Veronafiere, fare massa critica in Veneto per sedersi al tavolo con Bologna e Rimini
PADOVA. Costruire una piattaforma fieristica veneta capace di giocarsela nel risiko delle alleanze necessarie per "restare in piedi" nel post Covid. Il progetto sarebbe questo e non prevede possibili fughe in avanti. A meno del rischio di perdere l'ultima fiera di dimensione nazionale e con un portafoglio di manifestazioni di dimensione mondiali: Vinitaly, Marmomac, Fiera Cavalli.
Il soggetto è chiaramente Veronafiere, l'architetto del progetto potrebbe essere la Regione Veneto. Chiunque vinca la tornata elettorale, questo è uno dei dossier su cui il giorno dopo sarà necessario esercitarsi. Il sistema fieristico è in grave sofferenza e questo si riverbera anche sul piano della capacità di export delle imprese, poiché è noto che nelle piattaforme fieristiche passa il 50-60% dell'export delle pmi italiane. Quindi quello di una grande fiera veneta è un disegno politico, che però è pure architrave di una strategia di sviluppo industriale per l'intero Veneto.
Un piano di cui nessuno ha fatto segreto, anzi Roberto Marcato, in uno dei suoi ultimi atti da assessore regionale allo Sviluppo Economico nella Giunta Zaia in scadenza di mandato, aveva rilanciato proprio l'ipotesi di apertura di confronto per la creazione di un Ente fieristico regionale. Razionalizzare il sistema delle fiere è una necessità resa ancor più stringente dalla crisi dovuta al Covid.
E accelerata dal risiko innescato dai negoziati per il matrimonio sull'asse Vicenza-Rimini-Bologna. Nel momento in cui Italian Exhibition Group, il gruppo espositivo quotato nato dalla fusione delle fiere di Vicenza e Rimini, ha iniziato ad esplorare la possibilità di fondersi con Fiera di Bologna la questione di quale sarebbe stato il ruolo di Verona è stata immediata.
Si sa che l'ultima grande fiera veneta a capitale veneto non potrà restare ad attendere la composizione delle nuove alleanze. L'interesse su Padova muoveva dalla volontà di rafforzarsi ed evitare di trovarsi concorrenti extra-regionali sempre più vicini. Verona aveva scelto di procedere con la manifestazione di interesse per poter accedere alla dataroom e vedere i numeri.
Tuttavia l'acquisizione della gestione della Fiera e del Centro Congressi patavina, alle condizioni proposte (un affitto di 9 milioni di euro), per di più in epoca post-Covid, è stato considerato dai veronesi anti-economica. Troppe le incognite all'orizzonte, ed eccessivo il peso della caduta dei ricavi che a fine anno per il settore peserà, secondo diverse stime, attorno al -60%.
Però gli scaligeri stanno ragionando su un nuovo piano, su alleanze e sull'aumento di capitale per avere le risorse in grado di sostenere il post emergenza sanitaria e lo sviluppo futuro. La ricapitalizzazione da 30 milioni, secondo le ultime dichiarazioni del presidente Maurizio Danese, dovrebbe farsi entro fine anno. Secondo fonti Cariverona, che con il suo 24% è il secondo azionista della Fiera, sarebbe disponibile, ma con una pregiudiziale molto stringente: un piano volto allo sviluppo e con l'assicurazione che nel disegno ci sia spazio ad alleanze. Potrebbe addirittura anche alzare l'asticella del suo impegno, ma con la garanzia di una visione che abbia come obiettivo la creazione di partnership.
Che siano le fiere emiliane o, meglio ancora, quella di Milano. Ma non c'è solo Fondazione, anche altri azionisti importanti, smentendo voci che erano circolate, sarebbero disponibili a mettere mano al portafoglio.L'ente guidato da Alessandro Mazzucco non avrebbe però chiesto come contropartita la testa di Giovanni Mantovani, cioè l'uomo che guida la spa espositiva da vent'anni. Un nesso di causalità che non sarebbe tale. Anche perché il manager aveva da tempo espresso la propria volontà di lasciare al termine del mandato dell'attuale presidente Danese, nel 2022.
Il tema governance è un passaggio successivo e non antecedente. Il primo passo è invece capire se utilizzare VeronaFiere come il fulcro aggregante del quartiere espositivo veneto, se è possibile costituire un soggetto in grado di sedersi ad un tavolo con la holding fieristica vagheggiata dal governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Senza questo passaggio l'epilogo è un film già visto, dalle multiutilities alle banche, il Veneto terra di conquista. --
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