L'ad di Intesa Sanpaolo agli ex banche venete: «Insieme faremo grandi cose»

L'auspicio nel corso della conference call per la presentazione della semestrale che chiude in utile a 1,7 miliardi di euro. Carlo Messina: «In assenza del nostro intervento, le conseguenze di un fallimento dei due istituti avrebbero investito anche l'intera economia del Paese»

MILANO - Intesa Sanpaolo prevede di completare il rebranding completo delle filiali della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, insieme all'accorpamento di circa 600 filiali, entro il primo semestre 2019.

Entro il primo trimestre 2018 è previsto il completamento del processo di migrazione del sistema It.

È intanto già avvenuto, il 27 luglio, il primo incontro con i responsabili di filiale delle banche venete.

«Vi accolgo con amicizia nel nostro gruppo. Aiutatemi a rendere questa banca ancora più forte, anche con la vostra voglia di riscatto. Credo che insieme faremo grandi cose per il Paes».

Così l'a.d. di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha salutato gli ex dipendenti della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, entrati in Intesa, passando per un momento all'italiano nel corso della conference call (in inglese) sui conti del primo semestre.

«Voglio dare il benvenuto alla gente delle due Banche Venete che stanno entrando nel gruppo e sono fiducioso che insieme raggiungeremo ulteriori successi in futuro», ha aggiunto.

Messina ha sottolineato che l'acquisizione degli asset delle banche venete ha «un solido razionale industriale e strategico».

L'operazione, ha spiegato, consente a Intesa Sanpaolo di rafforzare il proprio posizionamento e di «diventare il principale player di mercato in una delle zone più ricche del Paese.».

L'istituto punta inoltre a creare valore nelle due ex banche venete applicando le best-practice del gruppo Intesa Sanpaolo.

L'acquisizione, infine, consente di «stabilizzare il sistema bancario italiano», migliorando «la percezione degli investitorì e fornendo sostegno all'economia reale e all'occupazione».

«In assenza del nostro intervento» sulle banche venete le «conseguenze di un fallimento dei due istituti avrebbero riguardato non solo il tessuto produttivo di un'area caratterizzata da grande forza ma investito anche l'intera economia del Paese», ha aggiunto Messina.

L'ad ha spiegato che «i risultati al 30 giugno di Intesa Sanpaolo riflettono l'acquisizione di parte delle attività di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, due istituti che versavano in condizioni di dissesto conclamato».

«Per superare - ha proseguito - lo stato di grave crisi delle due banche, nell'ultimo anno sono state allocate notevoli risorse da parte del sistema finanziario privato - pari a 3,5 miliardi di euro, nel cui ambito la nostra banca ha partecipato con un ruolo assai significativo - rivelatesi ampiamente insufficienti. La nostra banca ha inoltre dato disponibilità a partecipare ad un ulteriore tentativo di salvataggio da parte dell'intero settore bancario, tentativo che non ha avuto corso a causa dello scarso livello di partecipazione da parte della restante parte del sistema».

L'intervento di Intesa Sanpaolo ha evitato «all'intero sistema bancario di sostenere costi estremamente rilevanti, necessari alla garanzia dei depositi dei clienti delle due banche, stimati in oltre 12 miliardi di euro.E lo Stato italiano non ha dovuto sopportare oneri molto significativi - circa 10 miliardi - per fare fronte alle garanzie pubbliche su obbligazioni emesse dai due gruppi bancari veneti».

Il gruppo (che ricordiamo controlla anche la Cassa di risparmio del Friuli) ha chiuso il primo semestre 2017 con un utile netto di 5,2 miliardi, che comprende il contributo pubblico cash di 3,5 miliardi a compensazione degli impatti sui coefficienti patrimonialì derivanti dall'acquisizione di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

Nel solo secondo trimestre l'utile contabile è di 4,3 miliardi ed è pari a 837 milioni senza considerare il contributo per le Venete (1,7 miliardi nel semestre), in calo del 7,1% rispetto ai 912 milioni dello stesso periodo del 2016.

Gli analisti si aspettavano un utile trimestrale di circa 650 milioni.

Tornando al semestre, i proventi operativi si sono attestati a 8,6 miliardi (-1%), con interessi netti a 3,6 miliardi (-1,8%) e commissioni nette a 3,8 miliardi (+5,8%).

Stabili a 4,2 miliardi i costi operativi, per un rapporto cost/income salito al 49,2%.

Quanto alla solidità patrimoniale, il coefficiente Cet1 pro forma a regime è al 13%, tenendo conto di 1,6 miliardi di dividendi maturati nel primo semestre.

 

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