Vini eccellenti e solidarietà: i ragazzi di Progetto Autismo firmano le etichette di Specogna
L’azienda vitivinicola ha coinvolto a Rocca Bernarda una quindicina di ragazzi tra i 18 e i 30 anni. L’imprenditore: «L’obiettivo finale del progetto è quello di far effettuare degli stage e poi assumerli»

È di casa nel paddock della Formula Uno o della MotoGp, così come nei backstage dei concerti dei grandi cantanti. Ma Cristian Specogna, viticoltore della Rocca Bernarda che con il fratello Michele ha ereditato l’azienda fondata nel 1963 dal nonno Leonardo e sviluppata dal padre Graziano, non cura solo l’immagine del suo business.
In realtà il suo cuore, la sua passione, la sua dedizione, oltre che agli amati vigneti (25 ettari gestiti secondo i principi dell’agricoltura biologica, che fruttano 120 mila bottiglie l’anno vendute per il 50% sul mercato nazionale, e per il restante 50% in oltre 30 Paesi nel mondo) sono rivolti ai meno fortunati.
Per Specogna sostenibilità sociale e ambientale non sono concetti futuribili o, peggio, parole vuote. Sono già una bellissima realtà.
Cristian Specogna come è nata e in cosa consiste la cooperazione con Progetto autismo Fvg?
«Mi sono avvicinato a loro 8 anni fa, nel 2016, tramite un amico che mi parlò di queste persone che stavano portando avanti alcuni progetti. Già all’epoca volevo creare collezioni di bottiglie uniche, che fossero un binomio di vino e arte. Sono andato a trovare i ragazzi e gli operatori una prima volta e rimasi senza parole. Mi parlarono di sogni e progetti sempre con un sorriso sul volto che non ho mai dimenticato».
E poi come si è concretizzata la vostra partnership?
«È nata l’idea di far dipingere ai ragazzi delle bottiglie che potessero diventare pezzi unici. Le loro opere sono diventate vere e proprie etichette, in modo da ottenere un numero più importante di bottiglie. Abbiamo raggiunto l’obiettivo grazie alle Grafiche Tonutti di Fagagna che hanno “industrializzato” i disegni proposti. La gran parte del ricavato delle bottiglie che mettiamo sul mercato va ai progetti dell’istituto».

Le bottiglie dipinte sono state donate a molti personaggi famosi, vero?
«Di recente, in occasione del suo viaggio ad Ampezzo e Illegio per la celebrazione degli 80 anni della Zona libera della Carnia, ne abbiamo regalata una speciale al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma tante sono andate nel mondo della Formula Uno a piloti e dirigenti, alla scuderia Ferrari, alla Microsoft Italia dove sono state esposte nella sede. E ancora le hanno ricevute cantanti come Tiziano Ferro, Cesare Cremonini, Ligabue e altri personaggi dello spettacolo, oltre a manager e imprenditori».
Cosa c’è adesso all’orizzonte nell’ambito della sostenibilità sociale?
«Il salto di qualità è stato poter rendere partecipi i ragazzi a 360 gradi del lavoro che portiamo avanti. Il primo step è stato quello di farli partecipare alle vendemmie, poi il loro supporto è prezioso nel lavoro in cantina. Quest’anno sono arrivati alla Rocca Bernarda una quindicina di ragazzi e ragazze, tra i 18 e i 30 anni. In tanto hanno dimostrato una bella manualità nella raccolta delle uve, nella selezione, nella sistemazione delle cassette. L’obiettivo finale è andare a fare gli stage e poi assumerli. Il vero sogno mio e dell’istituto è quello di creare percorsi che possano portare i giovani nella socialità e nel mondo lavorativo».
Cosa l’ha colpita di più durante le operazioni in vigna, fianco a fianco ai suoi giovani aiutanti?
«Hanno dimostrato curiosità, sensibilità incredibili e affascinanti. Notavano ogni dettaglio del colore delle foglie, delle erbe del prato, un’immensa voglia di capire gli aspetti dell’ecosistema che ci circonda. Alcuni erano interessati a conoscere anche le varie fasi operative dopo la raccolta, tutto quello che c’è dietro le quinte».

Il suo lavoro da viticoltore è legato in modo indissolubile anche alla sostenibilità ambientale. In che direzioni vi state muovendo tra crisi climatica e fragilità del territorio?
«La salvaguardia dell’ambiente è un altro fattore per me determinante. Da qualche tempo abbiamo avviato un progetto che coinvolge tre diversi istituti universitari, UniUd, Ca’ Foscari di Venezia e Lubiana dove all’interno di un progetto europeo che si chiama “Irrigavit Acquavitis” andiamo a comprendere quali pratiche agronomiche risultano più efficaci sulla gestione del suolo e possono aiutare le viti per resilienza e mantenimento dell’acqua. Mappiamo ogni singolo metro quadrato delle nostre vigne in modo tale da creare vere e proprie carte d’identità agronomiche per capire come e quando intervenire nel corso delle stagioni».
Con il cambiamento climatico in corso è ormai indispensabile agire in questo modo?
«È vero, abbiamo stagioni vendemmiali sempre più estreme. Dobbiamo studiare e unirci a enti scientifici e di ricerca per capire quali possono essere le pratiche migliori per contrastare questi problemi. Con un software andiamo ad analizzare le piante per comprendere quando c’è il rischio di infezione o di malattia, grazie ai rilevamenti diretti. Così sappiamo quando e come fare i trattamenti. Grazie a tali accorgimenti, abbiamo diminuito del 32% il numero dei trattamenti e del 20% i prodotti immessi. Per ogni filare riusciamo a fare lavorazioni diverse, la viticoltura di precisione è il futuro. Con Ca’ Foscari abbiamo analizzato l’acqua all’interno dei tralci della vite per vedere se ha senso fare un’irrigazione o quando farla. Non abbiamo alternative se vogliamo valorizzare la qualità, ma se si fanno le cose per bene i risultati possono essere straordinari, nonostante gli ostacoli del meteo che sono sempre più frequenti».
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