Industria cassaforte, ma il lavoro è nei servizi: «Feltre ha bisogno di formazione e di alloggi»

I dati di InfoCamere sotto la lente del consulente aziendale Michele De Bacco. «Il turismo si rinnovi alla luce del cambiamento del clima»
Stefano De Barba

«Se guardiamo alla redditività il peso maggiore ce l’ha il settore industriale, se guardiamo invece al numero degli addetti il riferimento principale è il mondo dei servizi. Feltre ha sempre avuto un ruolo importante sia negli scambi commerciali sia nell’offerta turistica, per gli eventi che ha saputo gestire e per la sua posizione di porta d’accesso alle vie del trekking. Ma ora serve un salto di qualità nell’offerta turistica, per essere al passo con le richieste che provengono dal mercato».

Michele De Bacco, consulente del lavoro dello studio associato Data Impresa di Rasai di Seren del Grappa, osserva quotidianamente la realtà del tessuto imprenditoriale di Feltre. E fa una analisi a tutto campo del panorama tracciato dai dati di InfoCamere (Qui l’articolo con tutti i dati).

Turismo, industria, agricoltura

«Sarà inevitabile pensare ad una valorizzazione differente del settore turistico del territorio di fronte al cambiamento climatico», dice De Bacco.

L’esempio è quello del monte Avena: «La sua bassa altitudine lo porterà ad essere utilizzato più d’estate come rifugio per sfuggire al caldo che durante l’inverno per sciare. Dobbiamo prepararci ad un diverso utilizzo di questa montagna, trovare meccanismi per valorizzarla adeguatamente. Al contempo nel settore manifatturiero abbiamo aziende che operano in settori specifici, in mercati di nicchia, dobbiamo preservarle. Senza pensare che tutto debba girare attorno al terziario. I dati dicono ad esempio che c’è una riscoperta importante del settore primario, l’agricoltura. Tanti giovani stanno prendendo in mano aziende agricole esistenti o le creano da zero. E questo è un meccanismo che deve essere sfruttato per creare un giusto connubio tra turismo, territorio, agricoltura. Non dobbiamo dimenticare che Feltre è il primo centro “di montagna” che incontra chi sale dal Vicentino e dal Trevigiano. Abbiamo dunque una utenza privilegiata che dobbiamo essere in grado di servire e di valorizzare».

Ragionare sull’edilizia

Per farlo, osserva De Bacco, servono però strutture adeguate. «Manca ricettività», sottolinea, «ci sono tanti bed&breakfast ma scarseggiano le strutture alberghiere, offriamo poco da quel punto di vista. Anche il comparto manifatturiero se ne accorge: le aziende hanno bisogno di ospitare dirigenti e collaboratori che vengono da fuori ma hanno difficoltà a trovare alloggi per queste persone».

A Feltre c’è dunque una richiesta forte di alloggi di piccole dimensioni, sia da parte di lavoratori che arrivano da fuori, sia da parte delle aziende. Michele De Bacco ne è certo: «Servirebbe una rivisitazione del nostro patrimonio edilizio. Anziché occupare nuovi spazi con nuove costruzioni, potrebbe essere utile trovare meccanismi di ristrutturazione dell’esistente, rivitalizzando le frazioni, da dove la popolazione nel tempo è andata via».

Serve formazione

Alla base di ogni prospettiva di crescita c’è il lavoro. E su questo Feltre mostra delle criticità. «La forbice delle professionalità si sta sempre più allargando: la richiesta è rivolta soprattutto alle figure di basso profilo – magazziniere, commesso – oppure di alto profilo, quelle con specializzazione. In difficoltà si trovano i lavoratori nelle fasce intermedie. Se hai una alta specializzazione trovi lavoro dove vuoi, idem se sai fare il lavapiatti o il barista. Invece si trova spiazzato chi ha delle competenze limitate o ristrette ad un segmento che il mercato in questo momento non richiede. Questo apre il tema della formazione delle persone e del rimanere agganciati a processi di allineamento delle competenze, altrimenti si rischia di rimanere tagliati fuori dal mercato del lavoro. Non perché lavoro non ce ne sia, ma perché non si è più in grado di intercettare la richiesta del mercato».

L’esempio emblematico, sottolinea De Bacco, è quello della vecchia Acc: «C’erano tanti soggetti che lavoravano alle linee di produzione da tanti anni, ma la loro competenza, anche se rilevante, era in un comparto industriale di vecchio stile, che non sempre si è dimostrata in grado di rispondere al bisogno di aziende che nel frattempo avevano compiuto parecchi step evolutivi. Se si vuole andare verso una facilitazione del ricollocamento, bisogna che il personale sia in grado di adeguare le proprie competenze. Penso, banalmente, a migliorare la conoscenza delle lingue, a fare corsi specifici nel settore digitale. Ci sono competenze che, anche con un rapporto di lavoro in corso, è bene che i lavoratori acquisiscano».

Imprese, cambiate pelle

Un impegno analogo, spiega il consulente del lavoro De Bacco, deve vedere in prima fila anche le imprese.

