Marchi: aeroporto Marco Polo di Venezia, di nuovo a regime tra il 2022 e il 2023
VENEZIA. Come la zecca. La società di gestione dell’aeroporto di Venezia (Save) stampava banconote. A nessuno sarebbe venuto a mente il crollo dei traffici fino al –93% e tutti i dipendenti in cassa integrazione. «Stimiamo di tornare ai passeggeri del 2019 non prima del 2022, forse più prudente dire entro il 2023» dice Enrico Marchi, presidente di Save esattamente dal 2000. «Mai visto niente di paragonabile a Covid 19 in vent’anni, nonostante Sars, Ebola, 11 settembre, guerre e terrorismo. La ripresa sarà graduale, lenta e geograficamente imprevedibile» aggiunge.
Con quale ritmo e progressione immagina la ripartenza dei voli e dei traffici?
«La ripresa sarà da principio sui voli domestici, con destinazioni turistiche interne all’Italia. Tra giugno e luglio contiamo di raggiungere il 15-20% dei passeggeri dei corrispondenti mesi del 2019, arrivando al 40% verso fine anno. Lo diciamo anche sulla base delle previsioni degli albergatori veneziani».
Ma lei auspica che i numeri del turismo a Venezia siano celermente ripristinati?
«Non sarebbe credo l’ideale per Venezia tornare al turismo di massa. Meglio sarebbe avere meno turisti ma con soggiorni più lunghi, tali da valorizzare la città anche oltre piazza San Marco e una visita banalizzante. Dobbiamo cambiare modello e puntare sulla qualità».
Ma i bilanci di Save non rischierebbero di soffrire con una minore presenza turistica su Venezia?
«Il Veneto è colmo di meraviglie da scoprire per un turismo colto e intelligente. Gli scali di Verona e di Treviso, che rientrano nel nostro sistema, possono essere funzionali a valorizzare le città d’arte e il Garda o l’area del Prosecco o le prossime Olimpiadi del 2026 o Antonio Canova o le ville di Palladio. Le ragioni di visita del Nordest sono infinite e poi a Venezia è possibile tornare più volte, se ritorna a essere vivibile e praticabile fuori dalla calca. Per Venezia ci vogliono meno turisti giornalieri mordi e fuggi e più turisti che soggiornano in città per alcuni giorni di seguito: persone che tradizionalmente arrivano per lo più in aereo».
Questi numeri e questo trend consentono di procedere con gli investimenti previsti?
«Il virus ha congelato tutto il trasporto aereo, che rappresenta il 3,6% del Pil nazionale. Il sistema aeroportuale italiano aveva in previsione investimenti in infrastrutture e tecnologie per oltre un miliardo, di cui 120-150 milioni da parte di Save. Speriamo il governo capisca».
Cosa chiedete al governo?
«Due sono i pilastri nei contratti di concessione: da una parte occorre una rimodulazione progressiva degli investimenti e dall’altra un riequilibrio del piano economico con l’estensione della durata della concessione. L’Unione europea si è già espressa a favore e nell’ultimo decreto legge vi è una norma in questo senso per i concessionari dei porti. E poi abbiamo anche noi l’ipoteca della burocrazia che rischia di rovinare un sistema che funziona: siccome non bastava una sola autority, cioè Enac, ne hanno creato un’altra chiamata Art, creando confusione, complicazioni e aumento di costi».
Cosa prevedeva il vostro piano di investimenti?
«Il nostro piano contiene un programma poliennale di poco inferiore al miliardo, di cui la metà già ampiamente realizzato. Ad ora il resto è in stand-by per il prossimo futuro, nell’attesa di vedere la evoluzione della crisi mondiale generata dal virus. Solo un investimento strategico porteremo avanti: contribuiremo alla realizzazione del collegamento ferroviario con lo scalo. L’intermodalità a quel punto sarà completata».
E riguardo allo scalo di Treviso cosa prevedete?
«Gli investimenti legati al nuovo masterplan per Treviso sono in attesa di approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente che non ha ancora emesso il Decreto di Compatibilità Ambientale, nonostante la Commissione Valutazione Impatto Ambientale abbia già espresso tre pareri positivi. Comunque, anche a livello di voli Treviso, specializzata nel low cost, è totalmente ferma».
Voi avete una partecipazione anche a Bruxelles/Charleroi. Vede differenze rispetto all’Italia?
«La flotta di Ryanair è bloccata sui piazzali. Simbolo parlante della paralisi. Ma ne usciremo. La decisione assunta qualche giorno fa dall’Unione europea, che consente di volare come prima del virus, con gli stessi coefficienti di riempimento e senza lasciar posti liberi, va nella direzione giusta».
Ma riempire l’aereo con gli stessi passeggeri ante virus garantisce adeguati standard di sicurezza?
«Aerei e aeroporti sono iper sicuri e iper controllati. Nella carlinga il ricambio d’aria totale avviene ogni 2/4 minuti e i getti d’aria avvengono dall’alto verso il basso, cosicché l’effetto droplet si scarica a terra. A Venezia poi abbiamo messo in atto una serie di provvedimenti e protocolli per evitare i contagi sfruttando anche l’esperienza maturata nelle precedenti crisi dovute a malattie infettive: dalla disinfezione dei luoghi ai percorsi separati, dal controllo della temperatura alla igienizzazione degli oggetti vari». —
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