Gender gap nelle discipline scientifiche, mancano donne in troppi campi

Su mille diplomati in materie scientifiche, 24 sono donne e solo sei lavorano nel settore digitale: i numeri del gap di genere nelle materie STEM: Science, Technology, Engineering and Mathematics
Antonella Candiotto, organizzatrice dell'incontro
Antonella Candiotto, organizzatrice dell'incontro

PADOVA. Il 50% delle donne italiane non lavora. Del 50% che lavora, un terzo è part-time. Dei mille ragazzi italiani diplomati nelle materie scientifiche, solo 24 sono donne e solo sei decidono di lavorare nel digitale. Nel 2018 i laureati in discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono stati poco più di 72mila, di cui 28mila femmine.

Sono solo alcuni dei tanti dati che rimarcano il gap di genere tra uomini e donne nei percorsi educativi in discipline scientifiche, il quale si riflette poi nel mondo del lavoro. Restano poche le ragazze che scelgono percorsi di studio scientifici, lasciando troppo spesso agli uomini i posti di lavoro nell’innovazione tecnologica, ingegneria e matematica.

L’evento “STEM is better, differenza di genere e tecnologia”, ha presentato questa mattina alcune best practice per orientare le ragazze a scegliere percorsi di studio nelle materie scientifiche. Come il progetto di Assolombarda, “STEAMiamoci” (dove la “A” aggiunta sta per Arte), per diffondere la cultura dell’inserimento femminile nei ruoli tecnici. Oppure il caso di Fondazione Maw, con il progetto “Girl code it better”, che promuove programmi e corsi nelle scuole sul coding e la robotica.

Anna Carmassi, advisor board leader del progetto di Assolombarda ha spiegato come l’idea sia partita dalle esigenze delle aziende di incitare ragazzi e ragazze ad intraprendere lo studio delle materie scientifiche. STEAMiamoci organizza conferenze nelle scuole, spinge l’alternanza scuola-lavoro, finanzia borse di studio per ragazze che si iscrivono a lauree scientifiche, promuove cineforum con personalità femminili del mondo tecnologico, sostiene premi assegnati alle migliori brevettatrici.

Costanza Turrini, responsabile del progetto “Girls code it better”, ha ribadito la necessità di partire dalle scuole, sin dalle medie. La proposta di Fondazione Maw prevede laboratori in cui, assieme ad un coach e ad un maker (un insegnante e un tecnico), vengono realizzati veri e propri progetti di creazione digitale - non solo progettazione, web development, coding, realtà aumentata, ma anche come lavorare in gruppo o come avere pensiero critico.

I primi dati dicono che dopo un anno di frequentazione a questi laboratori, le ragazze riescono a pensarsi in ruoli diversi e meno tradizionali. La vera sfida è scardinare i condizionamenti culturali che vedono maschi e femmine in ruoli codificati e preordinati (da un lato la ballerina e dall’altro il piccolo chimico); per questo, oltre alle scuole, si cerca di coinvolgere anche le istituzioni e le aziende.

“L’altra sfida è sulle competenze – ha concludo Antonella Candiotto, ideatrice dell’incontro, presidente dell’azienda metalmeccanica Galdi -: non è più pensabile che le competenze tecnologiche o digitali non siano contaminate dalle materie umanistiche, come la filosofia, sfera che aumenta le potenzialità delle materie scientifiche”.

Riproduzione riservata © il Nord Est