Il pronostico di Feltrin: «Con lo smart working le aziende d'arredo produrranno uffici per la casa»

Il presidente della Arper di Monastier candidato alla presidenza di federlegno immagina il futuro del settore: bisogna reinterpretare questo nuovo modo di lavorare. E sui banchi con le rotelle: "E' un bando lunare"

TREVISO. Claudio Feltrin, presidente della Arper di Monastier e numero uno di Assarredo, si candida alla guida di Federlegno, associazione della galassia di Confindustria (dove da poche settimane Maria Cristina Piovesana, a capo degli industriali di Treviso e Padova, è diventata vice presidente).

L’imprenditore Claudio Feltrin si candida alla presidenza di Federlegno
La redazione

A fine ottobre l’elezione.

Perché la scelta di correre per la presidenza di Federlegno?

«Sono entrato in federazione facendo il presidente di Assarredo, ora sto uscendo con il rinnovo di settembre. Penso che la federazione sia un’importantissima cerniera tra il mondo industriale e il mondo politico, cioè la parte sociale. È necessario da parte di noi imprenditori ricoprire questo ruolo nella maniera più efficace possibile restituendo parte di quanto ricevuto dalla società in cui viviamo. Un impegno che va oltre il lavoro in azienda, verso la comunità».

Con che punti fermi si presenterà all’assemblea delle industrie del legno?

«Nel mio programma ci sono sostenibilità ambientale e valorizzazione delle risorse naturali. Dobbiamo riposizionare il modello industriale che abbiamo stabilito su risorse infinite, mercato infinito, numeri infiniti senza preoccuparci di quello che consumiamo. Ma è il nostro pianeta che non è infinito, e negli ultimi anni ci sono chiari segnali in questo senso. ll Covid stesso è un campanello d’allarme: non siamo invincibili, abbiamo capito che tutto può andare al tappeto in pochi giorni. Va registrata la grande sensibilità da parte dei giovani emersa sui temi ambientali in generale, nel 2019 abbiamo visto un risveglio delle nuove generazioni nell’affermare quali sono le priorità per loro. Noi italiani siamo innamorati del concetto del “bello”: allarghiamolo a quello della sostenibilità, anche a scapito dell’estetica se serve».

Come stanno le industrie del legno arredo dopo la batosta del Covid?

«Va fatta una grande distinzione tra arredo casa e contract (aeroporti, ristoranti, alberghi). Dopo il lockdown c’è stata una grande riscoperta della casa perché le persone sono state costrette a rimanere nella loro abitazione e hanno avuto più tempo e più occasioni per pensare a come renderla migliore, quindi c’è una trazione positiva. Per il mondo contract, basato sul movimento e sul viaggio, siamo invece in una fase di sofferenza e bisognerà capire quando si potrà risvegliare il settore. Lo spartiacque sarà l’eventuale scoperta del vaccino, credo che solo allora riusciremo a recuperare tutte le “vecchie” abitudini e riprenderemo a viaggiare senza più restrizioni».

E l’arredamento per ufficio? Penalizzato allo smart working? Le aziende stanno investendo meno nei nuovi uffici?

«Diciamo che è in una fase di mezzo. Le aziende devono capire se lo smart working un po’ coatto è stato un’emergenza, o se è indicativo di una nuova tendenza che continuerà nel tempo. Noi imprese del settore dobbiamo reinterpretare un nuovo modo di lavorare. Abbiamo visto che qualcuno poteva lavorare da casa sempre, e si è allargata la platea delle professioni che possono essere svolte tra le mura domestiche. In ambito arredamento per ufficio c’è comunque movimento: non parliamo più di postazioni di lavoro fisse, anche se da prima del Covid avevano già iniziato ad avere un’organizzazione più flessibile. Ma a casa serviranno comunque postazioni di lavoro, e quindi scrivanie, sedie e tavoli adeguati. È un’epoca di trasformazioni».

Scuola: in Arper avete brevettato un particolare banco integrato alla sedia che pare la fotocopia di quanto chiesto dal ministero per il rientro in classe a settembre. Intuizione nata con il coronavirus?

«No, già prima del Covid avevamo notato una trasformazione nel modo di lavorare da parte di tutti, nelle aziende e nelle università già si chiedevano spazi elastici a seconda delle esigenze. Pensiamo alle università di una volta con il semicerchio fissato a terra, e a quelle di oggi con postazioni intercambiabili. Il nostro progetto fa sì che ci sia un piccolo banco attrezzato con un minimo di appoggio per creare la situazione più comoda e flessibile possibile, andrebbe bene sia per l’università che le scuole classiche e per le aziende».

Però non parteciperete al bando del ministero per i famosi “banchi con le rotelle”, che pure producete. Perché?

«Non abbiamo i requisiti: dovremmo avere anche una certificazione dello stesso ministero, che non abbiamo mai richiesto. E poi abbiamo una capacità di produzione che ci consente di arrivare in tempi brevissimi a qualcosa come 10 mila banchi, e abbiamo già fatto forniture nell’ordine di qualche centinaio di postazioni, ma nel bando si chiedono quantità esagerate, con penali in caso di mancata riuscita. Il ministero se ne renda conto: non c’è produttore europeo né americano che possa ottemperare a richieste di questo tipo. Lasciatemelo dire: è un bando “lunare”». —

 

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