La guerra infiamma il Mar Rosso: rischiano i porti dell'Adriatico
Merci e traffici, nuove rotte per il Nord Est: «In aumento costi e tempi»

Il nuovo fronte di crisi in Medio Oriente arriva in mare costringendo le navi portacontainer, in fuga dal Mar Rosso, a cercare nuove rotte commerciali con immediate ripercussioni non solo sui tempi di percorrenza della tratta Asia-Europa, ma soprattutto sui prezzi delle merci trasportate. Le conseguenze dell’attacco aereo di Usa e Gran Bretagna contro le posizioni militari Houthi nello Yemen, in risposta agli assalti dei ribelli alle navi in transito nel Mar Rosso, preoccupa le imprese del Nord Est, considerato che il Far East è una rotta che pesa per il 50% del traffico delle nostre aziende.
Il timore, visto anche l’immediato rialzo del prezzo del petrolio salito ieri di oltre il 4% con il Brent a 80 dollari al barile, è quello di dover affrontare una nuova “tassa Houthi” su gran parte dei prodotti in arrivo dall’Est, dalle materie prime, agli hardware per arrivare ai capi di abbigliamento.
Da settimane ormai le portacontainer sono state dirottate verso il Capo di Buona Speranza sulla punta meridionale dell’Africa. Una deviazione che significa da otto a dodici giorni in più di navigazione, ovvero più consumo di energia, maggiori costi di assicurazione, con tempi di immobilizzazione più lunghi per equipaggi e navi. «Le imprese sono preoccupate soprattutto per il probabile aumento dei costi legati alla chimica», spiega il friulano Paolo Fantoni, presidente nazionale di Assopannelli, «il timore è che poi la crescita dei prezzi si incroci con la scarsità dei materiali innescando così fenomeni speculativi. Al momento non vediamo ancora una diretta incidenza per l’industria del mobile ma è evidente che se la crisi non dovesse rientrare il settore rischia di avere un pesante aggravio dei costi di trasporto verso i mercati esteri, dall’Arabia alla Cina». Ma Fantoni individua anche un altro motivo di preoccupazione per il sistema economico del Nord Est. «Il rischio è che le navi, dopo aver passato il Capo di Buona Speranza, puntino direttamente a Nord verso Rotterdam», aggiunge, «tagliando fuori i nostri sistemi portuali con inevitabili ripercussioni in termini di perdita di posti di lavoro e aggravio di costi».
Il valore dell’import-export italiano marittimo che transita per il canale di Suez ammonta a oltre 150 miliardi di euro. E dover dirottare le navi implica inevitabili ritardi in carico e scarico anche da e per i porti italiani, in particolare quelli di Genova, Trieste e Gioia Tauro, i principali scali nazionali per container e carichi energetici. E il timore espresso da Fantoni è condiviso anche da Zeno D’Agostino, presidente dell’Espo, l’associazione dei porti europei e dell’Autorità Mare Adriatico Orientale. «Se non si risolverà la situazione sicurezza, nel medio periodo ci potrebbe essere un cambio di rotte strutturale», afferma, «è evidente che una nave che circumnaviga l’Africa in maniera sistematica non avrebbe interesse a raggiungere il Mediterraneo orientale o l’Adriatico e punterebbe invece direttamente sui porti del Nord Europa. Ma, a prescindere da Trieste, ci sono in ballo interessi internazionali di così grande portata che penso e spero che tra fine gennaio e inizio febbraio i flussi torneranno regolari attraverso Suez».
«I rischi nel breve periodo sono soprattutto legati agli aumenti dei prezzi», spiega il presidente dell’Autorità portuale di Venezia, Fulvio Lino Di Blasio. Cma-Cgm, la compagnia francese tra i principali operatori mondiali nel settore container, ha infatti raddoppiato il costo di trasporto di un container da 40 piedi dal Sud Est Asiatico portandolo da tremila a seimila euro. Se la crisi perdurasse, convengono anche dal porto di Venezia, il rischio è che il traffico navale, invece di affrontare Suez, «passi da Gibilterra penalizzando i porti del Mediterraneo orientale, tra cui Venezia».
L’alternativa al mare viaggia su rotaia ed è stata individuata dalla trevigiana D.B. Group. L’azienda di Montebelluna, per far fronte alle incertezze e ai ritardi dei viaggi via nave, ha infatti riattivato una linea di collegamenti ferroviari per la ricezione delle merci dalla Cina. Come soluzione di emergenza D. B. Group sta dunque predisponendo un treno speciale composto da cinquanta vagoni con merci riservate che partirà il 31 gennaio per un viaggio su ferrovia che avrà una durata di 25 giorni per percorrere circa diecimila chilometri. Da poco sono state aperte le prenotazioni anche per il secondo convoglio, in partenza il prossimo 3 febbraio da Chengdu e in arrivo a Milano (Melzo) e a Padova.
«In questa fase le merci in acqua navigano veramente in un mare di incertezze», spiega Silvia Moretto, amministratore delegato dell’azienda di Montebelluna, «perché alle bombe si aggiungono la pausa per il Natale e a breve quella del Capodanno cinese, senza tener conto dei prezzi a volte più che raddoppiati ed essi pure in balia di incertezze. I primi D.B. Block Train lasciano la Cina prima del Capodanno cinese e offriamo intanto ai nostri clienti un punto di riferimento certo, senza contare che per la sicurezza ogni vagone è dotato di localizzatore Gps». Tutto questo nella speranza che nelle acque del Mar Rosso non si inneschi una escalation militare. —
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