La nuova Iri, l’esperto: «Regime che aiuterà il rafforzamento delle piccole imprese»

È questo il pensiero di Fabio Ciani, avvocato tributarista, partner di Studio Legale Tributario Internazionale, nonché autore di numerose pubblicazioni in tema tributario, a proposito dell’Iri, l’imposta sul reddito degli imprenditori che verrà introdotta con la delega fiscale alla quale sta lavorando il Governo
Luigi Dell’olio

«L’obiettivo del legislatore è favorire la patrimonializzazione delle imprese, considerato che nello scenario competitivo attuale le dimensioni sono sempre più importanti per difendere i margini e investire nell’innovazione. Per le tempistiche dell’attuazione, si prospetta un anno, a patto che si risolvano alcuni punti che potrebbero generare criticità».

È questo il pensiero di Fabio Ciani, avvocato tributarista, partner di Studio Legale Tributario Internazionale, nonché autore di numerose pubblicazioni in tema tributario, a proposito dell’Iri, l’imposta sul reddito degli imprenditori che verrà introdotta con la delega fiscale alla quale sta lavorando il Governo.

Una misura in realtà già introdotta nel nostro ordinamento nel 2017, ma fin qui congelata per ragioni di cassa. Il suo obiettivo è di uniformare la tassazione delle imprese, indipendentemente dalla loro forma giuridica, eliminando la penalizzazione al reinvestimento degli utili da parte delle imprese che operano in regime Irpef, cioè società di persone e imprese individuali.

Dopo i continui rinvii, potrebbe dunque essere il momento giusto per partire con la flat tax al 24% per i piccoli imprenditori, cuore pulsante del Nord-Est? Le stime più recente parlano di una platea di circa 300 mila realtà in Italia, tra cui 40 mila in Veneto e oltre 8 mila in Friuli Venezia Giulia.

«L’avvio di questo regime opzionale è previsto all’interno della delega fiscale per cui ci sono motivi per ritenere che questa volta entrerà in vigore. I decreti attuativi dovranno essere licenziati nel primo semestre del 2024, con l’entrata in vigore attesa per la fine del prossimo anno. Se tutto andrà secondo le previsioni, si prospetta un risparmio importante per le piccole realtà che finora hanno pagato l’Irpef, con aliquote fino al 43%, alla quale si aggiungono le addizionali regionali e locali. In questo modo il legislatore incentiva l’autofinanziamento e il rafforzamento patrimoniale delle imprese».

Con la nuova disciplina, gli utili non potranno più essere distribuiti?

«Sarà sempre possibile il prelievo per le esigenze personali dei soci, dell’imprenditore e dei suoi collaboratori. In questo caso, i redditi verranno dedotti dall’imponibile Iri e tassati con le normali aliquote Irpef, addizionali comprese».

Vede delle possibili criticità nell’impianto dell’Iri?

«Occorrerà prevedere un periodo transitorio per evitare una difformità di trattamento tra il patrimonio netto alimentato da riserve formate in periodi anteriori al prefato regime opzionale (neutre fiscalmente) e quelli invece coperte dallo stesso invece tax sul socio. Lo stesso vale per le perdite residuate all'interruzione del regime opzionale che non andranno definitivamente perdute, in quanto auspicabilmente utilizzabili nella tassazione ordinaria delle piccole e medie imprese. Resta da chiarire, infine, un altro punto: nell’impianto attuale, le detrazioni di imposta del socio vanno perdute se lo stesso non dispone di ulteriori redditi personali capienti. L’idea allo studio potrebbe essere quella di riconoscere pro quota ai soci o all’imprenditore individuale un credito d’imposta pari all’Iri versata fino a quando la quota di utili non sarà stata prelevata, in modo da recuperare la parte già tassata. Su tutti questi temi si dovrà intervenire con i decreti attuativi per evitare che la confusione limiti l’adozione della flat tax, indubbiamente conveniente per chi fa impresa». —

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