Le grandi incompiute: il prolungamento della Pirubi, alias la A31 Valdastico

BELLUNO. Più che acronimo, una presa in giro. Nel corposo elenco delle grandi incompiute del Nordest, l’A31 è conosciuta da tutti come “Pi.Ru.Bi.”, con connotazioni tra clientela ed affari: retaggio di quando l’area era non solo la sacrestia bianca d’Italia sotto l’egida della Dc, ma il partito era saldamente in mano alla potente corrente dorotea dominata a Trento dai collaudati Flaminio Piccoli e a Vicenza a Mariano Rumor, e a Rovigo dall’emergente Toni Bisaglia.
Un tracciato che congiungesse le tre province, e che da subito si attirò feroci opposizioni, arrivando a essere definita “l’autostrada più inutile d’Italia”. Decollata a fine anni Sessanta, mezzo secolo dopo rimane a metà, confinata al tratto veneto. Ma la partita rimane aperta, giustificata com’è dagli interessi in gioco.
La cronistoria, in breve. Il progetto di massima è del novembre 1968, subito contrastato da chi sosteneva in alternativa il potenziamento della statale Valsugana.

I lavori partono nel ’72, e tre anni più tardi si completa il primo tronco, da Vicenza a Piovene Rocchette: rimarrà anche l’unico fino al 2006, quando i cantieri proseguono verso sud, fino alla connessione con la Transpolesana a Badia Polesine, completata nel 2015.
Ma a nord non si passa: spiaggiata la balena bianca con i suoi numi tutelari, il clima politico in Trentino è cambiato con una forte accentuazione ambientalista, e la Provincia autonoma che si oppone alla prosecuzione del tracciato con sbocco a Besenello, tra Trento e Rovereto. Un duro braccio di ferro, nei lunghi anni del centrosinistra trentino, che ora peraltro pare ammorbidirsi col cambio della guardia della linea politica, e l’affermazione della Lega.
Ma la partita, prima che politica, è strettamente economica. La ex Pirubi è passata nel frattempo sotto l’egida dell’autostrada Serenissima, che gestisce la Padova-Brescia, la cui concessione è in scadenza nel 2026; analogo scenario vale per l’autostrada del Brennero, la Brennero-Modena.

E’ chiaramente interesse di entrambe giungere a una proroga; e per ottenerla la soluzione è quella di mettere in atto investimenti che non comportino il ricorso al bando europeo. Entrambe le società sono a rilevante partecipazione pubblica, Regione Veneto e Provincia di Trento: da qui la riapertura del dialogo con la prosecuzione da Piovene Rocchette e sbocco più a nord, nei pressi della stessa Trento.
Una svolta totale, rispetto alla posizione consolidata della Provincia forte del resto di una pronuncia del 2011 della Corte Costituzionale, con la quale si stabiliva l’impossibilità di procedere unilateralmente senza il consenso trentino, e questo in ossequio allo statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige.
Purtuttavia, due anni dopo l’allora presidente della Serenissima annunciava l’intenzione di varare il progetto definitivo della prosecuzione verso nord, fino ai confini col Trentino, poi approvato dalla Regione Veneto, e successivamente vistato dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Ma il provvedimento veniva cancellato dal Consiglio di Stato, su opposizione del Comune di Besenello. Ora la nuova svolta, con la decisione della presidenza leghista del Trentino di dare via libera al completamento dell’arteria, ma con un’ulteriore variante: lo sbocco sarà all’altezza di Rovereto sud, con innesco sul tracciato dell’autostrada del Brennero.
I lavori dovrebbero concludersi entro il 2026, vale a dire l’anno di scadenza della concessione per la Serenissima, giusto in tempo per incassare il rinnovo della remunerativa concessione. Ma i comitati ambientalisti, una quarantina, da tempo in prima linea contro il progetto, annunciano battaglia, sostenendo l’inutilità dell’opera, ritenuta un doppione superfluo rispetto alla direttrice autostradale Trento-Verona-Padova, e sostenendo che la sua realizzazione avrebbe un pesante impatto sul paesaggio; in alternativa viene prospettata l’esigenza di potenziare l’intasata Valsugana. Senza contare l’esigenza di fondo di privilegiare i collegamenti ferroviari, per alleggerire la pressione del traffico specie pesante sull’asfalto.
Dunque, l’esito finale della grande incompiuta sembra ancora tutt’altro che scritto, anche se la svolta politica della presidenza trentina sembra pendere verso il completamento dell’opera. Un cantiere lungo mezzo secolo, esemplare del Nordest delle tante incompiute.
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