J'accuse di Dolcetta a Confindustria e al Veneto

Il vice di Squinzi, il vicentino Stefano Dolcetta, scrive una lettera ai colleghi. No a una vicepresidenza se il prezzo è appoggiare un candidato al ribasso. Per l'associazione è tempo di cure dimagranti, svecchiamento e nuove idee

Si definisce un “guastafeste”; poi attacca “il clima di indifferente festosità che sta avvolgendo la campagna elettorale di Confindustria”. A parlare è Stefano Dolcetta, numero uno di Banca Popolare di Vicenza. Ma soprattutto, e ancora per due mesi, vicepresidente di Giorgio Squinzi in Confindustria.

Dolcetta è l’uomo di viale dell’Astronomia per le Relazioni industriali. Imprenditore meccanico della Fiamm che si è scontrato proprio con Squinzi sul rinnovo del contratto della sua categoria. Dolcetta non ha mai fatto mistero di volere un industriale manifatturiero e meccanico ai vertici della Confindustria. Oggi, in una lettera al Corriere del Veneto, spiega che quello che sta accadendo nella corsa al dopo Squinzi lo rammarica. E non poco.


Dolcetta aveva scommesso sulla presenza di Fabio Storchi, oggi presidente di Federmeccanica. Ma Storchi non è mai sceso in campo. Forse aveva troppo da perdere. Forse ha sbagliato i tempi, ed è arrivato troppo tardi. A quel punto, Storchi non ha potuto che tifare per il suo corregionale Alberto Vacchi. Ma Vacchi per Dolcetta potrebbe non essere garanzia di una “radicale inversione di tendenza”, quella che invece chiede il titolare della Fiamm. Così, ha scritto ai “colleghi veneti” per farli riflettere.

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La redazione


La lettera è un atto di accusa all’odierna Confindustria. Dolcetta punta il dito sul Contratto con la “c” maiuscola, e rileva che gli interessi dell’industria non sempre vengono fatti dalla leadership industriale dell’associazione. “Promozione delle idee e efficacia nell’ottenere i risultati non smrpe sono stati obiettivi traguardati” scrive. La struttura confindustriale risente dell’età, delle stratificazioni culturali e di “una certa ambiguità nel bagaglio delle competenze necessarie”. Invoca una “sana cultura dimagrante” e l’invito a “reinnamorarsi della Confindustria che vorremmo”. Segno che ora, forse, il sentimento è l’opposto.


Poi scrive ai veneti e all’atteggiamento che “vorrei avessero gli industriali per invertire le rotta che da tempo ci rende residuali rispetto alla conduzione di Confindustria”. E scrive: “Se per i colleghi di altre realtà il tema dei programmi su cui giudicare le candidature è essenziale, per i veneti è vitale: possiamo rinunciare a tutte le cariche, anche a una vicepresidenza – dice per assurdo -  per sostenere un buon programma”. Non programmi al ribasso dunque. Ma neanche poltrone. “Con un programma al ribasso per ottenere una vicepresidenza avremmo segnato una pagina nerissima della nostra vita associativa”. Forse un monito a un’idea che si sta formando a Nordest?

Il 29 Veneto, Fvg e Trentino Alto Adige incontreranno i quattro candidati. La partita è tutta da giocare. E Dolcetta non ha voluto uscirne senza dire la sua. E di pensieri controcorrente oggi, dopo le esternazioni di Alberto Baban che è il candidato veneto mai emerso, iniziano ad essercene più d’una.

Intanto i saggi lavorano per portare a due, anzichè quattro il numero dei candidati. Rumors dicono che la candidatura del bresciano Bonometti sia funzionale alla corsa di Vincenzo Boccia in funzione anti Vacchi. Assolombarda si è schierata per Vacchi ma le territoriali della lombardia andranno in ordine sparso. Vacchi conta già dell'appoggio delle emiliane. A breve la scelta della categoria più pesante di Confindustria: federmeccanica. Poi anche il Nordest dovrà decidere. Seguirà i consigli di Dolcetta?

@eleonoravallin
 

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