Italia-Serbia, interscambio da record nel 2021

Superati i 4,1 miliardi con un +23,5% rispetto al 2020. Le regioni del Nordest valgono un quinto del totale

Nel 2021 l’import-export Italia-Serbia tocca il massimo storico

di Federico Piazza

L’interscambio commerciale tra Italia e Serbia ha raggiunto nel 2021 un nuovo record. Lo evidenzia la Camera di Commercio e Industria della Serbia, che ha la sua sede di rappresentanza in Italia a Trieste. Superati i 4,1 miliardi di euro con un incremento del 23,5% sul 2020, secondo i dati dell’Istituto di Statistica di Serbia. L’export italiano nel principale Paese dei Balcani Occidentali è cresciuto del 20% a 2,3 miliardi di euro, con le tre regioni del Triveneto che contano per circa un quinto del totale. Mentre l’import è aumentato del 29% a 1,8 miliardi.
La Serbia, con 7 milioni di abitanti e un Pil nominale nel 2021 di 55 miliardi di euro, rappresenta il 60% dell’economia dei Balcani Occidentali, cioè dei sei Paesi dell’ex Jugoslavia con 18 milioni di abitanti complessivi per i quali è in corso un processo di graduale integrazione nell’Unione Europea. La Serbia ha lo status di candidato ufficiale, assieme a Montenegro, Macedonia del Nord e Albania, mentre Bosnia-Erzegovina e Kosovo sono potenziali candidati. L’Italia è il secondo partner economico della Serbia dopo la Germania in termini sia di interscambio commerciale sia di numero di progetti con investimenti diretti (14,4% del totale), e il primo in termini di valore dello stock investito (10,7% del totale, flusso di oltre 34 miliardi dal 2007), con più di 1600 imprese a capitale italiano operanti nel Paese che contribuiscono a circa il 5% del Pil.
«Siamo molto soddisfatti dal dato raggiunto da importazioni ed esportazioni, che mostra come il lavoro per incrementare lo scambio tra i due Paesi stia dando i suoi frutti, così come per gli investimenti diretti», commenta Milan Vranic, direttore in Italia della Camera di Commercio e Industria della Serbia. «Ma ora occorre fare un passo in più nella collaborazione tra imprese italiane e serbe, in particolare tre le PMI, in una logica di internazionalizzazione che permetta di sviluppare assieme sia il mercato dei Balcani sia mercati terzi in EU ed extra EU».
A tal proposito, rispetto ai Balcani Occidentali e al ruolo che quest’area può avere come piattaforma di accesso ad altri mercati per le imprese nordestine, è stata avviata nel 2021 una più stretta collaborazione con la Camera di Commercio e Industria della Serbia nell’ambito del Sistema Nordest coordinato da Finest. Osserva Alessandro Minon, presidente di Finest: «Attraverso il progetto “Sistema Nordest per l’internazionalizzazione», che vede coinvolte la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la Regione Veneto e la Provincia di Trento con Finest come soggetto esecutore di iniziative a favore dell’internazionalizzazione d’impresa e focus particolare verso i Balcani, la Serbia resta centrale nelle dinamiche di sviluppo internazionale delle imprese del Triveneto, anche viste nei termini di near-shoring collaborativo Italia-Serbia. Le nostre imprese potranno anche contare sul partenariato attivato dal progetto, in particolare con la Camera di Commercio della Serbia».

Vranic sottolinea l’esigenza di sviluppare forme di collaborazione tra aziende del Nordest e aziende serbe in vari comparti. Partnership per progetti a lungo termine volti a produrre e commercializzare assieme nuove tipologie di prodotti e tecnologie innovative e a sfruttare in sinergia i rispettivi contatti nei diversi mercati internazionali. Le imprese serbe, per esempio, oltre che in Eu e nei Balcani Occidentali hanno importanti relazioni economiche con la Turchia, la Cina e i Paesi della comunità economia euroasiatica. «Sicuramente nel tessuto produttivo del Triveneto ci sono molte PMI con caratteristiche adatte a sviluppare partnership strategiche con aziende serbe. L’alimentare è il settore più attraente per le prospettive di collaborazione, ma ci sono interessanti opportunità anche nell’ambito dei macchinari industriali e dell’ICT», nota Vranic. Che sottolinea l’esempio del food, dove ci sono nicchie di mercato in espansione come quelle dei prodotti senza glutine e degli integratori alimentari: «Spesso le PMI, italiane o serbe che siano, non sono in grado di soddisfare commesse rilevanti da grandi distributori, perché non hanno la struttura per produrre volumi più grandi nei tempi richiesti e a prezzi competitivi, e perdono opportunità di business. Ma se uniscono le forze, anche attraverso joint-venture, possono fare di più mettendo a fattor comune idee e tecnologie per progetti innovativi e di accesso a nuovi mercati».

La crescita internazionale passa quindi attraverso la collaborazione tra imprese, a maggior ragione per le medio-piccole. «Non è assolutamente una questione di delocalizzazione, non è la logica basata solo sulla ricerca dei costi e della tassazione più bassa», rimarca Vranic. «Il processo di internazionalizzazione implica infatti un processo di scambio collaborativo tra aziende: lavorare assieme, usare e sviluppare nuove tecnologie imparando assieme, coordinare il marketing e le azioni commerciali sui diversi mercati. Ma occorre superare le diffidenze e il timore di aprirsi ad altre realtà dello stesso settore che spesso caratterizza ancora la cultura d’impresa».

Ma l’intensificazione delle collaborazioni tra imprese passa inevitabilmente anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture logistiche. Oggi molto del traffico merci avviene su strada, ed è necessario migliorare i collegamenti ferroviari tra il Nordest e la regione balcanica in generale, dove investimenti su linee per trasporti merci e passeggeri sono in corso. «Inoltre la Serbia deve imparare a usare di più il porto di Trieste, ad oggi il traffico via mare si basa soprattutto su Montenegro e Capodistria», osserva Vranic, sottolineando come nel frattempo la Camera di Commercio della Serbia abbia insistito a lungo per il ripristino, a partire dal prossimo 2 giugno, del collegamento aereo Trieste-Belgrado in aggiunta a quelli da Venezia, Bologna, Milano e Roma.

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