«Il datore di lavoro deve fare di più e meglio nei confronti dei lavoratori, deve cambiare pelle. I meccanismi di ingaggio del personale sono andati in crisi in questi anni, soprattutto dall’epoca della pandemia. Oggi la variabile del tempo è diventata prioritaria per i lavoratori anche rispetto al denaro: è più facile che il lavoratore scelta il posto in cui ha flessibilità di orari rispetto a quello in cui guadagna cento euro in più. L’altro aspetto è quello del welfare: per i lavoratori è prioritario scegliere una azienda che li sostenga con dei percorsi di welfare. Quando ci si chiede come mai ci sia la corsa per andare a lavorare in Luxottica, la risposta è anche che offre piani welfare attrattivi. Oggi pensare al benessere dei lavoratori diventa dunque prioritario per i datori di lavoro».

Un aspetto che, sottolinea l’esperto di mercato del lavoro De Bacco, le aziende di Feltre dimostrano di saper cogliere. «Ci sono a Feltre aziende, soprattutto di grosse dimensioni, che hanno già imboccato il percorso tracciato da Luxottica sul piano del welfare. Ma ci sono anche molte piccole aziende artigiane e commerciali di Feltre che si sono avvicinate al welfare come strumento di aiuto ai lavoratori. C’è un ruolo sociale, insomma, che le aziende di Feltre stanno ricoprendo: aiutare i propri lavoratori in una fase difficile dal punto di vista econmico e di spinta dell’inflazione. Un modo allo stesso tempo per trattenerli e fidelizzarli, perché il primo valore all’interno dell’azienda è sempre la risorsa umana».

L’INTERVISTA/1

Vemer, da Milano a Villapaiera «Il territorio offre competenze»

Da Milano a Villapaiera e ben felici di aver progressivamente portato a Feltre non solo la produzione ma anche il cuore decisionale della Vemer, che realizza strumenti di misurazione e controllo come termostati a uso civile e industriale.

Direttore Marco Gasparini, cosa ha mosso la decisione di arrivare a Villapaiera, negli anni Ottanta, e poi consolidarvi qui?

«Abbiamo verificato che sul territorio ci sono competenze specifiche per quel che riguarda il nostro settore, l’elettronica, e nel tempo, tra il 2006 e il 2007, siamo arrivati a spostare qui tutte le attività. Rispetto a Milano, Feltre e il Bellunese sono una scelta valida, per quanto ci siano delle carenze sul piano dei trasporti e delle distanze».

Cosa servirebbe alle imprese?

«C’è sicuramente la necessità di adeguamenti infrastrutturali sia a livello provinciale sia a livello della zona industriale di Villapaiera, che resta sacrificata sul piano della viabilità di accesso. E c’è un tema dei servizi per la residenzialità. La nostra dimensione non ci fa sentire il problema, anche se siamo già vicini al centinaio di dipendenti e abbiamo un progetto di ulteriore crescita con un nuovo sito produttivo a Villapaiera nel giro di un paio di anni. Ma le aziende più grandi, che occupano più persone, sentono il problema della mancanza di possibilità di accogliere persone da fuori».

Formazione: le aziende sono impegnate a sostenerla?

«Alla Vemer crediamo nelle collaborazioni con gli istituti scolastici, in particolare con l’Its che è nato da un paio d’anni a Belluno e al quale collaboriamo; grazie anche a Confindustria partirà a Belluno il corso di laurea in informatica. Questo aumenterà l’attrattività».

L’INTERVISTA/2

Ara è una certezza dell’automotive «Aggiornarsi e fondamentale»

Accessori ricambi auto: Ara. Nell’acronimo che dà il nome all’azienda c’è l’essenza di un marchio che da oltre sessant’anni è un riferimento nel Fetrino e non solo nella filiera dell’automotive. Ventiquattro dipendenti coordinati dai fratelli Daniele e Alessandro Gorza che negli anni 90 sono subentrati progressivamente ai genitori Silvano e Milena, che nel 1966 aprirono la prima sede in via Giardinetto. Poi circa trent’anni in via Dante in un locale più spazioso e dal 2004 l’attuale sede lungo la Culiada con un negozio di 250 metri quadrati e un ampio magazzino per fare fronte alle richieste di carrozzieri, meccanici ed elettrauto che hanno bisogno di prodotti o pezzi di ricambio. Nel 2005 un’altra tappa importante nella crescita aziendale con l’acquisto dell’Emporio dell’auto a Sedico, con una grande esposizione per il privato, un’officina, servizio pneumatici e Centro revisione.


Daniele Gorza, com’è il mercato dell’automotive?
«Se si vuole essere competitivi bisogna raggiungere certe dimensioni, diversificare l’offerta ed essere sempre aggiornati. Il mercato è in continuo movimento.
Come gestite le due sedi?
«Nella sede di Feltre si lavora principalmente con i professionisti, a Sedico, dove opera mio fratello Alessandro, ci si dedica soprattutto al cliente finale».
Quali sviluppi con l’arrivo dell’auto elettrica?
«Il mercato dell’ibrido, che mescola motori termici all’elettrico, è il presente, ma la vera incognita è il motore elettrico 100%. Difficile dire come si evolverà il mercato», chiosa Gorza. «Non credo che in futuro avremo un unico combustibile. Cambieranno le esigenze, noi dovremo essere bravi a farci trovare pronti».

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