Italia, dal ritardo cronico al boom l’e-commerce vale già 200 milioni
L’Italia fanalino tra i grandi mercati internazionali per vendite digitali nel settore agroalimentare ma il lockdown ha costretto tutti a sfidare la diffidenza: un bevitore su quattro compra online

Maledetto lockdown, ma non per tutti. Il wine e-commerce ha approfittato dell’anno nero per trasformarsi da canale di vendita poco frequentato a vetrina e soprattutto business importanti, con un giro d’affari arrivato a sfiorare i 200 milioni di euro solo in Italia, secondo le stime di chiusura del 2020. Ancora poco, vero, ma il trend di crescita è netto e non sembra destinato ad arrestarsi, anzi: dal 2009 al 2019 le vendite online di vino sono passate dall’1% al 7% del totale nella grande distribuzione, per quasi due miliardi di bottiglie in valori assoluti, e nel 2020 la percentuale si stima possa salire al 10-12%. Prima della pandemia l’Italia era all’ultimo posto tra i grandi mercati internazionali: l’e-commerce rappresentava appena l’uno per cento delle vendite retail di vino. Una percentuale ridottissima, se si confronta al 4% degli Usa, al 10% della Gran Bretagna e al 29% della Cina.
La prudenza
Secondo Eurostat, in Italia solamente il 6% della popolazione ha fatto acquisti alimentari online nel 2019, percentuale distantissima dal 36% dei Paesi Bassi o dal 32% del Regno Unito. Anche i produttori sembrano in molti casi prudentissimi, per non dire restii: «Sull’online non siamo praticamente presenti ma lo stiamo considerando, siamo stati anche contattati da Amazon – ha detto Flavio Bellomo, presidente di Vini La Delizia, la più grande cantina cooperativa del Friuli Venezia Giulia – vanno calibrate bene le offerte, non vogliamo cannibalizzare il canale Horeca e il lavoro fatto in questi anni». «Molti produttori sono ancora lontani dal capire le potenzialità dell’online, hanno paura di toccare la propria struttura di vendita. Devono capire che è un canale aggiuntivo, non sostitutivo», spiega Enrico Cammareri, amministratore delegato della trevigiana Geppa, web agency che aiuta i piccoli produttori a entrare nel mercato digitale.
L’accelerazione
A dare un’accelerazione pesante al wine e-commerce italiano nel 2020 è stato il lockdown: lo scorso anno oltre otto milioni di persone hanno acquistato bottiglie online, una cifra pari al 27% dei consumatori totali di vino, in crescita di dieci punti rispetto al 2018. In pratica, oggi oltre un bevitore di vino su quattro compra anche online. Il peso dell’e-commerce sul totale delle vendite di vino retail si stima possa passare dall’uno per cento al 2-3% nel 2021.
Contatto diretto
Esserci, online, oggi è fondamentale non solo per vendere in maniera diretta: la presenza in portali multimarca e il presidio dei social network oggi sono fondamentali anche per aumentare il contatto con la clientela e la percezione del brand, e lo saranno sempre più. «Questi strumenti vanno incontro alle esigenze dei consumatori che sempre più spesso desiderano comparare prodotti, verificare filiere e certificazioni, effettuare percorsi enogastronomici digitali di degustazione e acquistare on line», spiega Giovanni Foresti, della direzione Studi e ricerche Intesa Sanpaolo. «Quello online è un canale che non si spegnerà quando finirà la pandemia, anche perché porta a un contatto diretto con i clienti, c’è un feedback istantaneo anche sulle tendenze di consumo», conferma Giancarlo Moretti Polegato, Villa Sandi.
Gli operatori
Tannico, Vino.com, Callmewine.com ed Xtrawine, i cosidetti “pure player”, mettono insieme un fatturato di 82 milioni di euro nel 2020, con una crescita superiore all’80% sul 2019. Sono loro a monopolizzare il mercato online italiano, con percentuali residuali per Amazon, che al momento sembra ai margini di questo mercato, ma chissà se ci investirà. È un canale che sicuramente andrà incontro a una forte polarizzazione: pochi protagonisti per grossi volumi, ai piccoli resteranno le briciole. Vanno forte anche le consegne a domicilio, con app come Winelivery che ha chiuso il 2020 con oltre 700 mila download e un fatturato di 7,5 milioni di euro, sei volte quello 2019. —
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