Top500 Venezia: patrimonio ed esposizione contenuta difese contro lo stress test del secolo

Bilanci 2019 delle Top 500: numeri che fanno sperare, le aziende più performanti possono superare la tempesta Covid

VENEZIA. Non fosse stato il contesto economico mondiale, e quindi anche territoriale, travolto dalla pandemia, avremmo dedicato queste note esclusivamente al commento dei risultati ottenuti nel 2019 dalle prime 500 imprese per fatturato della provincia di Venezia.

Avremmo descritto un’annata positiva, con ricavi attestatisi a 23,7 miliardi, in crescita del 7% a livello aggregato, dato trainato da un 63% delle imprese con fatturato in crescita; avremmo annotato come più della metà delle imprese abbia registrato una crescita anche nel risultato della gestione operativa e come più di otto imprese su dieci abbiano presentato un bilancio in utile, confermando il trend del 2018.

Ciò che emergeva, quindi, dall’analisi dei bilanci del 2019 era la fotografia di un territorio che continuava a finanziarsi (l’indebitamento netto delle Top 500 aumentava, infatti, del 15% portandosi a 4,2 miliardi di euro) per consolidare la crescita del turnover ed accaparrarsi quote di mercato, migliorando mediamente anche i margini operativi (Ebitda in aumento del 12,8%, raggiungendo i 2,4 miliardi di euro, con un valore medio del margine in rapporto ai ricavi pari al 10,1%, in miglioramento di mezzo punto percentuale rispetto all’anno precedente).

Pur essendo i principali indicatori reddituali in tendenziale decremento, essi continuavano ad assicurare un effetto leva positivo. Il Roa, infatti (risultato operativo rispetto all’attivo), si attestava al 3,8% (4,4% nel 2018) ed il Roe (risultato netto rispetto al patrimonio netto) al 5,2% (8% nel 2018), garantendo comunque una sufficiente remunerazione del capitale di rischio in un contesto di tassi di mercato decrescenti ai minimi storici.

A fine 2019 le Top 500 veneziane mostravano un patrimonio netto aggregato di 9,1 miliardi di euro, altresì in aumento rispetto al 2018 (+2,5%) e nel 40% dei casi le aziende presentavano una posizione finanziaria netta creditoria. Tra quelle con posizione finanziaria a debito, il rapporto tra Pfn ed Ebitda risultava sostanzialmente stabile rispetto al 2018 (livello di 2,8) e considerabile ancora “sotto controllo”.

L’analisi settoriale confermava la leadership assoluta del commercio al dettaglio con un fatturato aggregato di 5,7 miliardi di euro, in crescita del 10,4% sul 2018 e con un margine operativo sulle vendite dell’8,7%. Seguivano piuttosto distanziati il settore dell’agricoltura e dell’alimentare, con un fatturato aggregato di 1,8 miliardi di euro (+2,5% sul 2018 e margini operativi dell’11,2%), e il settore dell’automotive e trasporti, con 1,5 miliardi di euro e margini operativi del 20,4%).

In quarta posizione si attestava il settore della metallurgia e dei prodotti in metallo, con un fatturato di 0,9 miliardi (+2,7% sul 2018 e margini operativi del 4,4%) e infine il settore della calzatura, tessile e abbigliamento, con un fatturato di 0,6 miliardi (+7,5% sul 2018 e margini operativi del 11,1%).

Guardare oggi, però, i dati degli ultimi bilanci disponibili ed analizzarli sembra ormai un esercizio di archeologia, tanto lontano e diverso il 2019 dal contesto attuale. Quello che sappiamo già del 2020, è che il Pil della Provincia di Venezia si stima in calo del 9,8% con un impatto tuttavia molto differenziato della pandemia a livello settoriale.

Le imprese maggiormente afflitte sono state quelle che operano nel comparto del turismo, che più caratterizza il tessuto produttivo della Provincia e per cui è stimato un fatturato in calo del 40,6%, seguito nel rallentamento dalla moda (-25,7%) e dalla logistica (-16,5%). Meno colpiti risulterebbero gli altri settori. Tali previsioni si rifletteranno inevitabilmente sui bilanci del 2020.

Ciò nonostante, il livello di patrimonializzazione e l’indebitamento mediamente contenuto si ritiene possano aver ragionevolmente consentito alle aziende più performanti del territorio di affrontare lo stress finanziario del terribile anno 2020, tanto da poter anche guardare al futuro con rinnovato ottimismo, ripartendo ad investire nelle vere priorità del 2021, che si ritiene possano segnatamente essere individuabili negli ambiti della digitalizzazione, della sostenibilità e della transizione energetica.—

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