La trazione veneta dei supermercati italiani. L’inflazione non frena i profitti dei discount
Un’indagine dell’Area studi di Mediobanca sulla grande distribuzione mostra che il caro prezzi ha penalizzato maggiormente le catene tradizionali

I nomi dei supermercati li conoscono tutti, perché gli italiani la spesa continuano a farla di persona più che in altri Paesi europei. Meno noti sono i risultati economici delle catene grandi e piccole, che continuano ad espandersi nelle città e non solo. A fare luce giunge una volta l’anno una ricerca elaborata dall’Area studi di Mediobanca, che analizza un settore molto variegato, e permette di fare confronti su quali insegne viaggiano più o meno forte. L’ultima edizione racconta di un periodo nel quale l’inflazione ha segnato in profondità i bilanci della grande distribuzione, non soltanto le tasche dei cittadini. E fa emergere il Nord Est d’Italia, e in particolare il Veneto, come il territorio d’origine di gruppi che sono i protagonisti del momento e si fanno tra loro una competizione serrata.
Velocità doppia
La ricerca abbraccia gli anni dal 2019 al 2022, dunque da prima del Covid al momento più terribile della corsa dell’inflazione post pandemia. Nel periodo considerato il fatturato delle 129 maggiori aziende italiane della distribuzione organizzata, come si dice in gergo, è cresciuto del 20,4 per cento, pari a una media annua del 6,4 per cento, raggiungendo i 106,2 miliardi di euro. Se si restringe lo sguardo all’ultimo anno, quando i prezzi dei beni alimentari schizzavano verso l’alto mettendo in difficoltà molte famiglie, emerge con grande chiarezza l’affermazione dei discount, che già da anni stavano rosicchiando quote di mercato ai concorrenti. Nel 2022 il fatturato dei discount è cresciuto infatti del 13,4 per cento, quasi il doppio del 7,9 per cento messo a segno dagli operatori tradizionali.
In un settore dove contano moltissimo le abitudini, il cambiamento è profondo. La quota di mercato dei discount è salita al 23 per cento, dal 18,9 del 2019. La cosa che più colpisce, però, riguarda i margini di guadagno che le diverse categorie di supermercati riescono a ritagliarsi. I risultati elaborati dagli economisti di Mediobanca smentiscono i luoghi comuni. Anche se sulla carta puntano su prezzi più bassi, a fare profitti più elevati sono ancora i discount, che nel 2022 potevano vantare un margine lordo – prima degli interessi e delle imposte sul reddito – pari a 43 euro ogni mille fatturati, rispetto ai 19 euro dei supermercati più tradizionali.
Da verona a venezia
In questo quadro spiccano in misura particolare diversi gruppi nordestini. La veronese Eurospin – controllata da alcune famiglie e cooperative distribuite fra Veneto e Trentino - è la catena che nei quattro anni considerati ha realizzato i profitti netti più elevati, pari a un volume aggregato di 1,15 miliardi di euro. La filiale italiana della tedesca Lidl, anch’essa con sede nel Veronese, ad Arcole, è arrivata a 773 milioni, sempre sommando gli anni dal 2019 al 2022. I due sono i veri colossi del discount (insieme realizzano più di metà delle vendite del segmento) ma non mancano risultati notevoli tra le insegne più piccole. In’s Mercato, controllata “a prezzi bassi” della veneziana Pam Panorama, di proprietà delle famiglie Bastianello e Dina, è la dodicesima assoluta in Italia per i profitti netti accumulati nel quadriennio 2019-2022, con 106 milioni. Poco più in basso in classifica, si piazza la vicentina Prix Quality della famiglia Fosser, con 44 milioni. Si tratta di cifre di rilievo, specie se si osservano alla luce delle perdite che, nello stesso periodo, hanno accusato altri gruppi. Il colosso Coop è arrivato a un rosso complessivo di 211 milioni, la filiale italiana della tedesca Aldi a 346 milioni. Tra pandemia e inflazione, con il conseguente calo del potere d’acquisto, ha pagato dazio anche la trevigiana EcorNaturaSì, specializzata nel bio, che ha perso 57 milioni, sempre nei quattro anni.
i primati delle associazioni
Un merito dell’analisi è che permette di inquadrare nel loro insieme le associazioni di imprese che condividono una serie di servizi, ad esempio nell’acquisto delle merci, come Selex e VéGé. Se si esclude la cooperativa di dettaglianti Conad, che viaggia su un livello di vendite al dettaglio superiore ai 18 miliardi, Selex è il secondo operatore italiano, con una crescita media annua del 7 per cento nel quadriennio e un fatturato 2022 di 15 miliardi. Nell’associazione giocano un ruolo primario numerosi veneti, come la vicentina Unicomm dei fratelli Cestaro (tra le insegne Famila e Mega), la veronese Finbre della famiglia Brendolan (Maxi Di e Dpiù), il gruppo padovano Alì della famiglia Canella. Anche nelle altre due grandi associazioni nazionali, VéGé e Agorà, le due maggiori imprese sono veronesi. Nella prima l’insegna principale è la Supermercati Tosano, nella seconda Rossetto. Tosano, in particolare, nel 2022 ha saputo cavalcare la corsa dell’inflazione, crescendo ancor più della media dei discount nazionali.
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