L’impatto della crisi di Suez ridisegna le rotte delle merci

Un’azienda su due ha visto aumentare i costi delle spedizioni e alcune hanno dovuto cancellare gli investimenti previsti. L’analisi di Srm: «Il Mediterraneo rischia di perdere la sua centralità e i grandi porti italiani si stanno riposizionando»
epa09092722 (FILE) - Liberian-flagged container ship RDO CONCORD sails through the Suez Canal in Ismailia, Egypt, 17 November 2019 (reissued 24 March 2021). A large container ship registered in Panama ran aground in the Suez Canal on 23 March, blocking passage to other ships and causing a traffic jam for cargo vessels. EPA/MOHAMED HOSSAM
epa09092722 (FILE) - Liberian-flagged container ship RDO CONCORD sails through the Suez Canal in Ismailia, Egypt, 17 November 2019 (reissued 24 March 2021). A large container ship registered in Panama ran aground in the Suez Canal on 23 March, blocking passage to other ships and causing a traffic jam for cargo vessels. EPA/MOHAMED HOSSAM

L’incubo Suez sul traffico merci mondiale è arrivato come uno tsunami mettendo fine al boom dei traffici mondiali nel post-pandemia. Secondo un sondaggio su 500 aziende italiane di Format Research per Allianz Trade il 14,2% delle imprese accusa un calo di fatturato da novembre quando i guerriglieri Houthi dello Yemen hanno cominciato ad attaccare le navi in transito dallo stretto di Bab Al-Mandeb dirette verso il canale di Suez. In sei mesi l’impatto sui ricavi di queste aziende è stato in media del 18%.

Una su due delle imprese sentite da Allianz Trade (il 56,4%) afferma che i costi di spedizione (import, export o transito) sono aumentati in media del 19% nel periodo. Il 5,5% delle aziende è stato costretto a ridurre o persino cancellare gli investimenti previsti per il 2024 mentre il 23,3% delle aziende ritiene che la concorrenza di chi transita senza conseguenze da Suez (cinesi o russi) comporterà una perdita di quote di mercato. Secondo un altro report di Srm, il centro studi sull’economia del mare collegato a Intesa Sanpaolo, le merci che passano da Suez valgono il 30% del traffico mondiale di container e il 40% dell’import-export via mare, per un valore di 154 miliardi di euro.

Il mondo dello shipping deve così fare i conti con le conseguenze della geopolitica e deve cambiare rotta. Il numero delle portacontainer in transito da Suez fra gennaio e marzo è crollato del 66% perché i big dello shipping (come Msc, Maersk, Evergreen e Hapag Lloyd) hanno deciso di circumnavigare l’Africa allungando il tragitto di una quindicina di giorni puntando verso i porti dell’Europa del Nord. Una mossa che sta tagliando fuori dai traffici i porti del Mediterraneo perché le navi fanno prua su Gibilterra e da lì verso Amburgo e Rotterdam, il cuore della portualità del Nord Europa. A causa di questa situazione il traffico nei principali porti italiani è sceso fino al 20%.

La crisi del Mar Rosso ha dispiegato le sue conseguenze nel porto di Trieste, dove il terminal che movimenta i contenitori in arrivo dal Far East attraverso il canale di Suez, ha segnato una contrazione di un quarto dei volumi. Ma affrontare le rotte alternative significa sostenere forti aumenti dei costi. Quella africana via Capo di Buona Speranza comporta costi in termini di carburante, bunkeraggio e ritardi nei tempi di consegna delle merci. La rotta Artica, ancora più spericolata, non è per ora conveniente. Per Alessandro Panaro, Head maritime & Energy di Srm, è così in atto un cambiamento di paradigma per i traffici europei: bisogna far viaggiare le merci in treno. «Il Mediterraneo rischia di perdere la sua centralità commerciale. Per evitare che questo accada bisogna ristrutturare le grandi catene della logistica. Grandi porti italiani come Trieste si stanno riposizionando da tempo verso l’intermodalità avendo capito l’importanza strategica dei collegamenti rapidi verso il Centro Europa e l’Oriente dove i container vengono caricati su treni e shuttle per raggiungere i grandi mercati».

Una mossa necessaria considerato che, come sottolineano ad esempio alla Illycaffè - che a Trieste lavora tutto il caffè che poi vende nel mondo e dove non si teme un impatto produttivo sull’azienda - «la crisi di Suez comporta un aumento dei noli dei container del 50% verso Cina e Asia». E così anche le compagnie di navigazione si organizzano: colossi come Msc e Maersk gestiscono terminal, ferrovie, trasporti di terra. Bisogna cambiare sistema. Con Francesco Parisi, presidente della storica dinastia di spedizionieri triestini, cerchiamo di indagare su questa tempesta perfetta: «Dall’Asia - spiega - si impiega meno ad arrivare a Rotterdam che a Trieste. Questa situazione premia i porti del Nord, da Anversa ad Amburgo, e congestiona porti come Valencia dove sostano le navi oceaniche provenienti da Gibilterra».

Ma quali sono le alternative al passaggio via Suez? «Il trasporto ferroviario è una soluzione di cui si parla molto perché richiederebbe 20-25 giorni di viaggio rispetto ai 60-65 giorni di navigazione necessari per passare dal Capo di Buona Speranza. Tuttavia è una soluzione considerata con preoccupazione perché comporterebbe un passaggio in territorio russo nel mezzo del conflitto in Ucraina». Se si abbandona la rotta di Suez si entra insomma in terreno accidentato: «Io sono però convinto che il blocco finirà e la situazione si normalizzerà. Mi sorprende che la Cina non si faccia sentire perché vede compromesse le sue esportazioni a causa dell’aumento dei noli. Anche l’Egitto sta subendo un pesante danno economico».

Cosa succederà ora? «Abbiamo visto accedere gli eventi più impensati negli ultimi anni e non ci sono certezze. Ma noi imprenditori dobbiamo andare avanti e continuare a investire». Fra i big della logistica a Nord Est, proprio in risposta alla crisi, il gruppo Codognotto ha introdotto da gennaio in Cina un nuovo servizio ferroviario, che prevede tre punti di partenza in Cina da Zhenghou, Chengdu e Xi’an: «Le caratteristiche principali del nuovo servizio includono la sua sostenibilità e flessibilità. Coprendo una distanza di oltre 11 mila chilometri il servizio ferroviario rappresenta un’alternativa strategica alle tradizionali rotte marittime», sottolineano alla Codognotto. E i numeri confermano il nuovo trend: a fine febbraio 2024 i servizi ferroviari in partenza dalla Cina si sono ampliati fino a coprire 219 città in 25 Paesi europei. In alternativa a Suez ci sono aziende che hanno deciso di fare passaggio in India e Cina come l’operatore logistico altoatesino Fercam che ha costituito a New Delhi la sua prima filiale ed ha avviato un servizio di trasporto su treno merci tra Cina ed Europa: «Già serviamo con le nostre divisioni mare e aereo in Europa molti clienti attivi sul mercato indiano e seguiamo le importazioni ed esportazioni di produttori indiani».

Una valida alternativa ai trasporti aerei e marittimi? «Il nostro obiettivo è di svilupparci laddove l’economia cresce e di conseguenza anche la domanda di servizi logistici e spedizioni è vivace. Con il nostro servizio Euro-Asian Landbridge già colleghiamo il mercato cinese e quello europeo, sfruttando la linea ferroviaria Cina-Europa per trasportare le tue merci dalla Cina in tutta Europa e viceversa», sottolinea l’azienda guidata dal ceo Hannes Baumgartner.

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