Vola l’export delle acque minerali, ma ora i produttori temono i dazi
Mineracqua: «L’incertezza rischia di compromettere le vendite negli Usa, nostro primo mercato»

Lo spauracchio dei possibili dazi americani sul food & beverage europeo mette in allarme non solo il settore del vino, ma anche quello delle acque minerali italiane, un altro asset molto significativo del made in Italy, che vanta esportazioni in tutto il mondo. A sottolineare l’importanza del comparto la diffusione, da parte di Mineracqua, la federazione di Confindustria che raggruppa i produttori grandi e piccoli, dei dati delle esportazioni 2024. Ovvero 1,4 miliardi di euro in valore, con una crescita record del 28,5% rispetto all’anno precedente. E sono proprio gli Stati Uniti, con Francia, Germania e Regno Unito, i principali mercati di sbocco delle bottiglie di acqua minerale italiana.

C’è da fare una premessa che focalizza la situazione nel migliore dei modi. In un contesto internazionale complesso e in un anno caratterizzato da un commercio globale non brillante, l’industria alimentare italiana ha registrato una crescita significativa delle esportazioni, con un incremento dell’8,6% a fronte di un calo dello 0,4% dell’export complessivo del Paese.
Un risultato di rilievo, ma all’interno di questo quadro generale spicca appunto il comparto delle acque minerali, che ha segnato una crescita ancora più marcata. Nel 2024, l’export di acque minerali italiane ha raggiunto il valore record di 1 miliardo e 408 milioni di euro. Questo dato rappresenta la miglior performance in assoluto nell’ambito dell’industria alimentare italiana. Anche in termini di volumi esportati, il comparto ha evidenziato un progresso del 12,9%.
Dal punto di vista geografico, gli Stati Uniti si confermano il principale approdo per le acque minerali italiane, con un valore di export pari a 476,7 milioni di euro e una crescita del 28,5% rispetto all’anno precedente. Seguono la Francia, con 158,7 milioni di euro, la Germania, con 90,4 milioni di euro (+36,5%), e il Regno Unito, con 84 milioni di euro (+165,8%). Complessivamente, il mercato dell’Ue con il Regno Unito incide per 491,7 milioni di euro.
«Non si trattava di un’impresa semplice, considerando che il comparto veniva già da un eccellente risultato nel 2023, anno in cui avevamo registrato un incremento del 20,9%, affermandosi come leader delle esportazioni alimentari italiane. Questo successo ribadisce il grande riconoscimento che le acque minerali italiane ottengono all’estero per la loro qualità e caratteristiche uniche, che le collocano a pieno titolo nel patrimonio del Made in Italy e dell’Italian way of life, come sottolineato anche dal Censis - commenta Ettore Fortuna, vice presidente e consigliere delegato di Mineracqua - .
Tuttavia, non possiamo ignorare le incertezze legate ai dazi minacciati dall’amministrazione Trump, che potrebbero compromettere la crescita negli Usa, il nostro primo mercato di riferimento. È fondamentale che le istituzioni lavorino per scongiurare queste misure, che penalizzerebbero ingiustamente un’eccellenza».
Sulle tariffe doganali interviene anche Samuele Pontisso, l’Ad di Goccia di Carnia, che con 170 milioni di bottiglie è tra i big in Friuli Venezia Giulia. «Sicuramente per chi lavora con i paesi soggetti a dazi - spiega - gli aumenti dei costi possono ingenerare reazioni negative nei clienti finali. Il margine sulle acque minerali è risicato, non è paragonabile a quello del vino. Il 2025 si è aperto sugli stessi livelli di vendite dell’anno precedente, ma abbiamo registrato aumenti di costi della materia prima e della logistica». In Veneto tra i grandi del settore c’è San Benedetto che con San Pellegrino si contende le quote maggiori di esportazioni. In Friuli tra i big c’è anche Dolomia, marchio spesso presente nell’alta ristorazione.

Infine c’è il rovescio della medaglia che riguarda proprio l’Horeca. A fronte dell’exploit all’estero, si osserva una tendenza preoccupante nel mercato domestico: nella ristorazione italiana, le acque minerali vengono in alcuni casi sostituite da acque potabili microfiltrate o osmotizzate. Una pratica dettata da logiche di risparmio da parte dei ristoratori, che evitano costi di magazzino e refrigerazione, ottenendo al contempo margini più elevati vendendo queste acque a prezzi paragonabili a quelli delle minerali in bottiglia. L’Italia è un mercato consolidato, tuttavia ancora in crescita con un + 1,7 a volume e un + 2,7 a valore nella Gdo, ma è preoccupante assistere a una progressiva marginalizzazione del prodotto nella ristorazione italiana».
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