La moda in ginocchio chiede aiuto al Governo, timore per i distretti veneti
Settore moda a rischio: le parti datoriali e i sindacati di categoria inviano un documento al Governo con alcune proposte per uscire dalla crisi. Se in Italia il settore del tessile-moda-accessorio è costituito da 66 mila aziende in grado di occupare direttamente oltre 580 mila addetti per un fatturato di 96 miliardi euro, in Veneto i numeri non sono da meno. In Veneto nel primo trimestre 2020, si contavano 8.520 imprese (pari al 10,8% del comparto italiano) con un fatturato che pesa, a livello nazionale, per il 20,5%.
Stiamo parlando del distretto calzaturiero della Riviera del Brenta e di quello dello sport system di Montebelluna, di quello dell’occhialeria la cui massima concentrazione è in provincia di Belluno, e di quello dell’abbigliamento diviso tra Vicenza e Treviso perlopiù.
Un settore importantissimo la cui crisi non deve essere sottovalutata. Anzi. È necessario passare subito alle contromisure per sostenerlo e rilanciarlo.
La parola d’ordine è “fare in fretta” per evitare che a crollare sia anche tutto l’indotto collegato alla moda: dalla distribuzione commerciale al turismo. Il lockdown ha già arrecato parecchi danni: aspettare ancora sarebbe deleterio.
Le proposte. Per la prima volta, dopo tanto tempo, la crisi del settore è riuscita a mettere d’accordo tutti i protagonisti: da Confindustria Moda ad Anfao (Occhialeria) da Assocalzaturifici ad Assopellettieri, dal Sistema moda Italia (Smi) all’Unione dell’industria conciaria (Unic) passando per le sigle sindacali di categoria Femca Cisl, Uiltec e Filctem Cgil. E se per tutti la priorità resta garantire la sicurezza contro il Covid-19 ai lavoratori, dall’altro c’è la volontà di «recuperare al lavoro il più velocemente possibile tutti gli addetti di tutti i comparti e le funzioni di filiera, oltre a risolvere alcuni problemi strutturali del comparto palesatisi durante questi mesi».
Il documento inviato al governo e sottoscritto a Milano il 21 settembre scorso prevede che si introduca una riduzione del cuneo fiscale, che si estendano gli ammortizzatori sociali (dalla Cig allo stop ai licenziamenti) fino a tutto il 2021 per «salvaguardare il patrimonio di professionalità faticosamente costruito negli anni e indispensabile per il rilancio futuro del settore», si legge.
Ma, parlando di cassa integrazione le parti sociali ravvedono la necessità di innalzare gli attuali massimali mensili e di velocizzare le procedure autorizzative. Inoltre, chiedono che venga agevolata la crescita dimensionale delle imprese. La formula di un tempo del “piccolo è bello” è superata: ora per sopravvivere alle sfide del futuro bisogna essere ben equipaggiati e dimensionati. Importante sarà sostenere economicamente sia il ritorno in Italia di alcune produzioni prima portate all’esterno (reshoring) sia le imprese che hanno deciso di non delocalizzare.
Nel documento si chiede di tutelare il settore dalla concorrenza sleale, dalle produzioni illegali e dal dumping contrattuale applicando i contratti collettivi rinnovati, ma anche sostenendo le fiere e tutte le attività per far conoscere il prodotto nel mondo. Su tutti questi punti imprenditori e sindacati hanno chiesto al governo l’apertura di un tavolo di confronto.
I sindacati. «Sarà essenziale fare tutto con grande celerità perché una parte importante delle aziende e della filiera produttiva resiste solo grazie al massiccio utilizzo della cassa integrazione», commentano i segretari veneti Stefano Zanon (Femca Cisl), Giampietro Gregnanin (Uiltec Uil) e Michele Cosmo (Filctem Cgil).«È una situazione difficile e quindi ben vengano prese di posizioni condivise dal mondo produttivo e dalle associazioni sindacali. È auspicabile che il governo e le istituzioni raccolgano l’appello», dice Zanon.
Per Cosmo «sarà necessario affrontare il tema degli ammortizzatori sociali accompagnati da politiche industriali di rilancio e di investimento, insieme alla discussione del contratto di lavoro fermo da tempo al palo». «Vogliamo», conclude Gregnanin «contestualizzare il problema del “sistema moda”, dentro la necessità di un patto per il lavoro con la nuova giunta veneta». —
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