La farmaceutica attività anticiclica: «Le nostre imprese forti esportatrici»

Non solo la natura anticiclica del business e la risposta ai bisogni emergenti in questa fase di emergenza sanitaria. La resistenza del settore farmaceutico in una stagione molto negativa per l'economia è frutto di una serie di ragioni in buona parte strutturali, che hanno a che fare con l'accresciuta consapevolezza delle persone in tema di salute e anche con i fondamentali robusti delle aziende attive nel comparto, molte delle quali integrate nelle filiere internazionali della produzione e distribuzione.
Dinamiche controcorrente
Così il Pharma è riuscito a essere fin qui una ciambella di salvataggio per le dinamiche occupazionali, come dimostrano diverse rilevazioni. Secondo Unioncamere, nel primo bimestre le assunzioni in Friuli Venezia Giulia sono state ben il 30% in meno di un anno fa, con un calo generalizzato a livello merceologico, a eccezione di alimentari, farmaceutica e logistica.
L'ultimo bollettino di Veneto Lavoro, relativo ai primi nove mesi del 2020, segnala che a fronte di una contrazione della domanda di lavoro che nel settore della cultura arriva al 64% rispetto a un anno, l'industria farmaceutica si muove in controtendenza (+17%) ed è l'unico comparto a far segnare un deciso rialzo.
Così non sorprende registrare come molte delle aziende di settore siano alla ricerca di nuovi professionisti e, di pari passo, abbiano messo mano agli impianti per renderli più funzionali all'evoluzione del mercato. L'ultimo report annuale di Farmindustria è riferito al 2019, ma da allora non vi sono stati particolari sconvolgimenti. A Nordest la maggior parte delle aziende del settore è concentrata in Veneto, quinta regione in Italia per presenza farmaceutica.

In particolare, Verona e Vicenza sono tra le prime 25 in Italia sia per numero di addetti sul totale dell'occupazione farmaceutica a livello nazionale, sia per quota sul totale dell'occupazione manifatturiera provinciale. Nelle imprese del farmaco ubicate nelle tre regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) sono impiegate 5.607 persone.
Se si considera anche l'indotto, il numero degli occupati sale a circa 12.300 persone.Focus sull'exportI dati sulle esportazioni si possono invece ricavare dalle analisi dell'Istat. Le vendite oltrefrontiera, che da sempre costituiscono una componente fondamentale dell'industria farmaceutica, per il Triveneto valgono 948 milioni, cioè il 27% di tutto l'export hi-tech. Se si confronto i dati del 2019 con quelli del 2014, la crescita è nell'ordine del 69%. «Il Triveneto esporta in tutto il mondo ed è caratterizzato da un vasto tessuto produttivo, che negli anni ha raggiunto livelli di eccellenza nel mercato internazionale della farmaceutica», racconta Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria.
Nessun fermo produttivo
«Il settore ha superato senza grandi problemi questi mesi difficili grazie a due ordini di ragioni: perché può contare su aziende con fondamentali sani e orientate a una crescita sostenibile nel tempo; perché non si è mai fermato, nemmeno durante il primo lockdown, data la delicatezza del settore».
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C'è anche un terzo aspetto che si è rivelato decisivo: il fatto che la maggior parte delle aziende farmaceutiche si sia attivata per mettere in sicurezza tanto la produzione, quanto i lavoratori ben prima che fossero decise le restrizioni a livello politico.
«Il tempismo», ricorda Scaccabarozzi, «è stato quanto mai decisivo». Questo ha contribuito a chiudere il dato con «una performance positiva della produzione, nonostante la flessione del mercato interno di circa il 3%», aggiunge il presidente di Farmindustria.
Tendenze confermate da Boehringer, che a Noventa Padovana ha il sito produttivo di Boehringer Ingelheim Animal Health Italia, fondato nel 1990, con circa 110 collaboratori, dedicato alla produzione di vaccini contro molteplici virus e batteri, come l'influenza aviaria, la salmonella e il mycoplasma, per la maggior parte destinata all'esportazione, in particolare nei Paesi asiatici.
È un sito ad elevata tecnologia, dove vengono svolte tutte le fasi della produzione, a partire dal principio attivo fino al confezionamento. «Per quanto ci riguarda abbiamo preso le misure necessarie per poter assicurare prima di tutto la continuità produttiva, i nostri due siti produttivi italiani hanno mantenuto piena attività anche nelle fasi più critiche della pandemia, garantendo ai pazienti l'accesso alle terapie», racconta Morena Sangiovanni, presidente del gruppo Boehringer Ingelheim Italia.
«Un'altra sfida importante è stata modificare, senza interrompere, la relazione coi medici e gli operatori sanitari, attraverso un rafforzamento delle modalità digitali». Il risultato di tutte queste iniziative è stato che «tra le nostre fabbriche non c'è una che abbia chiuso e solo il 3% ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali», conclude Scaccabarozzi. --
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