Banda ultralarga, tecnologia 5G, alfabetizzazione digitale: come aiutare le aree fragili

Il Manifesto di Piediluco vuole estendere il concetto di smart city fuori dai centri urbani, laddove i territori più deboli hanno bisogno di una nuova progettualità per non restare al palo nella sfida della modernità
ROMA CARTOLINE DAL DOMANI, OVVERO IL TRAMONTO DELLA CAMPAGNA ROMANA UN CASALE DI CAMPAGNA FRONTEGGIA UN MASTODONTICO RIPETITORE PER SEGNALI DI COMUNICAZIONE IN UNA ZONA DEL QUARTIERE LAURENTINO
ROMA CARTOLINE DAL DOMANI, OVVERO IL TRAMONTO DELLA CAMPAGNA ROMANA UN CASALE DI CAMPAGNA FRONTEGGIA UN MASTODONTICO RIPETITORE PER SEGNALI DI COMUNICAZIONE IN UNA ZONA DEL QUARTIERE LAURENTINO

PADOVA. Un Manifesto per sollevare il tema urgente del riequilibrio tra aree forti e aree deboli del Paese. Un Documento per chiedere a enti locali, Regioni, Parlamento e Governo un cambio di passo, una visione nuova e diversa dello sviluppo territoriale, dove il digitale e la sostenibilità aiutino a vivere meglio, in un nuovo umanesimo che sia al tempo stesso digitale, sociale e ambientale.

È l’eredità dell’edizione appena conclusa di DIGITALmeet, il festival che ha coinvolto, 16 regioni italiane attraverso più di 100 eventi sui temi del digitale e dell’innovazione. Il documento – chiamato Manifesto di Piediluco, dal nome del lago umbro in provincia di Terni dove è stato sottoscritto il 16 ottobre da imprenditori, politici, docenti, amministratori da ogni parte d’Italia, chiamati a raccolta dal Comitato scientifico di DIGITALmeet – teorizza il passaggio dalla smart city alla smart land digitale, cioè l’estensione della smart city oltre i confini urbani, attraverso l’applicazione di buone pratiche legate all’economia, alla cittadinanza, all’energia, alla mobilità e al paesaggio, che coinvolgano tutti gli attori locali.

“Solo così la rete potrà essere davvero democratica – spiega il founder di DIGITALmeet Gianni Potti – e potrà collegare finalmente i territori interni e marginali con le grandi città e tra di loro. La scelta di lanciare questo documento dall’Umbria non è casuale: è un territorio che per la sua conformità rappresenta quello che ancora c’è da costruire”.

Le aree interne italiane interessano il 23% della popolazione italiana, il 60% del territorio nazionale e circa la metà dei suoi quasi 8.057 comuni. Nelle aree interne è in corso da anni un processo di marginalizzazione socioeconomica ed invecchiamento della popolazione.

La smart land digitale auspicata dal Manifesto di Piediluco – teorizzata dal sociologo Aldo Bonomi, presente in Umbria – punta ad una società in grado di perseguire contemporaneamente sviluppo economico e benessere sociale diffuso, proprio attraverso il digitale e la sostenibilità, due driver formidabili per ricucire i territori.

Gli strumenti per raggiungere lo scopo dovranno essere la banda ultralarga, il 5G, l’alfabetizzazione digitale, l’adeguamento delle amministrazioni locali alla tecnologia digitale. Ma anche una progettualità che si basa su alleanze tra i protagonisti della vita economica, sociale e del volontariato delle aree urbane e di quelle interne.

È, poi, fondamentale l’investimento nella scuola e nella formazione e lo sviluppo di competenze che attraggano progetti di ricerca, investimenti, turismo. In un Paese come l’Italia in cui l’età media della popolazione è in costante crescita, la smart land digitale lancia la proposta di una alleanza intergenerazionale, che attivi il processo di trasferimento e di condivisione della conoscenza, sia del sapere dalle generazioni mature a quelle giovani (processi di mentoring), sia del sapere emergente (digital skill, in primis) con le persone giovani nel ruolo di mentor (processi di reverse mentoring).

Il dopo Covid offre numerose opportunità in questo senso, anche alla luce del fatto che la pandemia sembra aver insinuato in alcuni la volontà di spostarsi dove il contagio è meno probabile, grazie all’ampiezza degli spazi e alla rarefazione delle relazioni. E questa scelta, dettata dalla paura del virus, è trasversale e include tutta la società. La smart land digitale sostiene questi flussi e promuove nuove logiche di progettazione degli spazi urbani, ispirati ai principi della città relazionale, in cui ogni luogo può assolvere più funzioni (produttiva, residenziale, comunitaria).

In pratica, la smart land digitale vuole passare da un modello di economia “estrattiva”, che ha come obiettivo la massimizzazione ei risultati, ad un modello di economia “rigenerativa”, che cerca l’equilibrio tra risultato economico e benessere sociale della comunità, nell’ottica della sostenibilità. Per un nuovo umanesimo al tempo stesso digitale, sociale e ambientale.

“L’economia del futuro deve avere come obiettivo non solo il profitto ma anche il benessere sociale della comunità – ancora Gianni Potti -, facendo diventare la sostenibilità del business uno degli indici e dei valori che si sommano al profitto con pari peso e considerazione. Solo così sapremo passare dalla smart city alla smart land digitale, una terra felice, dove si vive bene grazie alle tecnologie, alla sostenibilità ambientale, ma soprattutto con la persona al centro”.

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