In un tabarro la magia del made in Venezia

Dal collezionismo all'ecommerce: Sandro Zara vende al mondo il dna e la storia di Venezia. La holding, Compagnia mercantile, è una matriosca di aziende: Tabarrificio, Barena, Cini. Ora, dopo il Pitti, l'espansione su social e vetrine

MIRANO. E' il titolo di una poco famosa opera di Puccini, contenuta in un trittico. Ha rivestito militari e briganti, contadini e proprietari terrieri, abbigliamento di poveri e ricchi. Il tabarro è un pilastro della storia del costume italiano ma anche della storia novecentesca veneta. E' nelle foto dei nostri bisnonni ma per qualcuno, questo soffice mantello ripiegato sulle spalle, non è mai andato giù di moda, al punto da diventare anche solida impresa affacciata sul mondo.

Sandro Zara è uno dei più grandi collezionisti veneziani di tabarri. La sua storia imprenditoriale nasce a Mirano oltre vent'anni fa e si declina nell'artigiana sartoria veneta. L'obiettivo è non perdere l'uso di un capo di abbigliamento così diffuso nell'alta Italia e soprattutto a Venezia. Il sottotitolo del brand d'impresa recita: “Tabarri, spolverini, saltafossi”.


La produzione sartoriale è certosina e vive dell'archivio della collezione personale di Zara. Ogni tabarro è riprodotto fedelmente dall'originale e nel porta il nome. Come l'ultimo nato, il 15-18 che è il “tabarro della prima guerra mondiale – spiega il figlio Giovanni Zara -. Mio padre l'ha trovato in un cofanetto di un generale di guerra. C'erano il suo tabarro e la divisa”.

Panno nobile di cashmere da lane biellesi (quelle di Loro Piana), ruota intera, taglio vivo: nella collezione, indossata da persone comuni e mai modelli professionisti, c'è il modello Bora con cappuccio e fuciliera, Ambasciata come lo portavano i vecchi diplomatici, il Lustrissimo anche per donna con collo in velluto, il Brigantino con il collo in frustagno.

Dall'esperienza e della ricerca sul tabarro nasce così una specializzazione che enuclea in una nuova impresa: il tabarrificio veneto. Siamo nel 1995 ed è questo l'anno in cui il tabarro diventa collezione e si arricchisce di accessori: la mazziniana, il fiocco, il mascherone, il cappello Liston e perfino il profumo. Oggi le vendite viaggiano online grazie all'e-store per circa un migliaio di pezzi l'anno, tutti numerati e personalizzati. Ora l'azienda sta rifacendo l'intero sito internet e accelerando sullo sviluppo social. “Nasciamo strutturati sul prodotto – spiega Zara – ma dobbiamo ora affinare la comunicazione. Venezia si può vendere a tutto il mondo”.

Ma quella Sandro Zara è una famiglia imprenditoriale che ha esteso la capacità artigianale anche al mare, non solo alla terraferma. La holding di famiglia, Compagnia mercantile Srl, è una matriosca di licenze, store e aziende: la più grande a volumi e ricavi è oggi Barena Venezia. Marchio che si sta imponendo, recuperando i capi del mondo antico marinaio come il modello Burchiello che è il maglione che riproduce fedelmente un capo regalato da un pescatore di Venezia all'imprenditore. Barena non è solo capispalla ma anche giacche, pantaloni, maglie, camicie.

Un secondo brand tutto da sviluppare è  Cini Venezia, rilevato da qualche anno ma con radici che affondano agli inizi del 1800. “Lo stiamo ricollegando al mondo del tabarro – spiega Zara – materie prime in esclusiva, capispalla unisex. Siamo alla fase iniziale, ma il progetto è ambizioso. Con Cini abbiamo rilevato tutto l'archivio storico del lanificio. E' una fucina enorme”. “Il comune denominatore di tutte le aziende è il forte legame con la terra e la storia di Venezia. E' la nostra identità, il nostro dna” conferma Giovanni Zara.

Il Gruppo occupa 10 addetti, il laboratorio è artigianale, la filiera a km zero, il fatturato raggiunge i 13 milioni di euro per i tre marchi: Tabarrificio, Barena e Cini. Il cliente è per il 30% in Italia e il 70% all'estero. Oltre venti i Paesi dove i marchi di Zara vengono distribuiti. Oltre sei le monete scambiate in e-commerce. “Facciamo made in Italy contemporaneo, non ci rivolgiamo al largo consumo – spiega l'imprenditore di seconda generazione affiancato dalla sorella Francesca Zara, designer, e Massimo Pigozzo – siamo forti sulla sartoria classica e abbiamo saputo sfruttare il concesso di made in Italy vero, per un mercato estero educato”.

@eleonoravallin

Riproduzione riservata © il Nord Est