Crocieristica ferma per il Covid, monta la rabbia a Venezia

Il comitato dei 1.700 lavoratori della filiera: «Noi senza lavoro e senza reddito, i politici ci ignorano: ora ci faremo sentire»

VENEZIA. Senza le navi da crociera nell’home port di Venezia c’è un “esercito” di oltre 1.700 lavoratori dipendenti, imprese e cooperative in preda alla disperazione e abbandonati dalle amministrazioni pubbliche, dal Governo e da tutti i politici locali, pronti a tutto.

Lo hanno ribadito in videoconferenza Vladimiro Tommasini e Marco Gorin, rispettivamente presidente e il vicepresidente del comitato Venezia Lavoro che raggruppa per ora 500 tra gli addetti della filiera crocieristica.

«Siamo con le spalle al muro, abbandonati da tutti e pronti a tutto» ha spiegato Tommasini della cooperativa Portabagagli che da 85 anni lavora per la crocieristica a Venezia «dopo la nostra protesta in Punta della Dogana non è successo nulla e ora stiamo perdendo tutte le speranze. Se non arriveranno subito risposte e sostegni la rabbia scoppierà e diventeremo, nostro malgrado, un problema di ordine pubblico».

«Non siamo abituati a questo, abbiamo sempre lavorato e ci aspettiamo che le istituzione intervengano, una buona volta» ha aggiunto Tommasini «a cominciare dal governatore Zaia e dal Governo nazionale ai quali abbiamo scritto una nuova lettera spiegando che da anno non lavoriamo, in molti senza nessun ammortizzatore sociale, e non abbiamo prospettive. Come e non bastasse il costo delle concessioni portuali che continuano ad andare avanti: abbiamo chiesto di fare delle proroghe e che vengano annullati».

«Non sappiamo quando riprenderemo a lavorare e dopo tanti anni di promesse e impegni non mantenuti abbiamo dato fiducia ai politici» ha aggiunto il presidente del comitato «per questo abbiamo creato il Comitato Venezia Lavora e non siamo più disposti a dare la nostra fiducia a chi non la merita».

Portabagagli, dipendenti del terminal crocieristico di Vtp a Santa Marta, guardie giurate, stewart, hostess, guide turistiche, autisti per collegamenti aeroporto, piloti dei rimorchiatori e lo stesso aeroporto Maro Polo.

Venezia era diventata una meta troppo scomoda per le grandi navi da crociera già prima dello scoppio della pandemia. Prima la collisione della nave Msc, finita nel giugno nell’anno scorso contro un battello gran turismo sul canale della Giudecca e poi l’incidente sfiorato in Bacino di San Marco di Costa Deliziosa, avevano portato a misure più stringenti della Capitaneria per il loro accesso a Venezia che ha portato ad una riduzione delle crociere con destinazione Venezia delle navi più grandi.

Tant’è che s’era ricominciato a riparlare dei percorsi alternativi al passaggio in bacino di San Marco per la grandi navi : far arrivare le grandi navi da Malamocco e il canale dei Petroli con approdi provvisori nei terminal container in attesa di una nuova stazione marittima a Porto Marghera sul canale Nord, scavare il canale di San Leonardo per raggiungere il terminal di Vtp a Santa Marta. Oppure le varie e possibili alternative off-shore, fuori della laguna.

«Ma a otto anni dal decreto Clini-Passera che proibì l’accesso al bacino di San Marco delle navi da crociera superiore alle 40 mila tonnellate siamo ad un punto morto» hanno sottolineato presidente e vicepresidente del comitato «e intanto è arrivata la pandemia che ha azzerato del tutto la crocieristica a Venezia lasciando noi e le nostre famiglie nella disperazione». —

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