Treno veloce Trieste-Venezia: si punta sul Recovery Plan
TRIESTE Non sono i colori delle misure restrittive anti-Covid, ma disegnano comunque un quadro preoccupante per l’economia del Friuli Venezia Giulia. Il problema è quello dell’assenza di una rete ad alta velocità e, di conseguenza, dello scarso utilizzo del trasporto ferroviario. Una cartina elaborata da The European House–Ambrosetti nel rapporto “Venezia Giulia 2025-Strategie e azioni per la competitività” presentato in Camera di commercio dimostra plasticamente l’isolamento della regione.
Il Fvg è colorato di grigio, la fascia in cui la popolazione impiega tra una e due ore per raggiungere le stazioni dei i treni veloci. I tempi lunghi sono evidenti: 2 ore e 15 minuti da Trieste a Venezia, 3 ore e 15 fino a Verona, 1 ora e 50 da Udine a Venezia, 3 ora e 40 da Udine a Verona.
Per poterli contenere molto dipende dalla velocizzazione della linea Trieste-Venezia, che consentirebbe a un treno passeggeri di collegare le due città in poco più di un'ora. Ambrosetti: gap infrastrutturale Il gap infrastrutturale è uno dei nodi da risolvere per la Venezia Giulia sottolinea Ambrosetti: «Questo divario limita la connettività fisica e digitale e lo “isola” dal resto d’Italia: da un lato, i tempi di percorrenza per il raggiungimento di stazioni dell’Alta Velocità sono molto elevati (ovunque sul territorio compresi tra una e due ore) e manca una rete ad Alta Velocità nella Regione». Nel suo report Ambrosetti considera propritarie «le connessioni con i treni ad Alta Velocità per sfruttare il collegamento sulla rotta Venezia Mestre-Verona-Milano per il traffico passeggeri e sulla tratta linea Trieste-Cervignano-Udine-Tarvisio per il traffico merci.
L’aeroporto di Ronchi dei Legionari deve diventare il fulcro dei collegamenti interni di persone e merci, potenziando l’interscambio treno-aereo. Il treno veloce per Venezia Nell’aprile scorso, dopo l'audizione in videoconferenza nella quarta commissione consiliare, su sollecitazione del gruppo 5 Stelle, sono spuntati gli studi di fattibilità di Rete ferroviaria italiana - già presentati o in fase di redazione –, con l’anticipazione da parte della società nazionale di cantieri in avvio nel 2021 e conclusione dei lavori in cinque anni.
Un progetto «propedeutico» alla Tav, disse allora l’assessore ai Trasporti Graziano Pizzimenti, che conferma oggi di non avere accantonato la tentazione dell’alta velocità. Ma, ammette, «negli ultimi mesi non si è saputo più niente, è tutto fermo». Qualcosa in realtà si è mosso. Il governo ha indicato Vincenzo Macello, responsabile della Direzione Investimenti di Rfi, nel ruolo di commissario per la velocizzazione della tratta Trieste-Venezia. La lista dei commissari di 59 grandi opere dovrà essere approvata dalle camere, ma la crisi di governo ha inevitabilmente interrotto l’iter. Dopo di che è anche una questione di risorse. Il valore dell’opera è aumentato dagli iniziali 1,8 miliardi a 2,2 miliardi, ma al momento risultano stanziati solo 200 milioni (dal ministero Delrio, era il 2016). I fondi del Recovery Plan Ci sarebbe il Recovery plan e la Regione ha inserito il finanziamento dei lavori nel pacchetto da oltre 10 miliardi da presentare a Roma, a questo punto al nuovo governo. Di certo, per adesso, c’è solo l’insoddisfazione dell’impresa.
«L’errore è a monte – dice il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti –, quando si è rinunciato alla Tav, in maniera assai poco lungimirante. Ora serve almeno agire tempestivamente per raggiungere l’obiettivo minimo del potenziamento dell’esistente». Secondo Agrusti c’è anche però la criticità su un altro asse, «quello della Venezia-Udine-Tarvisio, indispensabile per la sua funzionalità di collegare i retroporti di Fernetti, Gorizia, Cervignano e Pordenone con una direttrice diretta verso l’Austria, a integrarsi con i corridoi europei».
Alla presidente di Confindustria Udine Anna Mareschi Danieli il progetto di velocizzazione convince invece più della Tav: «Piuttosto che pesanti investimenti nell’alta velocità dai ritorni economici molto incerti, riteniamo sarebbe più corretto usare le risorse per aumentare la capacità delle attuali linee, senza però perdere di vista il collo di bottiglia di Monfalcone, che in questo caso potrebbe effettivamente essere un problema per l’ulteriore sviluppo ferroviario del porto di Trieste, a maggior ragione ora che vi sono approdati gli operatori di Amburgo».
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