Container, la corsa continua: traffici 2024 a 907 milioni di Teu

Al 2028 prevista crescita oltre il miliardo. Mediterraneo, aumento del 18%. Panaro (Srm-Intesa Sanpaolo): «Mercato italiano in forte accelerazione»

Franco Vergnano

«Il mondo dei container continuerà a correre, nonostante le guerre che condizionano le rotte. Le previsioni al 2028 stimano una crescita mondiale del 15,7% superando il miliardo di Teu. Interessanti i dati relativi al Mediterraneo che mostrano un aumento del 18% dei traffici: raggiungeranno i 33,8 milioni di Teu nel West med e di 42,1 nell’East med, accentuando il ruolo centrale del Mare nostrum».

Alessandro Panaro, responsabile Maritime & Energy di Srm-Intesa Sanpaolo, non ha dubbi nell’affrescare uno scenario positivo del settore. Basandosi sulle fonti internazionali, l’esperto spiega come - oltre al ruolo che in questo scenario possono giocare i porti dell’Alto Adriatico – ovviamente la posizione di rilievo rimanga quella dell’Asia orientale (dove insistono i traffici cinesi) che rappresenterà circa il 55% della quota di mercato.

A livello italiano ci sono invece cinque porti che rappresentano oltre il 75% del totale movimentato: «Tra questi – continua Panaro – compare Trieste, ma anche Venezia ha “in fieri” importanti progetti di investimento per rafforzare la sua posizione. Secondo le nostre stime, al 2050 il mercato dei container per l’Italia dovrebbe crescere di circa il 26%, mantenendo il suo ruolo di grande business portuale».

L’ottimismo di Panaro è confermato dalle statistiche. Vediamo i volumi. Nel 2024, c’è stato il record dei traffici: per la prima volta si è superata “quota 900”. Secondo il Drewry world container index, siamo infatti arrivati a 907 milioni di Teu (l’unità internazionale di misura dei container). E le prospettive sono buone: per quest’anno l’aspettativa è di superare i 932 milioni di Teu arrivando appunto infine a girare la boa del miliardo di Teu nel 2028. In linea di massima, due terzi del business riguarda le grandi distanze e un quarto il cosiddetto “transhipment”, cioè il trasferimento dalle maxinavi a lunga percorrenza (che possono ad esempio attraccare a Trieste dove c’è un fondale di oltre 18 metri) a quelle più piccole per la successiva redistribuzione delle merci nei porti minori.

Lo scalo giuliano, insieme agli altri interporti ferroviari del Nord Est, è anche leader nel trasporto combinato, cioè nello spostamento dei container su rotaia con destinazioni (in arrivo e in partenza) sia nei Paesi del Centro Europa, sia in quelli balcanici. Da notare che per quanto riguarda le previsioni di crescita, entro il 2028 il Mediterraneo (e quindi anche i porti dell’Alto Adriatico) cresceranno parecchio: più 18% rispetto al 14% degli altri scali europei.

Insomma, il blocco del Mar Rosso non ha indebolito gli armatori occidentali. Anzi, si rafforzano e crescono le merci che viaggiano via mare e per gli operatori del settore il business diventa più interessante, stimolando gli investimenti, le alleanze e le concentrazioni. E l’Italia, con le aziende del Nord Est in testa, offre un contributo significativo in tal senso, dal momento che è diventato il quarto esportatore mondiale, superando pure il Giappone. Anche se tra geopolitica, guerre, terroristi e rotte internazionali il mare continua a ribollire, i container diventano sempre di più un indicatore e un elemento chiave (e discriminante) dei nuovi equilibri di interscambio mondiale. E non capita spesso - sia in economia sia in politica - di vedere una tendenza così univoca, con tante luci e praticamente senza ombre.

Da qualunque parte si guardi il mondo dei container, e tutte le fonti internazionali sono concordi, emergono infatti solamente segni positivi: il vento sembra decisamente essere a favore e il barometro del settore volge al bello. Il settore del container nell’ambito dello shipping, conclude Panaro, è però in una fase di «profonda trasformazione viste le strategie rivolte a decarbonizzare le flotte che hanno portato alla ribalta il grande tema dei carburanti alternativi, ma anche per la ristrutturazione delle alleanze tra compagnie e del persistere del gigantismo navale». 

 

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