L’analisi/Logistica e merci, il grande ingorgo

L’approvvigionamento delle merci e la logistica sono usciti sconvolti dalla pandemia, messi ancor più in difficoltà dalla guerra in Ucraina. Uno scenario che ha richiesta pronta reazione da parte delle aziende, anche a Nordest, chiamate a cambiare pelle, a inventarsi nuove strategie. Un grande cambiamento che raccontiamo nel nuovo numero di Nordest Economia, il mensile in edicola dal 21 giugno con Messaggero Veneto, Il Piccolo, Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso, La Nuova Venezia e Corriere delle Alpi. 

Maurizio Caiaffa

PADOVA. L’approvvigionamento delle merci e la logistica sono usciti sconvolti dalla pandemia. I porti cinesi bloccati, il Canale di Suez paralizzato da un incidente e poi dall’impossibilità di smaltire velocemente il sovraccarico conseguente, la mancanza di container, il rincaro dei noli marittimi. Tutti aspetti di una stessa crisi globale scoppiata con la ripresa successiva alle fasi più difficili della epidemia da coronavirus. La guerra in Ucraina si è innestata su uno scenario già difficile, aggiungendo oltre al carico di sangue e dolore, specifiche emergenze economiche, anche nel campo dei trasporti globali delle merci.

È uno scenario, tuttora in evoluzione, che non ha lasciato immobili le imprese, chiamate a riprogettare il proprio funzionamento e le proprie relazioni con clienti e fornitori. Il che comporta che proprio i problemi mondiali della logistica, che poi è il modo stesso in cui sta cambiando l’economia globale, abbiano rappresentato un motore potente di una trasformazione tuttora in atto nelle imprese e nelle loro reciproche relazioni.

Anche le imprese del Nordest hanno dovuto reagire, hanno dovuto cambiare pelle. Si pensi alle strategie che sono venute emergendo negli ultimi mesi e di cui cerca di dare conto questo numero del mensile Nordest Economia. Si pensi ad esempio al reshoring. Il ritorno delle produzioni dal Far East è una scelta strategica in risposta a una globalizzazione percepita un tempo come salvifica, ma di cui dopo la pandemia e la guerra tutti avvertono i limiti. Di qui la ricerca da parte delle imprese di catene di approvvigionamento più corte, e quindi il ritorno delle produzioni delocalizzate in Paesi più vicini, meglio se europei.

Non è l’unica risposta delle imprese a un mondo diventato più insicuro e più fragile. Quelle più strutturate e meglio attrezzate in termini di internazionalizzazione, seguono i propri grandi clienti fin nei rispettivi mercati, e così accorciano più sofisticato le catene delle forniture. A questo proposito, non sono poche le imprese che aprono stabilimenti o acquisiscono aziende negli Stati Uniti, il mercato che per il momento promette ancora la crescita che altrove ha assottigliato la propria forza.

Resta che questa fase di grande cambiamento porta con sé anche importanti emergenze cui fare fronte. La diversificazione delle fonti di approvvigionamento è forse la più importante. Il settore siderurgico, storicamente collegato con Ucraina e Russia per le forniture di semilavorato e rottame, è alle prese con un problema che riguarda anche altri settori e che rischia di protrarsi a lungo e di diventare strutturale. Una parte importante di un mondo che ha cambiato fase. E che continua a farlo. 

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