale, anche attraverso operazioni di fusione, acquisizione, aggregazione. Non solo per salvare le imprese a rischio, ma per proteggere il sistema produttivo. Perché se pure è vero che le micro imprese sembrano essere quelle più esposte, soprattutto nel settore del mobile, rappresentano fondamentali reti di fornitura per le aziende più grandi. Anch’esse, spesso, aziende del territorio. E anch’esse, spesso, produttrici di beni intermedi.
«Quale può essere la chiave del successo?», è stata la domanda di Toschi. E la risposta, apparentemente semplice, è «far diventare queste imprese indispensabili nella catena di valore». Magari approfittando della fragilità, emersa con prepotenza in seguito alla pandemia, proprio delle catene di subfornitura, o meglio, dell’aver individuato altrove, rispetto al proprio territorio, i fornitori, salvo scoprire che il blocco di un mercato determina lo stop dell’intera produzione.
Oggi che si discute della regionalizzazione della catena di valore, che si riparla di reshoring, che si progetta di riportare in Europa produzioni affidate alla Cina o al Far East, «questa è una opportunità da cogliere» anche e soprattutto in settori strategici per il Fvg, come quello della meccanica. —
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