Piattaforma logistica, svolta tedesca allo scalo di Trieste: entra il Porto di Amburgo
TRIESTE La verità emerge a poche ore da una firma che cambierà la storia del porto di Trieste. Niente più Cina: la maggioranza di Piattaforma logistica Trieste verrà acquisita oggi da uno più grandi protagonisti della portualità europea. Il Porto di Amburgo rileverà il 50,1% dagli imprenditori Francesco Parisi e Vittorio Petrucco, che rimarranno della partita dopo aver costruito un’infrastruttura di cui si è parlato per vent’anni. Il percorso per realizzare il Molo VIII e riconvertire la Ferriera di Servola può davvero cominciare e lo farà sotto insegne tedesche.
«No comment», rispondono in serie al telefono Parisi, Petrucco e il presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino. Eppure Plt ha organizzato per domani un evento, a cui parteciperà anche il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, presentato come la celebrazione della fine dei lavori sulla banchina, che nasconde tuttavia la volontà di apporre pubblicamente la firma a un accordo su cui le parti lavorano nella massima riservatezza dalla seconda metà del 2019, quando una fase di stallo del dialogo con China Merchants e la scadenza dell’esclusiva richiesta dai cinesi hanno visto Plt aprirsi all’interesse tedesco.
Il colosso asiatico ha cercato di rientrare in pista a inizio anno e pare intenzionato a tentare in futuro nuove collaborazioni, sebbene lo sviluppo occidentale della Via della seta stia incontrando difficoltà per la contrarietà americana. Ma la Germania ha dimostrato di saper fare affari con la Cina, pur senza inscenare le parate romane che tanto hanno irritato Washington al tempo della sottoscrizione del memorandum d’intesa.
Pochissimo era trapelato finora. Prima si è cominciato a parlare di interesse di operatori europei su Plt, poi la lente si è spostata sulla Germania. Ora Il Piccolo è in grado di anticipare che a mettere piede a Trieste sarà Hhla (Hamburger Hafen– und Logistik Aktiengesellschaft), società quotata in borsa ma controllata dalla municipalità di Amburgo, che dello scalo tedesco gestisce tre terminal container su quattro. Hhla e Plt limeranno i dettagli entro stamattina: Amburgo raddoppierà il capitale societario all’inizio del 2021, con un’iniezione da 12,5 milioni che garantirà la maggioranza del cda e la casella dell’amministratore delegato.
Comincerà così la storia dello sviluppo del Molo VIII e della riconversione della Ferriera. Il nuovo partner industriale ha risorse in abbondanza e molte ne serviranno. Il terminal di Servola costerà infatti 150 milioni tra smantellamento dell’area a caldo, messa in sicurezza e creazione dei piazzali, più altri cento per edifici direzionali, ferrovia e raccordo autostradale. Per il primo lotto del molo container serviranno poi, a seconda delle dimensioni, da cento a trecento milioni, che diventano un miliardo per raggiungere la massima estensione prevista dal piano regolatore del porto.
La trattativa era stata definita a febbraio, ma Amburgo ha voluto attendere la chiusura dell’Accordo di programma della Ferriera. Molto ha pesato allora il coraggio del friulano Petrucco, pronto a sottoscrivere con la sua Icop un impegno da venti milioni con il gruppo Arvedi, senza avere ancora la certezza di un socio internazionale alle spalle. Da una parte, la Icop è il braccio operativo capace di realizzare il nuovo molo e bonificare i terreni di Servola. Dall’altra, lo spedizioniere Parisi rappresenta il simbolo di un’imprenditoria triestina storicamente legata alla Mitteleuropa e capace di riportare il mondo tedesco a Trieste, sempre più via di transito meridionale al cuore del continente, come dimostra l’interesse di altri tedeschi (Duisport) nell’acquisizione di quote dell’Interporto, per non dire dell’oleodotto Siot che da solo soddisfa il 40% del fabbisogno di greggio della Germania.
Fondata nel 1885, Hhla gestisce buona parte dei traffici di Amburgo, primo porto container tedesco e secondo in Europa dopo Rotterdam. Ne 2019 la società ha fatturato 1, 35 miliardi, movimentato merci per 7,6 milioni di Teu (dieci volte il traffico di Trieste) e gestito un patrimonio umano di oltre seimila dipendenti ad alta specializzazione. Quella in Adriatico è la terza operazione fuori dai confini nazionali, dopo l’acquisizione di terminal nei porti di Odessa e Tallin. Amburgo è un colosso rispetto a Trieste, con cui condivide però la natura di scalo ferroviario (da 200 treni al giorno) e il controllo di una propria società ferroviaria (la Metrans), presente in molti paesi dell’Europa centro-orientale. Oltre alle conoscenze nell’ambito dei trasporti intermodali, Hhla ha grande esperienza nel campo dell’automazione dei terminal, della digitalizzazione, dell’impiego di mezzi elettrici e della riduzione dell’impatto ambientale. A capo di Hhla c’è una donna: Angela Titzrath.
La compagnia aveva un interesse specifico su Trieste, tanto da aver bussato anche alla porta del Molo VII, dovendo però constatare l’indisponibilità di Trieste marine Terminal (Msc e To Delta) alla cessione di quote. Per Amburgo, aprire una via da Sud all’Europa centrale è strategico: si tratta di un’opzione più breve rispetto alla rotta del Nord e inoltre il riscaldamento globale sta riducendo la portata dei canali che hanno fatto la fortuna dei porti tedeschi, costretti ora a continui dragaggi per far passare navi sempre più grandi. Trieste piace allora per fondali, collocazione e collegamenti ferroviari in fase di potenziamento.
Ci sarà effettiva volontà di far decollare il porto o è solo un modo di porre sotto controllo un potenziale concorrente? Spetterà all’Autorità portuale vigilare sul piano industriale, ma dalla Torre del Lloyd trapela che Hhla ha costruito piani di sviluppo più credibili rispetto a China Merchants. Ne sapremo di più quando nei prossimi mesi Authority e Plt ridiscuteranno tempi e modi della concessione, sulla base degli impegni assunti dalla società a guida tedesca, che dovrebbe gestire anche la Grande stazione di Servola. Ma ora il primo passo sarà il via libera del governo, che sulle infrastrutture strategiche può far scattare il golden power. Dovrebbe essere una formalità, mentre non poche incognite si sarebbero sollevate con la Cina al posto della Germania. —
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